L’incidenza degli effetti collaterali causati da infliximab è elevata (76% vs 57% dei pazienti rispettivamente con infliximab e placebo). Compaiono con più frequenza cefalea, nausea, infezioni respiratorie del tratto superiore e reazioni correlate all’infusione.
In circa il 5-10% dei pazienti sono state riscontrati dolore addominale, faringite, febbre, vomito, tosse, rash, dolore, rinite, sinusite, infezioni urinarie, affaticamento e prurito.
Reazioni avverse gravi interessano circa il 4,4% dei pazienti e comprendono polmonite e difficoltà respiratoria (dispnea).
Nei pazienti pediatrici con malattia di crohn (età: 2-17 anni), i seguenti effetti avversi sono stati osservati con più frequenza rispetto ai pazienti adulti: anemia (10,7%), sangue nelle feci (9,7%), leucopenia (8,7%), vampate di calore con arrossamento cutaneo (8,7%), infezioni virali (7,8%), neutropenia (6,8%), fratture ossee (6,8%), infezioni batteriche (5,8%), reazioni allergiche coinvolgenti il tratto respiratorio (5,8%).
Effetti collaterali osservati nei trial clinici nei pazienti trattati con infliximab
Cardiovascolari: (comuni: > 1/100, < 1/10) rossore; (non comuni: > 10/1000, < 1/100) sincope, bradicardia, palpitazioni, cianosi, aritmia, peggioramento dell’insufficienza cardiaca, ecchimosi/ematoma, vampate di calore, ipertensione, ipotensione, petecchie, tromboflebite, vasospasmo, ischemia periferica; (rari: >1/10.000, < 1/1000) tachicardia, insufficienza circolatoria.
In un trial clinico che ha arruolato pazienti con insufficienza cardiaca grave (classe NYHA III e IV), la somministrazione di infliximab è stata associata ad un peggioramento della patologia cardiaca maggiore rispetto al gruppo di controllo (placebo), con un’incidenza di mortalità per insufficienza cardiaca più alta soprattutto per dosaggi elevati del farmaco (10 mg/kg) (Chung et al., 2003). Queste osservazioni sono state confermate anche durante il periodo di sorveglianza postmarketing: infliximab è stato associato a peggioramento dell’insufficienza cardiaca pre-esistente e a comparsa di insufficienza cardiaca in pazienti privi di malattie cardiovascolari note, anche in pazienti con età < 50 anni.
Centrali: (comuni: > 1/100, < 1/10) cefalea, vertigine/capogiro; (non comuni: > 1/1000, < 1/100) depressione, confusione, ansia, amnesia, apatia, nervosismo, sonnolenza, insonnia, esacerbazione di patologie demielinizzanti; (rari: > 1/10.000, <1/1000) meningite.
Dermatologici: (comuni: > 1/100, < 1/10) rash cutaneo, prurito, orticaria, sudorazione aumentata, secchezza cutanea; (non comuni: > 1/1000, < 1/100) dermomicosi/onicomicosi, eczema, seborrea, eruzione bollosa, foruncolosi, ipercheratosi, acne rosacea, verruche, colorazione anomala della cute, alopecia.
L’acne indotta dai farmaci si differenzia dall’acne volgare o giovanile per assenza di comedoni (elemento clinico caratteristico dell’acne volgare), esordio improvviso, interessamento di zone cutanee non normalmente coinvolte (l’acne interessa viso, sorso, torace), età atipica, assenza di risposta ai trattamenti efficaci per l’acne volgare.
Ematici: (non comuni: > 1/1000, < 1/100) anemia, leucopenia, linfoadenopatia, linfocitosi, linfopenia, neutropenia, piastrinopenia (trombocitopenia) (conta piastrinica inferiore a 100x109/L oppure riduzione della conta del 50% rispetto ai valori basali).
La piastrinopenia indotta da infliximab probabilmente ha una causa di tipo immunologico: l’infliximab come conseguenza della sua attività immunomodulante potrebbe attivare anticorpi specifici diretti verso le piastrine (Vidal et al., 2003).
