Sovradosaggio: l’intossicazione acuta da acido valproico (concentrazioni =/>180 mcg/ml) può manifestarsi in diversi distretti dell’organismo, con un quadro clinico simile a quello da intossicazione da oppiacei. Possono insorgere: disturbi gastrointestinali, depressione del SNC progressiva (confusione, disorientamento, riduzione della capacità intellettiva e sensoriale) fino a coma con insufficienza respiratoria, ipertensione e tachicardia, miosi, ipossia e metaemoglobinemia.
In casi gravi di intossicazione da acido valproico può sopraggiungere arresto cardiorespiratorio e l’ipossia può essere fatale. I casi di morte si sono verificati con livelli sierici compresi tra 160 e 2728 mcg/ml ma la prognosi è quasi sempre favorevole. In letteratura è documentato un caso di morte in un bambino di 20 mesi per ingestione di una dose di acido valproico pari a 750 mg/kg (15 g; dose minima letale pubblicata) ma dosi anche molto superiori a questa (75 g) non sono risultate letali per pazienti adulti. L’acido valproico è controindicato nei bambini in età inferiore ai due anni.
Altre complicazioni sono associate ad anomalie metaboliche ed elettrolitiche. Si è verificato, infatti, aumento transitorio delle transaminasi epatiche, iperammonemia con encefalopatia. A livelli elevati (>1000 mcg/ml), in casi di ingestione massiccia quindi, sono stati riportati acidosi, ipocalcemia, ipernatriemia (Olson, Della Puppa, 1999). Il sovradosaggio di valproato di sodio può provocare ipernatriemia (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2015).
Convulsioni paradosse sono state osservate in pazienti con precedenti convulsioni e danni ritardati possono insorgere qualche giorno dopo, quali atrofia del nervo ottico, edema polmonare e cerebrale, anuria e pancreatite.
I livelli plasmatici di acido valproico non sono strettamente correlati con l’insorgenza di effetti collaterali da intossicazione perché questi effetti possono essere il risultato di un’attività sinergica tra acido valproico e altri farmaci ad attività sedativo-ipnotica o possono dipendere da anomalie metaboliche del singolo paziente.
Possono inoltre verificarsi fenomeni di tolleranza da uso prolungato e alterazione del legame con le proteine plasmatiche.
L’intossicazione acuta da acido valproico può essere trattata con:
1) somministrazione di carbone attivo (rapporto carbone/farmaco pari a 10:1) in dosi ripetute di 25-50 g nelle prime 12-24 ore. Può essere somministrato in aggiunta un purgante o se l’intossicazione è particolarmente acuta, è possibile ricorrere alla lavanda gastrica (utile fino a 10-12 ore dopo l’assunzione dell’acido valproico)
2) ricorrere a ventilazione meccanica e intubazione orotracheale se il paziente presenta insufficienza respiratoria
3) somministrare corticosteroidi, barbiturici e agenti osmotici (il glicerolo è preferibile al mannitolo) in caso di edema
4) con concentrazioni plasmatiche di acido valproico pari a 2100 mcg/ml è indicata l’emodialisi e l’emoperfusione. Con concentrazioni così elevate, l’acido valproico è presente in elevata quantità come farmaco libero (saturazione dei legami con le proteine plasmatiche) e pertanto risulta più facilmente eliminabile
Tenere sotto controllo i pazienti per almeno 6 ore dall’ingestione di acido valproico (o 12 ore se è stato somministrato la formulazione a rilascio ritardato sodio divalproex).
Non è noto alcun antidoto specifico in caso di intossicazione da valproato. Il naloxone è stato usato con successo in pazienti con livelli sierici di acido valproico intorno a 185-190 mcg/ml.
