Acido valproico, cimetidina: aumentano l’esposizione sistemica della paroxetina per inibizione farmacometabolica (CYP2D6). In particolare, la cimetidina ha determinato un incremento del 50% della biodisponibilità della paroxetina (Bannister et al., 1989).
La rilevanza clinica di quest’interazione non è nota, in base anche alla elevata variabilità interindividuale della concentrazione plasmatica della paroxetina e all’assenza di correlazione fra concentrazione ed efficacia terapeutica.
Alcool: non si consiglia la co-somministrazione di paroxetina e alcool, sebbene nei trial clinici non sia stato evidenziato un potenziamento, da parte dell’antidepressivo, degli effetti depressivi centrali indotti dall’alcool (Kerr et al., 1992; Cooper et al., 1989).
Aloperidolo, amilobarbitale, diazepam, oxazepam: non è stato osservato un potenziamento degli effetti sedativi o un incremento del ritardo psicomotorio in associazione con paroxetina (Cooper et al., 1989; Bannister et al., 1989).
Antiacidi: quando la paroxetina è somministrata in sospensione, il rilascio del farmaco a livello gastrico è favorito dall’ambiente acido (dati in vitro). I farmaci che aumentano il pH gastrico, ne riducono cioè l’acidità, possono influenzare negativamente l’assorbimento della paroxetina e indurne livelli plasmatici più bassi.
Anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici (FANS, ASA, ticlopidina): in associazione a paroxetina può aumentare il rischio di sanguinamento (la paroxetina come tutti gli SSRI sono considerati farmaci gastrolesivi) L’associazione warfarin-paroxetina è stata correlata ad un aumento del rischio di sanguinamento in uno studio clinico, non confermato però in un altro (Gunasekara et al., 1998). L’associazione di SSRI a FANS è associata ad un rischio assoluto di sanguinamento gastrointestinale superiore di 1 ogni 80 pazienti trattati per anno; l’associazione di SSRI più asa è associata ad un rischio assoluto di 1 ogni 200 pazienti trattati per anno contro un rischio assoluto per SSRI in monoterapia di 1 paziente ogni 300 trattati per anno e un rischio di FANS in monoterapia di 1 paziente ogni 200 trattati per anno (Patron, Ferrier, 2005).
Antivirali (amprenavir, darunavir, fosamprenavir, ritonavir): possono ridurre la concentrazione plasmatica di paroxetina.
Aripiprazolo: la paroxetina ne può inibire il metabolismo. In caso di co-somministrazione si raccomanda di ridurre la dose di aripiprazolo.
Atomoxetina: la paroxetina ne può inibire il metabolismo (possibile aumento del rischio di convulsioni).
Bupropione: possibile aumento della concentrazione plasmatica di buproprione quando somministrato con gli SSRI.
Cibo, digossina, propranololo: influenzano l’assorbimento e la farmacocinetica della paroxetina.
Ciproeptadina: può antagonizzare l’effetto antidepressivo degli SSRI.
Clozapina: la paroxetina ha determinato un incremento del 40% della concentrazione plasmatica della clozapina e del suo metabolita principale, la norclozapina (Centorrino et al., 1996).
Destrometorfano, tramadolo, venlafaxina: in associazione a paroxetina sussiste il rischio di sindrome serotoninergica, perché questi farmaci sono deboli inibitori della ricaptazione della serotonina. Inoltre sia destrometorfano sia paroxetina sono metabolizzati dallo stesso enzima citocromiale, il CYP2D6, ed è quindi possibile un’interazione reciproca sul loro metabolismo.
Dossilamina, moclobemide, nefazodone, pseudoefedrina, trazodone: in associazione con paroxetina aumenta il rischio di sindrome serotoninergica (Reeves, Bullen, 1995; Skop et al., 1994; John et al., 1997).
Entacapone: il produttore di entacapone raccomanda cautela in caso di co-somministrazione con SSRI.
Farmaci con elevato legame sieroproteico: in vitro non è stata osservata interazione farmacocinetica fra paroxetina e warfarin, fenitoina e glibenclamide per la competizione con il legame alle proteine plasmatiche. Poiché i dati in vivo sono limitati, si consiglia comunque cautela nella co-somministrazione di paroxetina con farmaci caratterizzati da un elevato legame sieroproteico.
Farmaci induttori del metabolismo epatico (carbamazepina, fenitoina, fenobarbital): sebbene questi farmaci possano ridurre la concentrazione ematica di paroxetina (-28% con fenitoina e –55% con carbamazepina), non è richiesto un aggiustamento del dosaggio dell’antidepressivo (Kaye et al., 1989). Con i barbiturici sussiste il rischio di un’abbassamento della soglia convulsiva (antagonismo dell’effetto anticonvulsivante).
Farmaci metabolizzati dall’isoenzima CYP2D6 (antidepressivi triciclici quali amitriptilina, nortriptilina, imipramina e desipramina), neurolettici (perfenazina e tioridazina), risperidone, antiaritmici di classe 1C (propafenone, flecainide, encainide), metoprololo, tioridazina: la paroxetina può determinare un incremento della concentrazione plasmatica di questi farmaci per inibizione farmacometabolica e conseguente aumento del rischio di tossicità. In caso di co-somministrazione con perfenazina, si raccomanda di ridurne la dose. Poiché la tioridazione induce prolungamento dell’intervallo QTc dose-dipendente,responsabile di gravi aritmie ventricolari fra cui la torsione di punta, l’associazione con paroxetina è controindicata.