Epatici: (non comuni: >1/1000, < 1/100) incrementi delle transaminasi, funzionalità epatica alterata, colecistite; (rari > 10.000, < 1/1000) epatite.
Nei trial clinici incrementi transitori e asintomatici delle transaminasi epatiche sono state riscontrate, con una frequenza maggiore rispetto al gruppo di controllo, sia nei pazienti trattati con infliximab in monoterapia sia trattati con infliximab più terapia immunosoppressiva. L’incremento delle transaminasi è stato risolto con la prosecuzione del trattamento, con la sua interruzione o con variazioni della terapia concomitante.
Incrementi di ALT >/= 5 volte ULN: 1% dei pazienti; incrementi di ALT >/= 3 volte ULN: 3,9% vs 3,2% (infliximab vs placebo, artrite reumatoide); 5,1% vs 3,5% (infliximab vs placebo, malattia di crohn); 5,9% vs 0,0% (infliximab vs placebo, spondilite anchilosante); 6,8% vs 0,0% (infliximab vs placebo, artrite psoriasica); 10,4% vs 0,0% (infliximab vs placebo, psoriasi).
Gastrointestinali: (comuni: > 1/100, < 1/10) nausea (14%), vomito (5%), dolore addominale (6,5%), diarrea, dispepsia; (non comuni: > 1/1000, < 1/100) stipsi, reflusso gastroesofageo, cheilite, diverticolite; (rari: > 1/10.000, < 1/1000) perforazione intestinale, stenosi intestinale, emorragia intestinale.
Muscoloscheletrici: (non comuni: > 1/1000, < 1/100) mialgia, artralgia, lombalgia.
Oftalmici: (non comuni: > 1/1000, < 1/100) congiuntivite, endoftalmite, cheratocongiuntivite, edema perioculare.
Respiratori: (comuni: > 1/1000, < 1/10) tosse (10%), infezioni delle alte e basse vie respiratorie, dispnea, sinusite; (non comuni: > 1/1000, < 1/100) epistassi, broncospasmo, pleurite, edema polmonare; (molto rari: > 1/10.000, < 1/1000) versamento pleurico.
Urogenitali: (non comuni: > 1/1000, < 1/100) infezioni del tratto urinario, pielonefrite, vaginite.
Sistemici: (comuni: > 1/100, < 1/10) infezioni (26% dei pazienti), stanchezza (6%), reazioni simili alla malattia da siero, reazioni correlate all’infusione (dolore toracico, nausea, febbre, vampate al volto, cefalea, orticaria, dispnea, ipotensione); (non comuni: >1/1000, < 1/100) reazioni al sito d’iniezione, edema, dolore, brividi/tremori, cicatrizzazione alterata, anticorpi umani antichimerici, autoanticorpi (anticorpi anti-DNA, anticorpi antinucleari), sindrome lupoide, reazione allergica delle vie respiratorie, reazione anafilattica, linfomi, ipersensibilità; (rari: > 1/10.000, <1/1000) lesione granulomatosa.
Le infezioni che compaiono con maggior frequenza nei pazienti in cura con infliximab interessano l’apparato respiratorio (sinusite, 8%; faringite, 7%; bronchite, 7%) e il tratto urinario (infezione da candida). Le infezioni più gravi riguardano: pielonefriti, cellulite, sepsi, polmonite.
Nei pazienti pediatrici con malattia di crohn trattati con infliximab, l’incidenza di infezioni è stata pari al 56,3% (73,6% con terapia di mantenimento ogni 8 settimane e 38,0% con terapia di mantenimento ogni 12 settimane). Le infezioni più comuni sono state faringite e infezioni a carico delle alte vie respiratorie; tra le infezioni gravi, la più frequente è stata l’ascesso. Sono state riportate anche polmonite e infezione da Herpes zoster.