L’intossicazione acuta da acido valproico (depressione del sistema nervoso centrale e alterazioni metaboliche) potrebbe essere confusa con la sindrome di Reye. In caso di dubbio è possibile ricorrere al dosaggio dei livelli sierici, che però non sempre hanno una correlazione con tipologia e gravità dei sintomi di intossicazione. Possibili cause della mancata corrispondenza tra livelli plasmatici di acido valproico ed effetto farmacologico sono: insorgenza di anomalie metaboliche, uso cronico del farmaco con sviluppo di tolleranza, alterazione di legame con le proteine, interazione con altri farmaci sedativo-ipnotici. Occorre un monitoraggio nel tempo, soprattutto in caso di somministrazione della formulazione a rilascio ritardato di valproato (sodio divalproex), in seguito alla quale può essere necessario un lasso di tempo maggiore prima di avere livelli plasmatici apprezzabili di farmaco. Test di laboratorio utili sono: quadro elettrolitico, glicemia, azotemia, creatininemia, calcemia, ammoniemia, transaminasi epatiche, bilirubinemia, tempo di protrombina (PT), amilasemia, osmolarità plasmatica (Olson, Della Puppa, 1999).
Intossicazione cronica: In caso di intossicazione cronica di acido valproico si verificano altri effetti che non insorgono dopo una singola ingestione di una dose massiccia, quali insufficienza epatica, disordini ematici con trombocitopenia, neutropenia, aplasia delle cellule ematiche che si sviluppano in globuli rossi. L’insufficienza epatica insorge maggiormente nei pazienti che hanno disordini neurologici o metabolici e sono in terapia con diversi farmaci anticonvulsivanti, oppure nei bambini di età =/< 2 anni. È opportuno, in ogni caso, valutare la funzionalità epatica nei pazienti in terapia cronica con valproato.
L’alopecia è risultata una conseguenza sia dell’intossicazione acuta, sia della somministrazione cronica di acido valproico (Di Pietro, Chiossi, 1999; Olson, Della Puppa, 1999).
Tossicità riproduttiva: l’esposizione in utero all’acido valproico è associato alla comparsa di malformazioni congenite (es. difetti del tubo neuronale; rischio di malformazioni congenite: circa 10%) e a ritardo dello sviluppo fisico e mentale del bambino (fino al 30-40% dei casi) (Weston et al., 2016; Cummings et al., 2011; Bromley et al., 2010; Meador et al., 2009; Thomas et al., 2008). Le malformazioni sono più severe se l’esposizione è avvenuta durante il primo trimestre di gravidanza (Jentink et al., 2010; Wyszynski et al., 2005). In base ad alcuni studi condotti i bambini presentano un rischio maggiore di sviluppare autismo nell’infanzia (circa 5 volte maggiore) e sintomi da disturbo da deficit di attenzione (adhd) (Christensen et al., 2013; Cohen et al., 2013; Cohen et al., 2011). I bambini nella prima infanzia hanno mostrato anche carenza delle capacità intellettive (il QI di bambini in età prescolare è risultato più basso di 7-10 volte), problemi nel linguaggio e memoria e a camminare (Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, 2014; Meador et al., 2013).
Altri disturbi che si sono verificati in alcuni neonati, in seguito ad esposizione all’acido valproico in gravidanza, sono associati alla carenza di fattori della coagulazione (sindrome emorragica) oppure sono stati riscontrati casi di ipotiroidismo e di ipogliemia e sindrome di astinenza (agitazione, irritabilità, iper-eccitabilità, ipercinesia, tremore, convulsioni), se assunto nel terzo trimestre di gravidanza (Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, 2015).
Il rischio è maggiore se l’acido valproico è somministrato per l’epilessia insieme ad altri farmaci. Tale rischio varia a seconda della differente associazione fra diversi antiepilettici: è stato notato, per esempio, che il rischio di sviluppare malformazioni è pari al 9,1% per valproato in combinazione con lamotrigina, e del 15,4% se assunto con carbamazepina (Holmes et al., 2011).
DL50: dopo somministrazione orale: 1700 mg/kg (topo); 1530 mg/kg (ratto); 824 mg/kg (cavia). Dopo somministrazione intraperitoneale: 1200 mg/kg (coniglio).