Sindrome da astinenza indotta: la buprenorfina, in quanto oppioide con attività di agonista parziale, può indurre sintomi di astinenza in pazienti con dipendenza da oppioidi. La buprenorfina infatti si comporta da antagonista in presenza di un agonista oppioide puro (morfina, eroina). Il rischio di indurre una sindrome da astinenza nei pazienti che assumono la buprenorfina come terapia sostitutiva nella dipendenza da oppioidi aumenta se il farmaco è assunto entro le 6 ore dall’ultima dose di oppioide a breve durata d’azione (ad esempio: eroina) o entro le 24 ore dall’ultima dose di metadone. Per evitare quindi di indurre una sindrome da astinenza, la prima dose di buprenorfina dovrebbe avvenire quando il paziente mostra i primi sintomi di astinenza. Sintomi di astinenza possono dipendere anche da un dosaggio non ottimale della buprenorfina.
Dipendenza fisica: l’uso prolungato di buprenorfina (terapia del dolore) può causare dipendenza fisica che si manifesta con la comparsa di sintomi di astinenza dopo interruzione dell’assunzione del farmaco. Il tempo di latenza della sindrome da astinenza è di 2-3 giorni e i sintomi possono continuare anche per 2 settimane. In genere la sindrome da astinenza da buprenorfina è lieve e i sintomi comprendono agitazione, ansia, nervosismo, insonnia, ipercinesia, tremore e disturbi gastrointestinali. Nei pazienti in trattamento terapeutico, comunque, il rischio di astinenza è considerato basso per la lenta dissociazione della buprenorfina dai recettori oppioidi e per la graduale riduzione della concentrazione plasmatica del farmaco.
Abuso: la buprenorfina nella formulazione in compresse sublinguali potrebbe essere utilizzata impropriamente, per via endovenosa, come farmaco di abuso. Per scoraggiare questa eventualità, la buprenorfina si trova in associazione al naloxone (antagonista oppioide). Le compresse sublinguali che contengono solo buprenorfina, in Italia, sono farmaci disponibili esclusivamente in ospedale.
Depressione respiratoria: i farmaci oppioidi causano depressione respiratoria per azione sul centro respiratorio localizzato a livello dei nuclei bulbare e pontino del sistema nervoso. La depressione respiratoria, evento raro con buprenorfina in monoterapia, è stata osservata nella maggior parte dei casi in associazione a benzodiazepine o quando il farmaco è somministrato a dosi non raccomandate.
Asma, insufficienza respiratoria: somministrare con cautela la buprenorfina (rischio potenziale di depressione respiratoria).
Tossicità epatica: sono stati riportati danni epatici con la somministrazione di buprenorfina soprattutto in condizioni di abuso del farmaco, per via endovenosa. In molti casi la tossicità epatica è risultata dipendere da un’alterazione della funzionalità mitocondriale. I pazienti con riduzione della funzionalità mitocondriale congenita (malattia genetica), causata da malattie (epatite B o C, alcolismo, anoressia) o da terapie farmacologiche (come ad esempio acido acetilsalicilico, isoniazide, acido valproico, amiodarone) costituiscono una popolazione a rischio. In caso di tossicità epatica, durante la terapia con buprenorfina valutare se interrompere progressivamente il trattamento o continuare la somministrazione del farmaco sotto stretto monitoraggio della funzionalità epatica.
Trauma cranico, aumento della pressione intracranica, ipotensione, ipertrofia prostatica, stenosi uretrale, disfunzioni del tratto biliare: la somministrazione di buprenorfina, come per gli altri oppioidi, richiede cautela in presenza di queste condizioni. Gli oppioidi possono infatti provocare aumento della pressione del liquido cerebrospinale e conseguentemente crisi convulsive; ipotensione ortostatica (passaggio dalla posizione supina o seduta alla posizione eretta) che può a sua volta essere causa di caduta del paziente. A livello vescicale, gli oppioidi aumentano il tono del muscolo detrusore e dello sfintere vescicale provocando ritenzione urinaria, che può peggiorare in pazienti con ipertrofia prostatica o stenosi uretrale. A livello dei dotti biliari, gli oppioidi possono causare aumento della pressione interna del coledoco (dotto biliare comune) che trasporta la bile dalla cistifellea al duodeno.
Mixedema, ipotiroidismo, insufficienza corticosurrenale: richiedono cauttela nella somministrazione di oppioidi.
Insufficienza renale: poiché la buprenorfina è escreta anche per via renale (30% della dose somministrata), in caso di funzionalità renale ridotta potrebbe verifircarsi un aumento del tempo di eliminazione del farmaco con un potenziale rischio di tossicità.
Insufficienza epatica: può modificare il metabolismo della buprenorfina con un potenziale rischio della sua tossicità. Nei pazienti con alterazione della funzionalità epatica (pazienti con insufficienza epatica, pazienti con epatite virale) la somministrazione di buprenorfina richiede attento monitoraggio.
Reazioni di ipersensibilità: reazioni di ipersensibilità alla buprenorfina sono state riportate negli studi clinici e dopo la commercializzazione del farmaco. Segni e sintomi di ipersensibilità comprendono reazioni dermatologiche (eruzione cutanea, orticaria, prurito), broncospasmo, angioedema, shock anafilattico.