Nei pazienti con artrite reumatoide in terapia con infliximab (3 mg/kg ogni 8 settimane) è stato osservato un aumento dell’incidenza di polmonite da pneumocisti (sorveglianza post-marketing). Il rischio di contrarre questo tipo di infezione sembra aumentare con l’età, con dosi elevate di corticosteroide (prednisone 7,5 mg/die) e nei pazienti con preesistenza di malattia polmonare (Harigai et al., 2007).
Per reazioni correlate all’infusione sono intese tutte le reazioni che si manifestano durante la somministrazione di infliximab fino a 1-2 ore dopo l’infusione. Nei trial clinici l’incidenza di tali reazioni è stata pari al 20% con infliximab vs 10% nel gruppo controllo, e ha determinato l’interruzione precoce del trattamento nel 3% dei pazienti. Nei pazienti in cui infliximab è stato somministrato con un’infusione di durata inferiore a quella raccomandata, l’incidenza delle reazioni correlate all’infusione è stata pari al 15% (reazioni gravi: 0,4% dei pazienti). Nei pazienti pediatrici con malattia di crohn, l’incidenza (17,5%) delle reazioni all’infusione è risultata sovrapponibile a quella osservata nei pazienti adulti.
Sintomi simili a quelli che accompagnano la malattia da siero sono comparsi 3-12 giorni dopo l’infusione in pazienti (10%) già trattati con infliximab (2-4 anni prima). Per alcuni di questi pazienti, si è resa necessaria un’ospedalizzazione e un trattamento con corticosteroidi. In caso di morbo di Crohn, le reazioni da infusione sono risultate più frequenti nei pazienti che avevano sviluppato anticorpi verso infliximab (36% vs 11%, pazienti con o senza anticorpi verso infliximab). La sospensione del trattamento per la comparsa di queste reazioni si verifica in circa il 2% dei pazienti.
La formazione di anticorpi anti-infliximab risulta inversamente proporzionale alla dose somministrata di farmaco e questo potrebbe indicare la presenza di tolleranza immunologica alle dosi più elevate (Maini et al., 1998). La comparsa di anticorpi anti-infliximab è associata ad una maggior incidenza di reazioni all’infusione; l’adozione di una terapia immunosoppressiva contemporanea riduce il rischio di tali reazioni (anticorpi anti-infliximab: 14% vs 28%, rispettivamente con e senza terapia immunosoppressiva).
Pazienti positivi per anticorpi anti-infliximab: 8% (artrite reumatoide, infliximab alla dose raccomandata più metotrexato); 4% (artrite psoriasica, infliximab 5 mg/kg con metotrexato al basale), 26% (artrite psoriasica, infliximab 5 mg/kg senza metotrexato); 6-13% (malattia di crohn, infliximab come terapia di mantenimento; incidenza di anticorpi 2-3 volte superiore rispetto ai pazienti trattati episodicamente), 28% (artrite psoriasica, infliximab come terapia di mantenimento senza immunosoppressori).
Nei trial clinici la sieroconversione da uno stato iniziale di negatività per autoanticorpi (anticorpi antinucleari ANA, anticorpi anti-DNA a doppia elica dsDNA) ad uno stato di positività ha interessato circa la metà dei pazienti trattati con infliximab rispetto ad un quinto dei pazienti trattati con placebo. Gli autoanticorpi sono anticorpi diretti verso le cellule dell’organismo e si associano a malattie autoimmunitarie come le sindromi simil-lupoide. Con infliximab comunque le segnalazioni di sindromi simil-lupoide rimangano eventi rari.
L’aumento dell’incidenza di linfomi è stata segnalata in pazienti con malattie autoimmuni, in trattamento con farmaci immunosoppressori. Risulta quindi difficile stabilire un rapporto causa-effetto tra farmaco e incremento dell’incidenza di linfomi.
