I parametri farmacocinetici del paritaprevir sono stati calcolati tenendo in considerazione la terapia di co-somministrazione con paritaprevir/ritonavir e dasabuvir (Mensing et al., 2016).
Il paritaprevir è assunto in concomitanza dei pasti, perché l’assunzione insieme al cibo permette di ottenere un’esposizione al farmaco maggiore.
In seguito all’assunzione il paritaprevir raggiunge il picco di concentrazione massima, pari a 1470 ng/ml (per la dose standard di 150 mg), in 4-5 ore.
L’assunzione continuata di paritaprevir porta all’accumulo di farmaco, la cui esposizione, infatti, non è proporzionale alla dose, ma è maggiore. Dopo 12 giorni si instaura lo stato stazionario. L’esposizione al paritaprevir, inoltre, viene influenzata dalla presenza del dasabuvir, che ne induce un aumento fino al 50-65%.
Quando è in circolo, il paritaprevir si trova principalmente legato alle proteine plasmatiche, in una percentuale del 97-98,6%.
I citocromi CYP3A4 e, in misura minore, CYP3A5, catalizzano la trasformazione del paritaprevir in 5 molecole minori, che non si sono mostrati attivi contro il virus dell’epatite C HCV.
L’emivita è di circa 5,5 ore e l’escrezione del paritaprevir e dei suoi metaboliti avviene attraverso la bile, nelle feci, e, in minima parte, attraverso i reni, nelle urine.
Nei test in vitro il paritaprevir è risultato substrato delle proteine di trasporto intraepatico OATP1B1 e OATP1B3 (Proteine di trasporto degli anioni organici).
I dati degli studi clinici indicano che nelle donne l’esposizione al paritaprevir risulta il 100% più elevata rispetto che negli uomini e ne soggetti di origine asiatica il 37-39% maggiore rispetto ai non asiatici.
Nei pazienti con disfunzione epatica la concentrazione plasmatica di paritaprevir è maggiore, raggiungendo valori fino a 9,5 volte più elevati nei pazienti con disfunzione epatica grave, di grado C secondo la classificazione Child-Pug (Khatri et al., 2015).