Farmaci metabolizzati dall’isoenzima CYP3A4: in vivo, la co-somministrazione di paroxetina con farmaci metabolizzati dall’isoenzima CYP3A4 quali terfenadina o alprazolam non ha evidenziato interazioni farmacocinetiche.
Inibitori della colinestrasi (donepezil, galantamina): il donepezil e la galantamina sono metabolizzati dagli isoenzimi citocromali CYP3A4 e 2D6. In co-somministrazione con paroxetina è possibile si verifichi inibizione farmacometabolica con conseguente aumento dei livelli sierici di donepzeil e galantamina. Queso può tradursi in un peggioramento della tollerabilità degli inibitori della colinesterasi con sintomi sovrapponibili a quelli associati alla malattia di alzheimer (Prescrire Int., 2008).
Iperico: in associazione a paroxetina possono verificarsi nausea, vomito, letragia, confusione e ansia fino a sindrome serotoninergica (potenziamento degli effetti degli SSRI) (Waksman et al., 2000). L’associazione è controindicata.
Litio: non sono state osservate né interazioni farmacocinetiche né farmacodinamiche. Si consiglia comunque cautela per il rischio di insorgenza di una lieve sindrome serotoninergica (Hawley et al., 1994; Haenen et al., 1995).
MAO-inibitori, inclusi linezolid e isoniazide (farmaci con attività IMAO), ossitriptano, triptofano: in somministrazione concomitante con paroxetina può verificarsi un incremento del rischio di sindrome serotoninergica. Il rischio è più elevato con MAO-inibitori non selettivi e A-selettivi; è meno frequente con MAO inibitori B-selettivi (selegilina, rasagilina) (Finley, 1994).
Metilfenidato: può inibire il metabolismo degli SSRI.
Pimozide: la paroxetina ne aumenta la concentrazione plasmatica (rischio di tossicità, in particolare cardiaca per prolungamento dell’intervallo QTc). L’associazione è controindicata.
Pravastatina: la co-somministrazione paroxetina-pravastatina è stata associata ad un aumento della glicemia (effetto sinergico) (Tatonetti et al., 2011). Tale effetto non è stato però confermato quando tale associazione è stata confrontata con altre 19 combinazioni di una statina con un antidepressivo SSRI (dati relativi a 2149 pazienti) (Orrico t al., 2014). La co-somministrazione dei due farmaci, paroxetina e pravastatina, comunque, non sembra comportare un aumento del rischio di diabete di tipo 2 rispetto all’uso dei singoli farmaci (studio di coorte retrospettivo) (Gooden et al., 2015).
Prociclidina: la paroxetina ne aumenta la concentrazione sierica. In caso di comparsa di effetti anticolinergici, ridurre la dose di prociclidina (Kaye et al., 1989).
Risperidone: la co-somministrazione di risperidone e paroxetina è stata associata a forte incremento ponderale e comparsa di diabete mellito (Fukui, Murai, 2002). In due pazienti trattati con risperidone in monoterapia per 3 mesi, l’incremento ponderale è stato pari a +/- 0 kg e a –2 kg; in seguito ad aggiunta di paroxetina, il peso è aumentato di +(13-14) kg in entrambi i pazienti dopo 4-5 mesi di terapia. L’associazione farmacologica può indurre un incremento del rischio di sindrome serotoninergica.
Sertindolo: la paroxetina ne può aumentare la concentrazione plasmatica.
Sibutramina: aumento del rischio di tossicità sul sistema nervoso centrale in caso di associazione con SSRI (aumento del rischio di sindrome serotoninergica). La co-somministrazione non è raccomandata.
Tamoxifene: la co-somministrazione di paroxetina e tamoxifene potrebbe indurre una riduzione dell’effetto terapeutico dell’antineoplastico. Sia tamoxifene sia paroxetina sono metabolizzati dall’isoenzima citocromiale CYP2D6. Dall’analisi dei metaboliti di tamoxifene, sono stati individuati due metaboliti farmacologicamente attivi, il 4-idrossi-N-desmetiltamoxifene (endoxifene) e il 4-idrossi-tamossifene, il cui rapporto plasmatico risulta pari a 12,4 vs 1,1 ng/ml. Con paroxetina, la concentrazione plasmatica dell’endoxifene è risultata diminuire del 64% e del 24%, rispettivamente in pazienti con genotipo normale del CYP2D6 o con variante del genotipo. E’ probabile che la diminuzione della concentrazione plasmatica dell’endoxifene per inibizione farmacometabolica causata dalla paroxetina si traduca in una perdita di attività antineoplastica del tamossifene. Si consiglia pertanto di valutare la possibilità dell’interazione farmacologica e il genotipo per il CYP2D6 (Stearns et al., 2003; Goetz, Loprinzi, 2003).
Tranilcipromina: la paroxetina ne aumenta la concentrazione di picco.
Triptani (almotriptan, frovatriptan, naratriptan, rizatriptan, sumatriptan, zolmitriptan): in associazione a paroxetina si potrebbe avere un incremento del rischio di ipertensione e vasocostrizione coronarica per sommazione degli effetti serotoninergici. La co-somministrazione di triptani e farmaci SSRI si associa ad un aumento del rischio di sindrome serotoninergica. Uno studio clinico, pubblicato nel 2018, ha cercato di valutare l’incidenza effettiva di sindrome serotoninergica in pazienti trattati con entrambe le classi di farmaci (negli USA, la quota di pazienti che ricevono prescrizioni di entrambi i farmaci è pari al 21-29%). Secondo questo studio, il rischio di sindrome serotoninergica è raro, con un’incidenza di casi compresa fra 0 e 4 ogni 10mila persone anno di esposizione alla coprescrizione (Orlova et al., 2018).