L’infliximab è stato somministrato a pazienti (età: 4-17 anni) con artrite reumatoide giovanile in fase attiva indipendentemente dal metotrexato, alle dosi di 3 e 6 mg/kg con un regime di induzione di 3 somministrazioni e una fase di mantenimento in cui il farmaco era somministrato ogni 8 settimane. Le reazioni all’infusione hanno interessato il 35% e il 17,5% dei pazienti trattati, rispettivamente, con 3 e 6 mg/kg; la comparsa di anticorpi verso infliximab, il 38% e il 12% dei pazienti rispettivamente; le infezioni, il 38% vs 65% vs 47%, rispettivamente con infliximab 3 mg/kg per 52 settimane, con infliximab 6 mg/kg per 38 settimane e con placebo per 14 settimane.
L’ipersensibilità verso l’infliximab si manifesta con febbre, brividi, orticaria, dispnea, ipotensione. Sintomi di ipersensibilità ritardata hanno incluso mialgia e/o artralgia, febbre e/o rash, prurito, edema facciale e/o alla mano e/o alle labbra, difficoltà a deglutire (disfagia), orticaria, mal di gola e cefalea.
Reazioni di ipersensibilità ritardata sono comparse raramente nei trial clinici, ma l’aumento della durata degli intervalli di tempo liberi dal farmaco sembra aumentarne il rischio.
Effetti collaterali postmarketing nei pazienti in cura con infliximab
Cardiovascolari: (rari: > 1/10.000, < 1/1000) esacerbazione dell’insufficienza cardiaca pre-esistente, insufficienza cardiaca di nuova insorgenza; (molto rari: < 1/10.000) effusione pericardica; blocco cardiaco completo (una segnalazione) (Sote et al., 2008).
Centrali: (rari: > 1/10.000, < 1/1000) patologie demielinizzanti, sindrome di Guillan-Barré, neuropatia, torpore, formicolio, convulsioni; (molto rari: < 1/10.000) mielite trasversa.
Il meccanismo d’azione con cui l’infliximab causa o induce esacerbazione di malattie demielinizzanti non è noto. In base ai dati della FDA (agosto 2002), le segnalazioni per infliximab riportavano 63 casi di demielinizzazione centrale, sindrome di Guillan-Barré, neuropatia periferica, poliradiculoneuropatia e mielite trasversa (una segnalazione). Sembra comunque che i pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale siano particolarmente esposti a malattie demielinizzanti indipendentemente dai farmaci usati. In uno studio retrospettivo che ha coinvolto quasi 8000 pazienti con malattia di crohn, 12.000 pazienti con colite ulcerosa e 80.000 controlli, il tasso di incidenza di malattie demielinizzanti è risultato maggiore nei pazienti con malattia cronica intestinale rispetto ai controlli (odds ratio: 1,5 e 1,8 rispettivamente per malattia di crohn e colite ulcerosa) (Gupta et al., 2005).
Ematici: (rari: > 1/10.000, < 1/1000) pancitopenia; (molto raro: <1/10.000) anemia emolitica, porpora trombocitopenica idiopatica, porpora trombocitopenica trombotica, agranulocitosi.
Epatici: (rari: > 1/10.000, < 1/1000) epatite; (molto rari: <1/10.000) danno epatocellulare, ittero, insufficienza epatica, epatite autoimmune.
Gastrointestinali: (rari: > 1/10.000, < 1/1000) pancreatite.
Respiratori: (rari: > 1/10.000, < 1/1000) polmonite interstiziale/fibrosi.
Sistemici: (comuni: > 1/100, < 1/10) reazioni correlate all’infusione; (non comuni: > 1/1 000, < 1/100) reazione anafilattica; (rari: > 1/10 .000, < 1/1000) infezioni opportunistiche (tubercolosi, micobatterio atipico, polmonite da pneumocistosi, istoplasmosi, coccidioidomicosi, criptococcosi, aspergillosi, listeriosi e infezione da candida), linfoma epatosplenico a cellule T, linfoma, shock anafilattico, malattia da siero, vasculite; (molto rari: <1/10.000) salmonellosi, riattivazioni di epatite B.