Febbre: l’aumento della temperatura corporea può aumentare l’assorbimento della buprenorfina quando somministrata con cerotto transdermico, con un maggior rischio di effetti collaterali.
Esposizione a calore esterno: se il cerotto transdermico a rilascio di buprenorfina è esposto a fonti di calore esterne (scaldini, coperte elettriche, sauna, idromassaggio con acqua calda, lettini riscaldati) si può verificare un aumento dell’assorbimento del farmaco con un maggior rischio di tossicità.
Aritmia cardiaca: in alcuni studi clinici la buprenorfina somministrata per via transdermica è risultata associata ad un aumento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma (il prolungmento dell’intervllo QT oltre un certo valore soglia può indurre un’aritmia ventricolare anche fatale nota come torsione di punta). Questa osservazione ha portato l’agenzia americana che si occupa di farmaci (Food and Drug Administration, FDA) all’inserimento di vincoli di dosaggio del farmaco. Uno studio ulteriore, che ha preso in considerazione i database di sorveglianza postmarketing della FDA e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non ha confermato un aumento del rischio di aritmia legato all’uso terapeutico di buprenorfina transdermica (Sessler et al., 2017). Altri studi hanno confermato l’assenza di effetti della buprenorfina sull’intervallo QT alle dosi terapeutiche (Behzadi et al, 2018; Isbister et al., 2017).
Pazienti pediatrici: in questa classe di pazienti l’età limite per l’uso della buprenorfina come terapia sostitutiva per la dipendenza da oppioidi (compresse sublinguali) varia in Italia a seconda della specialità medicinale: 15 anni per le specialità Subutex e Suboxone, 16 anni per Buprenorfina Sun e 18 anni per Buprenorfina Molteni. Come analgesico la buprenorfina per via transdermica non è raccomandata ai minori di 18 anni (specialità medicinali: Busette, Transtec), come analgesico per via parenterale o sublinguale non è raccomandato ai minori di 12 anni (specialità medicinale Temgesic).
L’ingestione accidentale o voluta di buprenorfina da parte dei bambini può causare depressione respiratoria grave e morte.
Attività che richiedono attenzione e coordinazione costante: la buprenorfina può causare sonnolenza. Tale effetto può essere potenziato in caso di associazione a farmaci attivi sul sistema nervoso centrale come tranquillanti, sedativi, ipnotici, alcool.
Gravidanza: la somministrazione di buprenorfina nei primi tre mesi di gravidanza non è stata associata ad un’incidenza di anomalie congenite superiore a quanto osservato nella popolazione generale. Sono stati segnalati (singoli casi clinici) anomalie cardiache (chiusura prematura del dotto arterioso), alterazioni della parete addominale, del sistema nervoso centrale, del sistema genito-urinario e dell’orecchio. La somministrazione nel secondo e terzo trimestre di gravidanza può indurre rallentamento della crescita del feto, basso peso alla nascita, prematurità e rottura precoce delle membrane. L’assunzione prolungata di buprenorfina in gravidanza può provocare crisi di astinenza nel neonato (meno grave di quella osservata con metadone). L’assunzione dell’oppioide in prossimità del parto può essere causa di depressione respiratoria neonatale. In letteratura sono riportate segnalazioni (su piccoli gruppi di bambini) di effetti a distanza degli oppioidi sul comportamento (Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, 2013).
Allattamento: la buprenorfina è escreta nel latte materno. Sulla base dei dati di letteratura disponibili, comunque, che indicano un’esposizione limitata al farmaco da parte dei bambini allattati al seno (basse concentrazioni del farmaco e dei suoi metaboliti nel siero e nelle urine), l’uso del farmaco nelle donne che allattano può essere accetato (Toxnet, 2018). L’Association of Women’s Health, Obstetric and Neonatal Nurse (AWHONN), inoltre, raccomanda l’allattamento al seno nelle donne in terapia con buprenofina per la dipendenza da oppioidi stabilizzate (Cleveland, 2016). Diversamente, l’Agenzia italiana del Farmaco, riporta una controindicazione generica per l’uso della buprenorfina durante l’allattamento (Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, 2013). Poiché, però, la buprenorfina può alterare il riflesso della suzione e indurre depressione respiratoria, è necessario monitorare eventuali segni e sintomi di sofferenza del bambino (eccessiva sonnolenza, crescita in peso non adeguata, difficoltà del bambino ad attaccarsi, difficoltà di respirazione). Nel caso interrompere immediatamente l’allattamento (Toxnet, 2018).
Doping: la somministrazione di buprenorfina transdermica può determinare positività ai test antidoping.
Lattosio: può essere presente come eccipiente in alcune specialità contenenti buprenorfina. La presenza di lattosio, formato da glucosio e galattosio, costituisce una controindicazione per i pazienti con problemi ereditari di intolleranza al galattosio, con deficit dell’enzima che scinde il lattosio (lattasi) o sindrome da malassorbimento di glucosio-galattosio.
Idrossianisolo butilato (E320): può essere presente come eccipiente. Questa sostanza può provocare reazioni cutanee locali (ad esempio dermatite da contatto) o irritazione agli occhi o alle mucose.
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