La dutasteride è un analogo 4-azasteroideo sintetico che agisce come un potente inibitore competitivo orale dell’enzima 5alfa-reduttasi (Keam, Scott, 2008). La 5alfa-reduttasi è una ossidoreduttasi che converte il testosterone in diidrotestosterone (DHT) per riduzione del doppio legame in posizione 4. Attualmente sono state identificate 3 isoforme della 5alfa-reduttasi verso cui la dutasteride è attiva, sebbene con potenza differente. L’azione del farmaco è stata descritta ampiamente per le isoforme 1 (IC50: 7 nM) e 2 (IC50: 6nM). La prima è predominante su pelle, ghiandole sebacee, sistema nervoso centrale, fegato; la seconda è espressa soprattutto su prostata e follicoli piliferi. Studi in vitro hanno dimostrato che la dutasteride inibisce in modo competitivo anche la 5alfa-reduttasi-3 (IC50: 0,33 nM) con una potenza superiore a quella espressa per l’isoforma 2 (Yamana et al., 2010).
La dutasteride è approvata (negli USA nel 2001) per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB) di grado moderato-severo per migliorare i sintomi, ridurre il rischio di ritenzione urinaria acuta e la necessità di intervento chirurgico correlato a IPB.
L'inibizione della 5alfa-reduttasi determina una riduzione marcata dei livelli sierici di diidrotestosterone, mentre la concentrazione di testosterone non subisce variazioni. Il diidrotestosterone è considerato il principale attore nello sviluppo iniziale e nel conseguente ingrossamento della ghiandola prostatica. L’ormone mostra un’affinità maggiore di quella del testosterone verso i recettori degli androgeni nella prostata, responsabili della proliferazione cellulare. La concentrazione media di diidrotestosterone nel siero diminuisce del 94,7% dopo 6 mesi di terapia con dutasteride negli uomini con ipertrofia prostatica benigna e dell’89,7% dopo 4 mesi in pazienti con carcinoma prostatico (Gleave et al., 2006; Clark et al., 2004). La concentrazione nella prostata di diidrotestosterone diminuisce del 94% dopo 3 mesi di trattamento in caso di ipertrofia prostatica benigna; diminuisce del 97% dopo 6-10 settimane e del 93,1% dopo 4 mesi di terapia in caso di carcinoma prostatico (Wurzel et al., 2007).
La dutasteride riduce il volume della prostata in media del 23,6% (da un volume di 54,9 ml a 42,1 ml; in genere sopra i 30 ml si parla di prostata ingrossata) contro lo 0,5% osservato con placebo dopo un anno di terapia. Gli effetti sulla prostata ottenuti dopo due anni di terapia si sono mantenuti nel tempo (per due anni nell'estensione in aperto di studi clinici in doppio cieco). La riduzione della prostata si associa al miglioramento della sintomatologia clinica e alla riduzione del rischio di ritenzione urinaria acuta e di interventi chirurgici correlati all'ipertrofia prostatica benigna (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2019).
Alla stessa classe terapeutica della dutasteride appartiene un altro farmaco, approvato qualche anno prima (USA, 1992), la finasteride, inibitore selettivo della 5alfa-reduttasi-2. In vitro, la dutasteride è risultata circa 3 volte più potente della finasteride nell'inibire la 5alfa-reduttasi-2 e circa 100 volte più potente nell'inibire la 5alfa-reduttasi-1. In uno studio clinico di confronto tra i due farmaci, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, della durata di 12 mesi, a gruppi paralleli, non sono emerse differenza di efficacia terapeutica in pazienti con ipertrofia prostatica benigna (Nickell et al., 2011).
Dutasteride più tamsulosin nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna
La dutasteride è disponibile in combinazione fissa associata a tamsulosin. Il tamsulosin è un antagonista dei recettori alfa1 adrenergici approvato per il trattamento dei sintomi funzionali delle basse vie urinarie in pazienti con ipertrofia prostatica benigna. L'associazione con il tamsulosin è funzionale per poter avere un effetto terapeutico sui sintomi urinari più rapido. Mentre infatti la dutasteride impiega 3-6 mesi per ridurre il volume della prostata, gli effetti della finasteride sulla ghiandola sono molto più rapidi L’associazione dutasteride/tamsulosin (studio CombAT) è risultata superiore ai singoli farmaci somministrati in monoterapia nel migliorare i sintomi associati alla patologia prostatica, il picco del flusso urinario e lo stato di saluto associato all’ipertrofia prostatica (esiti clinici secondari dello studio). La terapia combinata è risultata superiore al tamsulosin, ma non alla dutasteride nel ridurre il rischio di ritenzione urinaria acuta e di interventi chirurgici correlati all'ipertrofia prostatica benigna (entrambi esiti clinici primari dello studio) (Roehrborn et al., 2010). Inoltre, l'associazione dutasteride/tamsulosin ha evidenziato efficacia maggiore del tamsulosin, indipendentemente dal volume della prostata; efficacia maggiore della dutasteride in pazienti con volume della prostata compreso tra 30 e 58 ml, ma non per volumi superiori (Montorsi et al., 2011).
Dutasteride e cancro alla prostata
La dutasteride è stata valutata anche come possibile opzione terapeutica per ridurre il rischio di carcinoma prostatico (studio clinico REDUCE) e per aumentare il tempo libero da progressione in uomini con cancro prostatico localizzato a basso rischio candidati alla strategia della vigile attesa (studio clinico REDEEM).
