Gli effetti collaterali più comuni associati a paroxetina comprendono: nausea, cefalea, sonnolenza, sudorazione, tremore, astenia, xerostomia, insonnia e disfunzioni sessuali, vertigini, costipazione, diarrea, diminuzione dell'appetito. Nei trattamenti prolungati gli effetti collaterali più frequenti sono stati cefalea (19%), sudorazione (14%), astenia (12%), insonnia (12%) e sonnolenza (12%).
L'incidenza della nausea è stata pari al 22% dei pazienti nei trial clinici e al 14% negli studi post-marketing, l'incidenza degli altri effetti collaterali è stata uguale o superiore al 9% dei pazienti nei trial clinici, compresa fra il 2% e 5% nella farmacovigilanza post-marketing.
Gli effetti anticolinergici, xerostomia e costipazione, sono risultati meno frequenti con paroxetina rispetto ai farmaci di controllo (amitriptilina, clomipramina, doxepina, dotiepina, imipramina, fluoxetina, maprotilina e mianserina) (xerostomia: 14% vs 32%; costipazione: 9% vs 13%).
Alcuni degli effetti collaterali più comuni tendono a scomparire con il progredire del trattamento: l'incidenza di nausea nelle prime 3 settimane è risultata pari al 14%, fra la terza e la sesta settimana pari al 3%.
Rispetto alle altre molecole della stessa classe terapeutica (SSRI) il profilo di tollerabilità può considerasi sovrapponibile, con l'unica eccezione per gli effetti avversi di tipo metabolico/nutrizionale (incremento ponderale), effetti sulla sfera sessuale e sintomi da astinenza, che sono risultati più frequenti con paroxetina (Fava et al., 2000). Nei trial clinici, una maggior incidenza di eventi avversi classificabili come severi, è stata riscontrata con fluvoxamina rispetto a paroxetina (18% vs 7%) e con il primo farmaco è stata più elevata anche la percentuale di pazienti che ha interrotto la terapia (Ansseau et al., 1994).
La percentuale di pazienti che ha interrotto il trattamento con paroxetina per gli effetti collaterali è stata pari al 13% nei trial clinici (vs 19% con gli antidepressivi triciclici e vs 5% con placebo) e al 7% negli studi post-marketing (Leyman et al., 1995).
Nei pazienti anziani, la tollerabilità della paroxetina – frequenza, tipologia e intensità degli effetti avversi – è risultata sovrapponibile a quella osservata nei pazienti più giovani (incidenza degli eventi avversi: 61% vs 74%, rispettivamente con paroxetina e farmaci competitor – amitritilina, clomipramina, doxepina, mianserina).
Nei pazienti pediatrici e negli adolescenti la somministrazione di SSRI è risultata gravata da una percentuale significativamente più elevata di ADR rispetto al placebo, gli effetti avversi inoltre sono risultati più frequentemente “gravi”. Secondo alcuni autori il beneficio clinico associato all'impiego di SSRI nei bambini non supererebbe il rischio di gravi effetti avversi (Jureidini et al., 2004). Nei trial clinici gli effetti collaterali con un'incidenza >/= 2% e almeno doppia rispetto al gruppo placebo sono stati: diminuzione dell'appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, atteggiamento ostile, agitazione, labilità emotiva, incluso pianto, fluttuazioni dell'umore, autolesionismo, ideazioni suicidarie, queste ultime soprattutto in pazienti con depressione maggiore.
La sospensione degli SSRI, soprattutto se condotta in modo non graduale, può essere associata a sindrome da astinenza caratterizzata da sintomatologia gastrointestinale (nausea, vomito, disturbi della motilità intestinale), neurologica (parestesia, sensazione di instabilità, vertigini, cafalea, tremori, distonie, sensazione di diminuzione della forza, dolori muscolari) e psichica (ansia, disturbi del sonno, aggressività e irritabilità, tristezza, istabilità umorale, stanchezza, vampate di calore). La comparsa di tali effetti è frequente nei primi 10 giorni dalla sospensione (disturbi del sonno, disturbi sensoriali e vertigini hanno un'incidenza del 7%), ma nella maggior parte dei pazienti tali eventi si presentano lievi/moderati e autolimitantesi. Rispetto agli altri SSRI, la paroxetina rappresenta il farmaco con il quale la comparsa di tossicità da sospensione è più frequente: 0,3 ogni 1000 prescrizioni vs 0,03/1000 con fluvoxamina vs 0,002/1000 con fluoxetina.
