Il metilfenidato è indicato nel trattamento del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD, acronimo per Attention Deficit Hyperactivity Disorder) nei pazienti pediatrici. (leggi)
Nei bambini (6-12 anni) e adolescenti, il metilfenidato è somministrato in base al peso corporeo, mediamente 0,3-0,6 mg/kg/dose per due, tre volte al giorno. (leggi)
Il metilfenidato è controindicato in caso di ipersensibilità o sensibilità nota ad uno qualsiasi degli eccipienti. (leggi)
E’ necessario un attento controllo quando il trattamento con metilfenidato viene interrotto, poiché si possono verificare stati di depressione e iperattività cronica. (leggi)
Con l’associazione metilfenidato-alcol è possibile un aumento degli eventi avversi a carico del sistema nervoso centrale (SNC). (leggi)
Gli effetti collaterali più frequenti associati all’uso di metilfenidato, comuni a tutti gli psicostimolanti, comprendono diminuzione dell’appetito, insonnia ed epigastralgia (forte dolore localizzato allo stomaco). (leggi)
In caso di sovradosaggio di metilfenidato i sintomi includono vomito, stato d’agitazione, tremori, eccessiva vivacità dei riflessi, contrazioni muscolari, convulsioni. (leggi)
Il metilfenidato è un farmaco con azione stimolante sul sistema nervoso centrale (SNC), appartenente alla classe degli psicostimolanti e nootropi. (leggi)
Dopo somministrazione orale, l’assorbimento gastrointestinale del metilfenidato è rapido e completo. (leggi)
La formula bruta del metilfenidato è C14H19NO2. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata a metilfenidato sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Metilfenidato è prescrivibile nelle specialità commerciali Equasym, Medikinet, Ritalin. (leggi)
Il metilfenidato è un farmaco con azione stimolante sul sistema nervoso centrale (SNC) indicato nel trattamento del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (DDAI o secondo l’acronimo inglese ADHD) nei bambini (età > 6 anni) e negli adolescenti. Il farmaco non è approvato per l’uso nei pazienti adulti in Italia.
Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) è un disturbo del comportamento che rientra fra i disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali IV edizione (DSM-IV). Di fatto la classificazione dell’ADHD come malattia è oggetto di controversia fra coloro che ne riconoscono le basi fisiologiche e genetiche e coloro che invece considerano l’ADHD un comportamento anomalo attinente all’ambito educativo e affettivo.
Il metilfenidato non è indicato per tutti i bambini con ADHD; la sua prescrizione richiede una valutazione approfondita ed esauriente del quadro clinico (gravità e persistenza dei sintomi anche in relazione all’età del bambino) e psicologico del paziente e deve essere inserito in un programma psicoeducativo specifico. Il farmaco aiuta a controllare i sintomi di base del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, ma nella maggior parte dei pazienti non porta ad una normalizzazione del quadro clinico. La sua efficacia inoltre sul lungo periodo non è stata accertata e gli effetti collaterali rendono il metilfenidato un farmaco poco maneggevole.
La dose del metilfenidato deve essere individualizzata, si inizia con 10-15 mg al giorno (5 mg 2 o 3 volte al giorno) incrementabili fino a 60 mg/die (dose massima). Poichè il metilfenidato è un farmaco psicostimolante sarebbe preferibile evitare la somministrazione serale per ridurre eventuali problemi di insonnia.
La durata della cura è variabile, nella maggior parte dei pazienti il trattamento viene definitivamente sospeso durante o dopo la pubertà. Nei pazienti in cui sia indicato un trattamento prolungato (oltre i 12 mesi) è necessario effettuare almeno una sospensione all’anno, che spesso coincide con le vacanze scolastiche, per una valutazione periodica degli effetti farmacologici.
Poichè il metilfenidato può interferire con la funzionalità cardiovascolare e la crescita e può indurre un peggioramento di disturbi psichiatrici, tutti i pazienti, e in particolare i bambini in terapia prolungata con il farmaco, devono essere attentamente monitorati (rilevazione periodica di pressione arteriosa, frequenza cardiaca, elettrocardiogramma, peso, altezza, test psicologici).
Ne consegue che il metilfenidato, oltre ad essere controindicato in caso di ipersensibilità, è controindicato in caso di disturbi mentali (anoressia, depressione, tendenza al suicidio, psicosi, mania, schizofrenia, disturbo bipolare, disturbi della personalità), disturbi cardiovascolari (ipertensione, anomalie cardiache strutturali e/o funzionali, cardiopatie, disturbi dovuti ad alterazione del funzionamento dei canali ionici), disturbi cerebrovascolari (aneurisma, vasculite, ictus), glaucoma, feocromocitoma, ipertiroidismo, somministrazione concomitante con farmaci inibitori delle monoaminossidasi (I-MAO).
