Interruzione del trattamento: è necessario un attento controllo quando il trattamento con metilfenidato viene interrotto, poiché si possono verificare stati di depressione e iperattività cronica.
Dose massima: non superare la dose di 60 mg/die di metilfenidato.
Durata del trattamento: il trattamento con metilfenidato non deve e non richiede di essere continuato per un tempo indeterminato; il trattamento in genere viene interrotto durante o dopo la pubertà. Gli studi controllati forniscono ancora poche informazioni sulla sicurezza e sull’efficacia del trattamento a lungo termine di metilfenidato (oltre 12 mesi). In caso di trattamento prolungato è raccomandata una valutazione periodica della terapia con metilfenidato che includa anche periodi di sospensione del farmaco per una analisi critica del quadro clinico del paziente anche in assenza di terapia farmacologica (almeno una sospensione all’anno che coincide in genere con le vacanze scolastiche). Durante il trattamento a lungo termine è necessario monitorare la funzionalità cardiovascolare (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, elettrocardiogramma), la crescita (altezza, peso), l’appetito, lo sviluppo o il peggioramento di disturbi psichiatrici. Il miglioramento può permanere anche quando la somministrazione del farmaco è temporaneamente sospesa o definitivamente interrotta.
Pazienti pediatrici (6-12 anni) e adolescenti: il trattamento con metilfenidato non è indicato in tutti i bambini con sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività (adhd. La prescrizione del medicinale si deve basare su una valutazione molto approfondita della gravità e della persistenza dei sintomi in relazione all’età del bambino. I risultati di studi clinici controllati hanno evidenziato che una settimana di trattamento è in genere sufficiente per ottenere benefici valutabili anche in ambito scolastico: aumento dell’attenzione, della capacità di portare a termine i compiti assegnati, oltre ad una riduzione dell’impulsività, della distrazione e delle interazioni interpersonali conflittuali (Agenzia Italiana del farmaco, AIFA, 2006). In diversi studi finora condotti è stato osservato che circa il 30% dei bambini con adhd non risponde al metilfenidato (Agenzia Italiana del farmaco, AIFA, 2001). Se dopo un mese di trattamento non vi sono risposte, il farmaco va sospeso (National Institute for Health and Clinical Excellence, NICE, 2008).
Bambini di età inferiore a 6 anni: il metilfenidato non è raccomandato per l’uso in bambini di età inferiore a 6 anni (dati di letteratura relativi a sicurezza ed efficacia del farmaco non sufficienti).
Rischio cardiovascolare: studi clinici hanno dimostrato che il trattamento di bambini e adolescenti con metilfenidato ha un impatto significativo sul sistema cardiovascolare (Arcieri et al., 2012). I pazienti per i quali si sta considerando una terapia con metilfenidato devono essere sottoposti ad un’attenta anamnesi (personale e familiare) e ad un esame medico obiettivo per la presenza di disturbi cardiovascolari (ipertensione, alterazioni del ritmo cardiaco); devono essere inoltre controllati per verificare la presenza, nella storia familiare, di episodi di morte cardiaca improvvisa/inspiegata e aritmia ventricolare. Se durante il trattamento con metilfenidato si manifestano sintomi quali palpitazioni, dolore toracico dopo sforzo, sincope inspiegata, dispnea o altri, tali da suggerire una malattia cardiaca, i pazienti devono essere sottoposti ad un’immediata valutazione specialistica cardiologica e si raccomanda l’elettrocardiogramma (ECG). Le conseguenze del trattamento a lungo termine sul sistema cardiovascolare nei bambini e negli adolescenti sono ancora poco conosciute. Si raccomanda di registrare su un grafico centile la pressione del sangue e la frequenza cardiaca ad ogni aggiustamento del dosaggio, ed in seguito almeno ogni 6 mesi.