Nello studio REDUCE (Reduction by Dutasteride of Prostate Cancer Events), multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, la dutasteride, alla dose di 0,5 mg/die, è stata somministrata per 4 anni a pazienti ad alto rischio di cancro prostatico (livelli di PSA: 2,5-10 ng/ml e biopsia negativa per cancro prostatico nei 6 mesi precedenti l'arruolamento). Al termine dello studio, l'aumento dei tumori di grado elevato nel gruppo trattato con dutasteride è risultato più alto rispetto al placebo (0,9% vs 0,6%), ma la differenza non è stata statisticamente significativa, anche se, durante il terzo e quarto anno di terapia, i tumori con punteggio Gleason 8-10 sono stati 12 nel gruppo dutasteride e 1 nel gruppo placebo (Andriole et al., 2010). Studi clinici successivi non hanno evidenziato un aumento di tumori prostatici di grado elevato nei pazienti trattati con dutasteride (Wallerstedt et al., 2018).
Nello studio REDEEM, sponsorizzato dall'azienda produttrice, Glaxosmithkline, la dutasteride (0,5 mg/die), confrontata con placebo, è stata somministrata a pazienti con tumore alla prostata a basso rischio (punteggio Gleason:5-6) candidati alla vigile attesa. L'esito clinico principale era valutare il tempo alla progressione della malattia nei due gruppi di confronto. Dopo tre anni, la progressione del tumore è stata osservata nel 38% e nel 48% dei pazienti rispettivamente trattati con dutasteride e placebo. L'incidenza degli effetti collaterali è stata pari al 24% nel gruppo in terapia con dutasteride e pari al 15% nel gruppo placebo e gli effetti collaterali hanno riguardato la sfera sessuale e la ghiandola mammaria (ginecomastia) (Fleshner et al., 2012).
Dutasteride e alopecia androgenica
La dutasteride è impiegata off label, nel mondo, per il trattamento dell’alopecia androgenica e diversi studi clinici hanno evidenziato la sua superiorità, in termini di efficacia, rispetto alla finasteride, approvata in Italia per quest'indicazione (Zhou et al., 2019; Arif et al., 2017).
L'alopecia androgenica interessa circa l'80% della popolazione maschile caucasica e circa il 50% delle donne a partire dai settant'anni di età. Negli uomini il diradamento dei capelli interessa la zona frontotemporale e la sommità della testa, nella donna la parte centrale della testa. Il diidrotestosterone gioca un ruolo centrale nello sviluppo dell'alopecia androgenica e l'inibizione dell'enzima 5alfa-reduttasi, che converte il testosterone in diidrotestosterone, è uno dei cardini degli interventi terapeutici.
L’efficacia terapeutica della dutasteride è stata verificata in studi randomizzati controllati con placebo e/o finasteride. In uno studio della durata di 24 settimane (6 mesi), la somministrazione di dutasteride alla dose di 0,5 mg al giorno, a uomini di età compresa tra 18 e 49 anni, è stata associata ad una efficacia terapeutica superiore al placebo (conta dei capelli: 12,2/cm2 vs 4,7/cm2; p=0,0319) con una tollerabilità simile (Eun et al., 2010). In un altro studio, i pazienti (21-45 anni) sono stati trattati con dutasteride (0,05 mg, 0,1 mg, 0,5 mg e 2,5 mg al giorno), finasteride (5 mg/die) o placebo per 24 settimane. La dutasteride è stata più efficace del placebo nell’indurre la crescita dei capelli e l’efficacia è risultata dose-dipendente. Inoltre, la dutasteride, alla dose massima (2,5 mg), ha evidenziato superiorità rispetto alla finasteride a 12 e 24 settimane. L’incidenza degli effetti collaterali, essenzialmente legati alla sfera sessuale, è stata maggiore nel gruppo trattato con dutasteride, secondo gli autori dello studio per la maggior potenza di questo farmaco rispetto alla finasteride (Olsen et al., 2006). In uno studio più recente, i due farmaci sono stati confrontati alla dose di 0,5 mg per la dutasteride e 1 mg per finasteride. I pazienti arruolati (18-40 anni) sono stati trattati sempre per 24 settimane. Al termine dello studio la dutasteride è risultata associata ad una crescita dei capelli maggiore (dutasteride: conta dei capelli iniziale, 223/cm2; a 24 settimane: 246/cm2; finasteride: conta dei capelli iniziale, 227/cm2; a 24 settimane 231/cm2). Inoltre, la diminuzione dei capelli sottili per cm2, indicativa di inversione della miniaturizzazione, è risultata significativamente più elevata con dutasteride (basale, 65 capelli; a 24 settimane, 57 capelli) rispetto alla finasteride (basale, 67 capelli; a 24 settimane, 66 capelli). Il profilo degli effetti collaterali è risultato sovrapponibile tra i due gruppi di pazienti (Shanshanwal, Dhurat, 2017). La tollerabilità e l’efficacia della dutasteride nel trattamento dell’alopecia androgenica è stata valutata anche sul lungo periodo. In uno studio multicentrico, in aperto, prospettico, ambulatoriale, della durata di un anno, la dutasteride è stata somministrata alla dose di 0,5 mg al giorno. Gli esiti clinici principali comprendevano valutazione e incidenza degli eventi avversi correlati al farmaco e l’interruzione anticipata. Gli esiti clinici secondari invece erano crescita dei capelli e miglioramento globale della chioma. Al termine dello studio, gli eventi avversi segnalati con più frequenza sono stati: nasofaringite, disfunzione erettile e riduzione della libido. L’incidenza degli eventi avversi farmaco-correlati è stata del 17% e nessun evento avverso ha determinato l’interruzione anticipata dello studio. Ad un anno, il conteggio medio dei capelli nell’area target, la larghezza media dei capelli nell’area target e l’aspetto globale della chioma sono migliorati per tutti i pazienti che hanno portato a termine lo studio clinico (Tsunemi et al., 2016).