Il metilfenidato è un farmaco soggetto a potenziale abuso. Il rischio di abuso con l’uso terapeutico (somministrazione orale) è molto basso, mentre aumenta in modo significativo somministrato per via inalatoria (attività stimolante simile a cocaina) o per via parenterale (usi non terapeutici). Nei pazienti a rischio di abuso, l’uso del metilfenidato deve essere valutato con attenzione soppesando i potenziali rischi e benefici.
Il metilfenidato può interferire con l’azione farmacologica di altri farmaci. Fra questi ricordiamo l’alcol, il disulfiram, gli inibitori delle monoaminossidasi, i farmaci antipertensivi, gli anticoagulanti cumarinici, gli anticonvulsivanti, il fenilbutazone, i farmaci dopaminergici, inclusi gli antidepressivi triciclici e gli antipsicotici, la guanidina, gli anestetici generali, gli alfa2 agonisti ad azione centrale e i decongestionanti nasali a base di stimolanti.
Gli effetti collaterali più comuni del metilfenidato comprendono diminuzione dell’appetito, insonnia e dolore localizzato a livello dello stomaco (epigastralgia). Tali sintomi possono essere trattati abbastanza facilmente evitando la somministrazione a digiuno (per l’inappetenza e i disturbi gastrici) e serale del farmaco (per l’insonnia).
Il ritardo della crescita, osservato nei bambini in cura con metilfenidato, è in genere temporaneo; potrebbe avere effetti definitivi (indice di crescita inferiore all’atteso) in caso di cure prolungate (oltre i 12 mesi).
Sono stati osservati inoltre effetti collaterali a carico dell’apparato respiratorio (tosse, faringite, laringite e, più raramente, difficoltà di respirazione), riproduttivo (sviluppo del seno nell’uomo), cardiovascolare (aritmia, tachicardia, ipertensione; meno frequentemente, dolore toracico e angina), del sistema nervoso centrale (mal di testa, insonnia, nervosismo, iperattività motoria, agitazione, labilità emotiva, ansia, agitazione, aggressività fino a, in rari casi, depressione, ideazione suicidaria, gravi disturbi comportamentali, convulsioni, sindrome neurolettica maligna), della pelle (prurito, rash, orticaria e più raramente, edema, malattie esfoliative, eritema multiforme ed eritema da farmaco), del tratto gastrointestinale (dolore addominale, diarrea, nausea, vomito), dei muscolo e delle ossa (artralgia, più raramente, tic muscolari e crampi) e dell’occhio (sdoppiamento della visione, visione offuscata).
In studi di tossicologia sugli animali, il metilfenidato è stato associato ad alterazioni delle terminazioni nervose serotoninergiche e dopaminergiche in alcune aree del cervello, risultate rapidamente reversibili negli animali adulti, per esposizioni al farmaco molto più alte rispetto a quelle usate in clinica; persistenti (alcuni mesi) negli animali più giovani, ancora non maturati sessualmente, per esposizione a dosi simili a quelle usate in clinica.
Negli studi di cancerogenicità sugli animali, il metilfenidato è stato associato a comparsa di tumori del fegato in seguito ad esposizione elevata e prolungata. Per quanto invece riguarda il potenziale mutageno del farmaco, sia gli studi in vitro che in vivo non hanno evidenziato effetti mutageni, esiti confermati anche da diversi studi prospettici effettuati su bambini in terapia con il metilfenidato.
Il metilfenidato è risultato teratogeno negli animali a dosi più elevate di quelle impiegate sull’uomo.
Ma qual è il meccanismo d’azione del metilfenidato? Il farmaco si lega ai trasportatori sinaptici della dopamina, e in misura minore della noradrenalina, favorendo la permanenza dei due neurotrasmettitori nello spazio sinaptico, punto di contatto fra il neurone presinaptico e postsinaptico. Nei pazienti affetti da ADHD, la concentrazione di dopamina nello spazio sinaptico risulta inferiore a quella osservata nei soggetti normali. Questa condizione rappresenta un fattore di stimolo per il rilascio di una quantità ulteriore di dopamina che provoca uno stato di iperattivazione del neurone presinaptico. Di fatto il metilfenidato agisce modulando il livello di dopamina, e noradrenalina, nello spazio sinaptico, riducendo l’iperattivazione del neurone presinaptico e potenziando la trasmissione del segnale al neurone postsinaptico. Il meccanismo d’azione con cui il metilfenidato esplica i suoi effetti farmacologici nell’uomo non è comunque ancora del tutto chiarito e soprattutto non ci sono evidenze conclusive che correlino con precisione gli aspetti biochimici con gli effetti psichici e comportamentali del farmaco.
Nei bambini, la somministrazione del farmaco comporta miglioramenti nella capacità di stare attenti, di portare a termine i compiti assegnati e di interagire con gli altri, adulti e coetanei, già dopo la prima settimana di terapia. Rimangono comunque dei limiti importanti all’impiego del farmaco, relativi all’uso prolungato in termini di efficacia e tollerabilità e al rischio potenziale di abuso.