Rischio cerebrovascolare: nei pazienti in terapia con metilfenidato, con storia di malattia cardiovascolare o in terapia con farmaci che possono aumentare la pressione del sangue, si può verificare un aumento del rischio per emicrania, accidente cerebrovascolare, ictus, infarto cerebrale, vasculite cerebrale e ischemia cerebrale. La vasculite cerebrale rappresenta una reazione idiosincrasica molto rara verso l’esposizione al metilfenidato. Monitorare segni o sintomi neurologici. La comparsa di cefalea intensa, intorpidimento, debolezza, paralisi e alterazione di coordinazione, vista, parola o memoria possono essere indicativi di ischemia cerebrale. Nel caso si sospetti un problema cerebrovascolare, sospendere la somministrazione di metilfenidato. La paralisi cerebrale emiplegica (che interessa cioè o il lato sinistro o il lato destro del corpo) non rappresenta una controindicazione all’uso del metilfenidato.
Disturbi psichiatrici: studi clinici hanno dimostrato la rilevanza dei disturbi psichiatrici nei pazienti pediatrici trattati con metilfenidato (Biederman et al., 1991; Pliszka, 1998). Prima di iniziare il trattamento è raccomandabile un’attenta anamnesi personale e familiare di patologie psichiatriche. I disturbi psichiatrici da controllare includono tic motori o verbali, comportamento aggressivo o ostile, agitazione, ansia, depressione, psicosi, mania, deliri, irritabilità, mancanza di spontaneità, chiusura in sé stessi e ostinazione eccessiva. In caso di insorgenza di sintomi psichiatrici o di peggioramento di sintomi psichiatrici preesistenti, il metilfenidato non deve essere somministrato a meno che i benefici del trattamento non superino i rischi per il paziente. L’insorgenza o il peggioramento di disturbi psichiatrici deve essere controllato ad ogni variazione del dosaggio e successivamente almeno ogni 6 mesi e ad ogni visita.
Psicosi e mania: il metilfenidato può provocare un peggioramento dei sintomi dei disturbi comportamentali nei pazienti con anamnesi positiva di mania o di psicosi e deve essere usato con cautela. Il trattamento con metilfenidato può indurre l’insorgenza ex novo di sintomi psicotici e maniacali (Chakraborty, Grover, 2011). Può rendersi necessaria la sospensione della terapia.
Disturbo bipolare: la somministrazione del metilfenidato, farmaco stimolante il sistema nervoso centrale, a pazienti affetti da disturbo bipolare (incluso il disturbo bipolare tipo I non trattato o altre forme di disturbo bipolare) richiede cautela per il rischio effettivo di provocare una crisi maniacale o mista. I pazienti devono essere controllati in occasione di ogni variazione del dosaggio del metilfenidato e successivamente almeno ogni 6 mesi e ad ogni visita.
Comportamento aggressivo/ostile: poichè il metilfenidato è un farmaco psicoattivo può portare ad un aumento dei comportamenti caratterizzati da aggressività e/o ostilità. Monitorare la comparsa o il peggioramento di tali comportamenti in particolare all’inizio della terapia e ogni qualvolta sia necessario modificare il dosaggio del farmaco. Nei pazienti che manifestano alterazioni del comportamento, valutare l’aggiustamento della dose di metilfenidato (incremento o riduzione) o la sospensione della cura.
Suicidio/ideazione di suicidio: il metilfenidato può causare o provocare un peggioramento dei sintomi depressivi con un aumento del rischio di ideazione di suicidio o suicidio. Nei pazienti che durante il trattamento per adhd manifestano tendenza e comportamento suicida, devono essere presi in considerazione sia il peggioramento di un disturbo psichiatrico preesistente, sia un possibile ruolo causale del trattamento con metilfenidato.
Tic: il metilfenidato è associato all’insorgenza o al peggioramento di tic motori e verbali, inclusa la sindrome di Tourette, disordine neurologico caratterizzato da tic motori e vocali (Gerald, 1974). Definire quindi un quadro iniziale, di riferimento, sulla base della storia famigliare e del profilo individuale di ciascun paziente prima di iniziare la cura con il metilfenidato. Quindi monitorare insorgenza e/o peggiormento dei tic durante la terapia.
Ansia, agitazione o tensione: possono peggiorare in seguito ad assunzione di metilfenidato. Effettuare una valutazione clinica iniziale per ansia, agitazione e tensione; quindi mantenere monitorati tali sintomi (comparsa, peggioramento) durante la terapia, in particolare in caso di variazioni del dosaggio del farmaco.
