Gli effetti collaterali più frequenti associati all'uso di SSRI nelle prime fasi della terapia comprendono nausea, cefalea, diarrea, irritabilità, insonnia, astenia. Questi effetti, dose-dipendenti, tendono a regredire nel giro di qualche settimana. Nei trattamenti a lungo termine, l'evento avverso più comune è rappresentato dalla disfunzione sessuale (riduzione della libido, eiaculazione tardiva, anorgasmia). L'irrequietezza e l'insonnia che caratterizzano la prima fase del trattamento possono essere trattate con la somministrazione di benzodiazepine.
Gli SSRI sono gravati da una minor incidenza di effetti anticolinergici (xerostomia, costipazione) rispetto agli antidepressivi triciclici.
Nei pazienti pediatrici e negli adolescenti la somministrazione di SSRI è risultata associata ad una percentuale significativamente più elevata di ADR rispetto al placebo, gli effetti avversi inoltre sono risultati più frequentemente “gravi”. Secondo alcuni autori il beneficio clinico associato all'impiego di SSRI nei bambini non supererebbe il rischio di gravi effetti avversi (Jureidini et al., 2004). In alcuni studi clinici, la frazione di pazienti pediatrici che ha interrotto il trattamento per ADR è risultata statisticamente più elevata rispetto al placebo (9% vs 3%) (Wagner et al., 2003). Nei trial clinici gli effetti collaterali con un'incidenza >/= 2% e almeno doppia rispetto al gruppo placebo sono stati: diminuzione dell'appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, atteggiamento ostile, agitazione, labilità emotiva, incluso pianto, fluttuazioni dell'umore, autolesionismo, ideazioni suicidarie, queste ultime soprattutto in pazienti con depressione maggiore.
La sospensione degli SSRI, soprattutto se condotta in modo non graduale, può essere associata a sindrome da astinenza caratterizzata da sintomatologia gastrointestinale (nausea, vomito, disturbi della motilità intestinale), neurologica (parestesia, sensazione di instabilità, vertigini, cafalea, tremori, distonie, sensazione di diminuzione della forza, dolori muscolari) e psichica (ansia, disturbi del sonno, aggressività e irritabilità, tristezza, istabilità umorale, stanchezza, vampate di calore). La comparsa di tali effetti è frequente nei primi 10 giorni dalla sospensione (disturbi del sonno, disturbi sensoriali e vertigini hanno un'incidenza del 7%), ma nella maggior parte dei pazienti tali eventi si presentano lievi/moderati e autolimitantesi. L'SSRI associato all'incidenza più elevata di sindrome da astinenza è la paroxetina.
Apparato respiratorio: sinusite, rinite, tosse.
Cardiovascolari: lieve riduzione della frequenza cardiaca, palpitazioni, fibrillazione ventricolare, tachicardia sinusale. Il citalopram rientra nei farmaci potenzialmente a rischio di prolungare l'intervallo QTc (www.torsades.org).
Il prolungamento dell'intervallo QTc è associato a gravi aritmie ventricolari, inclusa torsione di punta (TdP). Il rischio è aumentato in caso di associazioni fra farmaci che hanno entrambi la capacità di modificare l'intervallo QT oppure in pazienti con prolungamento congenito dell'intervallo QT.
Centrali: cefalea, vertigini, sonnolenza, affaticamento, tremori, sudorazione eccessiva (diaforesi), disturbi del sonno, incubi, insonnia, ansia, depressione, agitazione, confusione, parestesia, amnesia; discinesia emergente da sospensione (Miller, 2000).
Dermatologici: prurito, rash cutanei, orticaria, alopecia (associazione statisticamente significativa nel database della WHO).
Poiché la serotonina viene trasformata in melatonina a livello cutaneo e quest'ultima è coinvolta nel ciclo di crescita dei capelli, la somministrazione di citalopram potrebbe modificare l'omeostasi serotoninergica a livello del cuoio capelluto con un effetto negativo sul capello. Fra i diversi SSRI, la sertralina e il citalopram sono risultate le molecole più segnalate per alopecia.
Ematici: facilità alle ecchimosi (dosi >/= 40 mg/die), porpora, epistassi, sanguinamento gengivale (effetti correlati all'azione degli SSRI sulla serotonina piastrinica); trmbocitopenia (conta piastrinica < 150.000/mm3 oppure riduzione del 50%).
Endocrini e apparato riproduttivo: mancata eiaculazione, disfunzioni sessuali, riduzione della libido, impotenza, anorgasmia, amenorrea, dismenorrea, priapismo; eiaculazione precoce da sospensione (meccanismo non noto) (Adson, Kotlyar, 2003).
Epatici: (segnalazioni sporadiche) incremento degli enzimi epatici, danno epatico.
Gastrointestinali: nausea (fino al 16%), diarrea (3%), vomito, xerostomia (6%), sudorazione, stitichezza, anoressia (2%), dispepsia (1%), flatulenza, alterazione del gusto, dolori addominali.
La somministrazione degli SSRI è associata a sintomi gastrointestinali (nausea e diarrea) in virtù della presenza di serotonina nel sistema nervoso enterico. Circa il 95% della serotonina presente nell'organismo è rilasciata dalla cellule enterocromaffini intestinali che rispondono agli stimoli del lume intestinale di pressione, acidità e sostanze chimiche. La serotonina agisce nell'intestino promuovendo la peristalsi e la secrezione per stimolazione dei nervi sensitivi intrinseci (recettori 5-HT1P); induce nausea, vomito e crampi per stimolazione dei nervi sensitivi estrinseci (recettori 5-HT3). A livello locale, l'azione della serotonina viene inattivata per captazione da parte delle cellule del rivestimento intestinale per mezzo di una proteina che funge da trasportatore di serotonina (Sert). Con la somministrazione continuativa di SSRI si verifica una sorta di desensibilizzazione dei recettori serotoninergici sottoposti ad un stimolazione prolungata dovuta alla serotonina continuamente presente (inibizione del trasportatore di serotonina). La desensibilizzazione a livello intestinale provoca il passaggio da una condizione di diarrea (stimolazione eccessiva della peristalsi) a quella opposta di costipazione (blocco della peristalsi).
Gli SSRI sono stati associati a emorragia del tratto superiore gastrointestinale. E' stato osservato che il rischio di sanguinamento aumenta di circa un fattore 3 ed è simile per tutti gli SSRI (effetto di classe).
Metabolici: iponatremia, sindrome da inappropriata secrezione dell'ormone antidiuretico (Ertel, Nesbit, 2002).
L'iponatremia è risultata più frequente nei pazienti anziani con età > 70 anni, in terapia con diuretici o disidratati. Il periodo di insorgenza varia da 3 giorni a 4 mesi dall'inizio della terapia. Elementi predittivi per lo sviluppo di iponatremia comprendono una bassa concentrazione di sodio plasmatico al basale (< 138 mEq/L) e un basso indice di massa corporea.
Muscoloscheletrici: mialgia.
Oftalmici: disturbi della visione, ipertensione oculare, ambliopia.
Renali: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria.
Il rischio di incontinenza urinaria associato a SSRI è quasi doppio rispetto ai pazienti che non assumono questo tipo di farmaco; fra gli SSRI la sertralina è quella a cui è associato il rischio maggiore.
Sistemici: affaticamento, calo ponderale, aumento ponderale, aumento dell'appetito, febbre; (raro) pancreatite.