Cardiovascolari: (non comuni: > 0,1% < 1%) aritmia, tachicardia sinusale, iper/ipotensione transitoria in particolare in pazienti con pre-esistente ipertensione o ansia; lieve riduzione del tempo di eiezione ventricolare (Warrington et al., 1989). La paroxetina rientra nei farmaci potenzialmente a rischio di prolungare l'intervallo QTc.
Centrali: (comuni: > 1%, < 10%) sonnolenza (11%); diaforesi (9-14%), insonnia (6%), vertigini (4%); stanchezza, irritabilità, difficoltà di concentrazione. Dopo terapia a lungo termine (più di 6 settimane), sonnolenza (11%), insonnia (8%), cefalea (15%), agitazione (3%); (non comuni: > 0,1%, < 1%) disturbi extrapiramidali, inclusa distonia oro-facciale, in pazienti con pregressi disturbi del movimento o in terapia con neurolettici; (rari: > 0,01%, < 0,1%) reazioni maniacali, convulsioni, acatisia; (molto rari: < 0,01%) sindrome serotoninergica (i cui sintomi possono includere agitazione, confusione, diaforesi, allucinazioni, ipereflessia, mioclono, brividi, tachicardia, tremore), amnesia.
La diaforesi o eccessiva sudorazione è un evento comune con i farmaci antidepressivi. I meccanismo proposti coinvolgono: attivazione del sistema nervoso simpatico, attivazione dell'ipotalamo, alterazione del bilancio tra i sistemi recettoriali alfa e beta adrenergici.
Come tutti gli antidepressivi, anche la somministrazione di paroxetina a pazienti con disturbi bipolari è gravata dal rischio di mania, che è risultato però inferiore rispetto agli antidepressivi triciclici (2,2% vs 11,6%) (Montgomery, Roberts, 1994).
La paroxetina provoca alterazioni del sonno con aumento dei risvegli notturni, riduzione del sonno REM, aumento dello stadio 1 del sonno (Oswald, Adam, 1986).
La paroxetina è stata associata ad un amento di comportamenti suicidatari nei pazienti pediatrici: il farmaco non è indicato in questa classe di pazienti.
Dati indicativi mostrerebbero un aumento di comportamento suicida, rispetto a placebo, nei pazienti di età compresa fra 18 e 30 anni rispetto ai pazienti con più di 30 anni. Infatti da una metanalisi che ha arruolato più di 8900 pazienti trattati con paroxetina (studio condotto da GSK), il farmaco è stata associata ad una maggiore incidenza di comportamento suicida rispetto al placebo per tutte le fasce di età (0,32% vs 0,05%). Sebbene il dato perdesse di significatività statistica considerando le diverse fasce di età, si poteva osservare un aumento di comportamento suicida nella fascia 18-24 anni, rispetto al placebo, che non si riscontrava nelle fasce di età 25-64 anni e > 65 anni. Inoltre l'aumento osservato nel range 18-24 anni era stato evidenziato sia nei pazienti affetti da depressione sia affetti da patologia non depressiva.
Dermatologici: (non comuni: > 0,1% < 1%) alopecia, rash cutanei, rash maculopapulare, prurito; (molto rari: < 0,01%) reazioni di fotosensibilità, vasculite cutanea, eritema nodoso.
Gastrointestinali: (molto comuni: > 10%) nausea (12%); (comuni: > 1% < 10%) astenia (7%), xerostomia (7%), costipazione (4%), vomito, dispepsia, dolore addominale, diarrea, anoressia; sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore. Dopo terapia a lungo termine (più di 6 settimane), astenia (8%), xerostomia (3%), costipazione (8%), diarrea (3%).
La somministrazione degli SSRI è associata a sintomi gastrointestinali nusea e diarrea) in virtù della presenza di serotonina a livello enterico. Circa il 95% della serotonina presente nell'organismo è rilasciata dalla cellule enterocromaffini intestinali. La serotonina agisce nell'intestino promuovendo la peristalsi e la secrezione per stimolazione dei nervi sensitivi intrinseci; può indurre nausea, vomito e crampi per stimolazione dei nervi sensitivi estrinseci. A livello locale, l'azione della serotonina termina per captazione dello stesso neurotrasmettitore da parte delle cellule di rivestimento intestinale per mezzo di una proteina che funge da trasportatore di serotonina. Con la somministrazione continuativa di SSRI si verifica una sorta di desensibilizzazione dei recettori serotoninergici sottoposti ad un stimolazione prolungata dovuta alla serotonina continuamente presente (inibizione del trasportatore di serotonina). La desensibilizzazione provoca il passaggio da una condizione di diarrea (stimolazione della peristalsi) a quella opposta di costipazione (blocco della peristalsi).