Disturbi del sonno: il metilfenidato può alterare i parametri del sonno dei pazienti pediatrici. Studi clinici hanno mostrato un significativo ritardo nell’addormentarsi, con una globale riduzione delle ore di sonno (Lee et al., 2012), in seguito ad assunzione di metilfenidato.
Crescita: in alcuni pazienti è stato rilevato un ritardo della crescita (sia in peso che in altezza), che è generalmente considerato come temporaneo, nella gran parte dei casi. Tuttavia, studi clinici suggeriscono che l’entità del ritardo della crescita sia correlata alla durata del trattamento (Zhang et al., 2010); tali studi hanno dimostrato differenze significative nelle curve di crescita di bambini con sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività (adhd) trattati con psicostimolanti per almeno 24 mesi rispetto a quelli che non avevano mai assunto psicostimolanti. Si raccomanda un attento controllo degli indici di crescita dei bambini in terapia protratta con metilfenidato. Può essere necessario interrompere il trattamento se i pazienti non aumentano di statura e di peso secondo le curve di crescita attese.
Epilessia e convulsioni: il metilfenidato deve essere usato con cautela nei pazienti epilettici, in quanto può favorire l’insorgenza di crisi convulsive (il farmaco abbassa la soglia convulsiva). Interrompere la somministrazione del metilfenidato nei pazienti in cui si osserva un aumento della frequenza di convulsioni o la comparsa ex novo di attacchi.
Affaticamento: il metilfenidato non deve essere utilizzato per la prevenzione o il trattamento dei normali stati di affaticamento.
Effetti ematologici: si deve considerare l’interruzione del trattamento con metilfenidato in caso di leucopenia (carenza di globuli bianchi), trombocitopenia (carenza di piastrine), anemia o altre alterazioni del sangue, incluse quelle indicative di gravi disturbi renali o epatici.
Abuso: l’abuso cronico del metilfenidato può portare a una marcata tolleranza e alla dipendenza psicologica con comportamenti anomali di diversa gravità. Possono verificarsi evidenti episodi psicotici, particolarmente in caso di abuso per via parenterale. Valutare l’uso del farmaco nei pazienti a rischio di abuso (pazienti con storia di abuso di sostanze; pazienti con dipendenza da sostanze, incluso alcool; pazienti psicologicamente labili).
Compresse rigide: poichè il metilfenidato è disponibile sotto forma di compresse rigide, i pazienti con grave stenosi gastrointestinale preesistente (patologica o iatrogena) e i pazienti che soffrono di disfagia o hanno notevoli difficoltà di deglutizione potrebbero non riuscire a ingerire la compressa. In pazienti con stenosi note sono stati registrati rari casi di sintomi ostruttivi correlati all’ingestione di medicinali in formulazioni a rilascio prolungato con compresse rigide.
Intolleranza al galattosio: tra gli eccipienti delle forme medicinali del metilfenidato è presente il lattosio, zucchero formato da galattosio e glucosio. I pazienti affetti da rare forme ereditarie di intolleranza al lattosio, deficit di lattasi (enzima che idrolizza il lattosio in zuccheri semplici) o sindrome da malassorbimento del glucosio/galattosio non devono assumere le specialità medicinali che contengono lattosio.
Insufficienza renale o epatica: non sono disponibili dati di letteratura relativi all’uso del metilfenidato in pazienti con insufficienza renale o epatica.
Gravidanza e allattamento: il metilfenidato non deve essere somministrato in gravidanza se non dopo un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio: i dati disponibili sono insufficienti e non sono stati condotti studi per valutare la sicurezza del metilfenidato in donne gravide. Le donne che allattano non devono assumere metilfenidato, in quanto non è chiaro un eventuale passaggio del principio attivo o dei suoi metaboliti attraverso il latte materno.
Doping: il metilfenidato è compreso nell’elenco dell sostanze proibite nelle competizioni sportive, redatto dalla World Anti-Doping Agency (WADA) (edizione 2019). E’ inserito nella classe S6 che raggruppa le sostanze stimolanti. Il suo utilizzo in gara da parte degli atleti costituisce pratica di doping (The World Anti-Doping Code International Standard, Prohibited list, 2019).
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