Modalità di utilizzo: impiegare la posologia minima di cortisone necessaria per il controllo della malattia, attuando una graduale riduzione non appena possibile. Dosi tendenzialmente alte di idrocortisone o di cortisone possono provocare un aumento della pressione arteriosa, ritenzione idrosalina, o eccessiva deplezione di potassio e calcio. Durante la terapia corticosteroidea possono quindi essere necessari un regime dietetico povero di sodio ed un apporto supplementare di potassio. I derivati sintetici del cortisone presentano una probabilità inferiore di inluenzare l’omeostasi idrosalina rispetto al cortisone, ma la differenza tende ad attenuarsi alle dosi elevate. In corso di terapia prolungata può essere opportuno instaurare una profilassi per l’ulcera e monitorare i valori della pressione arteriosa e della glicemia. Poichè lo stress aumenta il consumo di cortisone, valutare la somministrazione di corticosteroidi a rapida azione.
Modalità di sospensione: l’interruzione della somministrazione di corticosteroidi per via sistemica va effettuata gradualmente, per evitare il rischio di insufficienza surrenalica, in particolare in caso di assunzione di cicli ripetuti, dopo trattamenti prolungati (oltre le 3 settimane) e/o dosaggi elevati (es. superiori a 200 mg/die di cortisone acetato), in presenza di possibili cause aggiuntive di soppressione surrenalica. In assenza di una probabile recidiva della malattia, la terapia corticosteroidea per via sistemica non richiede necessariamente una riduzione graduale. Comunque, dovendo adottare una riduzione della posologia, questa può essere rapida fino al dosaggio fisiologico, quindi dovrebbe procedere più lentamente.
Soppressione surrenalica: la somministrazione prolungata di corticosteroidi può portare a un’atrofia surrenalica che può persistere per anni dopo la sospensione della terapia. L’interruzione improvvisa dopo trattamento a lungo termine può comportare insufficienza surrenalica, ipotensione e morte. La sospensione può essere accompagnata da febbre, mialgie, artralgie, rinite, congiuntivite, noduli cutanei dolorosi e pruriginosi e perdita di peso.
In caso di malattie gravi, traumi o interventi chirurgici, condizioni che richiedono all’organismo un aumento della sintesi endogena di ormoni corticosurrenalici, potrebbe essere necessario aumentare temporaneamente la dose di cortisone o in alternativa, se il trattamento era appena terminato, reintrodurre il farmaco.
Vaccinazioni: la vaccinzione antivaiolosa è controindicata nei pazienti in terapia corticosteroidea. Se il paziente è in terapia corticosteroidea, è preferibile posticipare qualsiasi tipo di vaccinazione perchè si potrebbe avere una risposta anticorpale non ottimale (i corticosteroidi possiedono attività immunosoppressiva) e per un aumento del rischio di complicanze neurologiche. La terapia corticosteroidea sostitutiva (morbo di Addison) non rappresenta una controindicazione alla vaccinazione.
Tubercolosi in atto: nei pazienti con tubercolosi, il cortisone può essere somministrato solo in caso di tubercolosi fulminante o disseminata, in associazione alla terapia antitubercolare.
Tubercolosi latente: in caso di tubercolosi latente o nei pazienti con risposta positiva alla tubercolina, l’uso del cortisone richiede cautela e un attento monitoraggio, perchè potrebbe indurre una riattivazione della malattia. Se la terapia corticosteroidea prevede tempi di somministrazione prolungati, è necessario istituire un trattamento di chemioprofilassi.
Ulcera peptica, coliti ulcerative aspecifiche, diverticoliti: queste condizioni patologiche richiedono cautela nella somministrazione del cortisone per il rischio di perforazione.
Miastenia grave: il cortisone deve essere usato con cautela in pazienti affetti da miastenia grave.
Insufficienza cardiaca congestizia e ipertensione: poichè i corticosteroidi possono indurre ritenzione idrica con formazione di edemi e aumento ponderale, la somministrazione a pazienti con insufficienza cardiaca o ipertensione richiede cautela.
Edemi: in caso di edema adottare una dieta iposodica (meno di 1 g/die); se il paziente non risponde in modo ottimale alla riduzione dell’apporto di sodio, cioè si osserva persistenza dello stato edematoso, valutare una riduzione del dosaggio di cortisone e/o un aumento dell’intervallo di somministrazione fino a normalizzazione della diuresi. In alternativa somministrare un diuretico in associazione a 1-2 g di potassio cloruro. Se l’edema persiste, sospendere il cortisone.
Osteoporosi: la somministrazione di corticosteroidi, in particolare a dosaggi elevati e/o per tempi prolungati, può indurre perdita di massa ossea con un aumento del rischio di frattura. Valutare, sulla base del dosaggio e della durata del trattamento, la necessità di un monitoraggio periodico della densità ossea, tramite esame radiografico della colonna vertebrale. Alcuni autori raccomandano nei pazienti in terapia corticosteroidea superiore a 3 mesi, per la prevenzione dell’osteoporosi, oltre alla supplementazione di calcio, vitamina D, dieta proteica e regolare esercizio fisico, l’uso di bifosfonati o di analoghi dell’ormone paratiroideo nei pazienti con rischio elevato di frattura ossea (Trombetti et al., 2004; Aubry-Rozier et al., 2010).