Gli SSRI sono stati associati a emorragia del tratto superiore gastrointestinale. E' stato osservato che il rischio di sanguinamento aumenta di circa un fattore 3 ed è simile per tutti gli SSRI (effetto di classe) (BMJ, 1999).
Ematici: (non comuni: > 0,1%, < 1%) sanguinamento anomalo, in genere a carico di cute e mucose (ecchimosi), emorragie ginecologiche, emorragie a carico dell'apparto gastrointestinale o di altri visceri; (molto rari: < 0,01%) trombocitopenia, porpora.
Endocrini: (molto comuni: > 10%) disfunzioni sessuali; (comuni: > 1%, < 10%) disturbi dell'eiaculazione (9%), riduzione della libido (3%); (rari: >0,01% < 0,1%) iperprolattinemia, galattorrea, dismenorrea, impotenza; (molto rari: < 0,01%) sindrome da inappropriata secrezione dell'ormone antidiuretico.
L'incidenza delle disfunzioni sessuali è dose-dipendente: nei pazienti depressi, l'incidenza di disturbi dell'eiaculazione è risultata del 13%, l'incidenza complessiva per orgasmia, difficoltà nell'erezione, ritardo nell'iaculazione e impotenza è risultata del 10%. Nelle pazienti femminili le disfunzioni sessuali più frequenti, rappresentate da anorgasmia e difficoltà nel raggiungere l'orgasmo, hanno interessato una percentuale del 2%.
Nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo, che in genere richiede dosi più elevate di farmaco rispetto al trattamento della depressione, l'incidenza delle disfunzioni sessuali negli uomini è stata pari al 23% per eiaculazione anomala e all'8% per impotenza; nelle donne, pari al 3% per disturbi genitali.
Nei pazienti trattati con paroxetina per il disturbo da panico, il 21% e il 5% dei pazienti maschi ha manifestato, rispettivamente, eiaculazione anomala e impotenza; il 9% della donne disturbi genitali.
Riduzione della libido è stata riportata nel 3% vs 7% vs 9%, rispettivamente nei pazienti trattati per depressione, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo da panico.
Epatici: (rari: > 0,01% < 0,1%) incremento degli enzimi epatici; (molto rari: < 0,01%) epatite anche associata a ittero e/o insufficienza epatica.
Metabolici: ipercolesterolemia; (rari: > 0,01%, < 0,1%) iponatriemia, sindrome da inappropriata secrezione dell'ormone antidiuretico. Quest'ultima è risultata più frequente nei pazienti anziani con età > 70 anni, in terapia con diuretici o disidratati. Il periodo di insorgenza varia da 3 giorni a 4 mesi dall'inizio della terapia. Elementi predittivi per lo sviluppo di iponatremia comprendono una bassa concentrazione di sodio plasmatico al basale (< 138 mEq/L) e un basso indice di massa corporea.
Muscoloscheletrici: artralgia, mialgia, miastenia.
Oftalmici: (comuni; > 1%, < 10%) visione offuscata; (molto rari: < 0,01%) ipertensione oculare, glaucoma acuto.
L'ipertensione oculare ha un esordio che varia da pochi giorni fino a 5 anni; nella maggior parte dei casi si è manifestata nei primi 6 mesi.
Organi di senso: alterazione del gusto.
Respiratori: (comuni: > 1%, < 10%) sbadigli.
Urogenitali: (non comuni: > 0,1% < 1%) incontinenza, ritenzione urinaria, priapismo.
Il rischio di incontinenza urinaria associato a SSRI è quasi doppio rispetto ai pazienti che non assumono questo tipo di farmaco. Il rischio più elevato è stato associato alla sertralina.
Sistemici: (comuni: > 1%, < 10%) diminuzione dell'appetito, perdita ponderale; (molto rari: < 0,01%) malessere, reazioni allergiche (orticaria, angioedema, edema al viso), pancreatite.