Diabete: nei pazienti diabetici in terapia corticosteroidea potrebbe essere necessario aumentare i dosaggi di insulina o di ipoglicemizzanti orali.
Herpes simplex oftalmico: i corticosteroidi devono essere impiegati con cautela nei pazienti con herpes simplex oftalmico, per il rischio di perforazione della cornea.
Ipotiroidismo e cirrosi: somministrare con cautela il cortisone in caso di ipotiroidismo o cirrosi in quanto nei pazienti affetti da tali patologie gli effetti dei corticosteroidi risultano più marcati.
Infezioni: i corticosteroidi possono mascherare alcuni sintomi di infezione e durante il loro impiego si possono manifestarsi infezioni sovrapposte. In corso di terapia corticosteroidea si può osservare una ridotta resistenza alle infezioni e la tendenza, da parte dei processi infettivi, a non localizzarsi. In caso di infezioni ricorrenti, va sempre valutata l’opportunità di una terapia antibiotica.
Varicella: la somministrazione corticosteroidea aumenta il rischio di contrarre l’infezione della varicella nei pazienti non immunizzati. Il rischio è elevato in caso di terapia orale o parenterale, è minore in caso di terapia topica, inalatoria o rettale. I segni di un’infezione fulminante di varicella comprendono: polmonite, epatite e coagulazione intravascolare disseminata, mentre l’esantema cutaneo rimane un sintomo non particolarmente rilevante.
L’esposizione al virus della varicella durante la terapia corticosteoidea sistemica o nei tre mesi successivi richiede un trattamento di immunizzazione passiva con immunoglobuline per varicella-zoster. Le immunoglobuline dovrebbero essere somministrate preferenzialmente entro 3 giorni dall’esposizione e non oltre i 10 giorni. I corticosteroidi non devono essere sospesi; potrebbe anzi essere necessario un aumento della dose.
Morbillo: in caso di esposizione al virus del morbillo trattare i pazienti non immunizzati, in terapia corticosterioidea, con immunoglobuline intramuscolari normali.
Alterazioni psichiche: la somministrazione sistemica di corticosteroidi, soprattutto se a dosaggio elevato, può indurre una alterazione dello stato d’animo del paziente i cui sintomi comprendono euforia, incubi, insonnia, irritabilità, instabilità dell’umore, ideazione suicidaria, reazioni psicotiche e disturbi del comportamento. Nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi psichici possono manifestarsi paranoia o depressione grave. La maggior parte dei pazienti rispondono alla riduzione della dose o alla sospensione del farmaco; in alcuni casi è stato necessario istituire un trattamento farmacologico specifico.
Effetti sull’occhio: l’impiego prolungato dei corticosteroidi può causare cataratta subcapsulare posteriore, glaucoma con possibile lesione dei nervi ottici, e infezioni oculari secondarie dovute a funghi o a virus.
Terapia anticoagulante: monitorare il tempo di protrombina nei pazienti che ricevono corticosteroidi e anticoagulanti cumarinici contemporaneamente poiché i corticosteroidi potrebbero modificare la risposta del paziente agli anticoagulanti.
Ipoprotrombinemia: in presenza di ipoprotrombinemia, l’acido acetilsalicilico dovrebbe essere impiegato con cautela in corso di terapia corticosteroidea.
Fenitoina (difenilidantoina), efedrina, fenobarbitale, rifampicina: questi farmaci possono indurre un aumento del metabolismo e della clearance dei corticosteroidi. Valutare un eventuale aumento della dose di steroide.
Diuretici depletori di potassio: quando i corticosteroidi sono somministrati insieme a diuretici depletori di potassio, monitorare la concentrazione ematica di potassio per evidenziare un eventuale stato di ipokalemia.
Estrogeni, isoniazide: si consiglia una riduzione del dosaggio di cortisone quando somministrato in concomitanza con estrogeni o isoniazide.
Menopausa: l’utilizzo del cortisone durante la menopausa richiede cautela per i possibili effetti sull’osteoporosi.
Età pediatrica: i bambini e i ragazzi sottoposti a terapia corticosteroidea prolungata dovrebbero essere controllati accuratamente per quanto riguarda la crescita e lo sviluppo.
Monitorare segni o sintomi di insufficienza surrenalica nei bambini nati da madri in terapia corticosteroidea durante la gravidanza.
Gravidanza e allattamento: la somministrazione di cortisone in gravidanza e durante l’allattamento è subordinata alla valutazione del rapporto rischio/beneficio.
Doping: il cortisone rientra tra le sostanze proibite durante le competizioni sportive ed è inserito nella classe S9 (Glucocorticoidi) della lista redatta dalla World Anti-Doping Agency (WADA) (edizione 2019). Pertanto l’assunzione di cortisone da parte degli atleti, durante una gara, cositutisce pratica di doping. La somministrazione del cortisone è proibita per via orale, intramuscolare, endovenosa e rettale (The World Anti-Doping Code International Standard, Prohibited list, 2019).
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