La buprenorfina (formulazione sublinguale) è indicata nel trattamento della dipendenza da oppioidi. (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia della buprenorfina nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)
La buprenorfina è controindicata in caso di ipersensibilità. (leggi)
La buprenorfina, in quanto oppioide con attività di agonista parziale, può indurre sintomi di astinenza in pazienti con dipendenza da oppioidi. (leggi)
Il potenziale di interazione farmacologica della buprenorfina risente, da un punto di vista farmcocinetico, da modalità di somministrazione alternative a quella orale. (leggi)
Gli effetti collaterali riportati con maggior frequenza sono sudorazione eccessiva (iperidrosi), sintomi gastrointestinali e centrali. (leggi)
In caso di sovradosaggio da buprenorfina il rischio maggiore è rappresentato dalla depressione respiratoria. (leggi)
La buprenorfina è un oppioide semisintetico derivato dalla morfina. (leggi)
Dopo somministrazione sublinguale la biodisponibiità della buprenorfina è compresa tra il 30% e il 50%. (leggi)
La formula bruta di buprenorfina è C29H41NO4. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata a buprenorfina sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Buprenorfina è prescrivibile nelle specialità commerciali Buprenorfina, Busetalt, Busette, Buvidal, Durlevatec, Prekisan, Septrapat, Subutex, Transtec, Temgesic, Bunamol, Buprenorfina Naloxone, Suboxone. (leggi)
La buprenorfina è un derivato semisintetico della morfina utilizzato per la terapia della dipendenza da oppioidi e nella terapia del dolore.
Nei pazienti tossicodipendenti, la buprenorfina è somministrata sotto forma di compresse da far sciogliere sotto la lingua. Spesso è in associazione al naloxone, antagonista oppioide, per evitare l’uso improprio, per via endovenosa, delle compresse sublinguali (il naloxone somministrato per endovena causa sintomi da astinenza nei pazienti con dipendenza da oppioidi). Per la terapia della dipendenza da oppioidi, il range terapeutico della buprenorfina sublinguale è 4-24 mg (dose massima giornliera: 32 mg).
Come analgesico, nella terapia del dolore, la buprenorfina è utilizzata a dosaggio inferiore (0,3-0,6 mg ogni 6-8 ore). La via di somministrazione preferenziale è quella transdermica che garantisce un rilascio costante di farmaco per un certo numero di giorni. I cerotti transdermici contenenti buprenorfina sono disponibili a dosaggi differenti in modo da poter modulare la dose in base al tipo di dolore (oncologico, non oncologico) e alla singola risposta del paziente. La via transdermica è indicata per il trattamento del dolore cronico. In caso di dolore acuto, la buprenorfina può essere somministrata per via sublinguale o parenterale.
La somministrazione orale della buprenorfina non è raccomandata perché il farmaco subisce ampio metabolismo di primo passaggio: la quantità di oppioide che arriva in circolo non è sufficiente ad ottenere livelli terapeuticamente efficaci.
La buprenorfina è controindicata nei bambini, ma può essere utilizzata nei ragazzi con almeno 12 anni per l’indicazione analgesica e con almeno 15 anni per la terapia della dipendenza da oppioidi.
La buprenorfina come farmaco analgesico rientra nel gruppo dei farmaci oppioidi forti, ma a differenza di questi condivide con gli oppioidi deboli l’effetto “tetto”. Si definisce effetto “tetto” il raggiungimento di un valore soglia oltre il quale, pur aumentando la dose, non si ha un aumento degli effetti farmacologici. L’effetto “tetto” della buprenorfina conferisce al farmaco un profilo di tollerabilità favorevole perché riduce il rischio di comparsa di effetti tossici, in particolare depressione respiratoria e cardicircolatoria. Questi eventi risultano infatti piuttosto rari quando la buprenorfina è somministrata in monoterapia. L’associazione con altri farmaci, come ad esempio le benzodiazepine o altri farmaci attivi sul sistema nervoso, può invece ridurre la tollerabilità della buprenorfina.
Sempre nell’ambito delle interazioni farmaco-farmaco, un altro gruppo di farmaci che richiede cautela quando somministrato in associazione a buprenorfina, è quello relativo ai farmaci inibitori o induttori del citocromo CYP3A4. La buprenorfina è metabolizzata dall’enzima citocromiale CYP3A4 e, in minor misura dal CYP2C8. I farmaci che inibiscono o inducono l’attività del CYP3A4 possono modificare il metabolismo della buprenorfina aumentando o riducendone i livelli plasmatici. Sebbene l’interazione farmacologica possa non avere rilevanza clinica, deve essere comunque presa in considerazione quando la buprenorfina è somministrata in associazione ad altri farmaci attivi sul CYP3A4 perché potrebbe essere necessario aggiustare la dose dell’oppioide.
Altri farmaci che possono influenzare attività e/o tollerabilità della buprenorfina comprendono farmaci epatotossici (un’alterazione della funzionalità epatica può influenzare il metabolismo della buprenorfina e la sua clearance), farmaci che riducono la clearance epatica, farmaci serotoninergici (rischio potenziale di sindrome serotoninergica), fenprocumone, MAO-inibitori, naltrexone (come antagonista oppioide può scatenare sindrome da astinenza nei pazienti che assumono buprenorfina).
La buprenorfina deve inoltre essere somministrata con cautela in caso di asma, insufficienza respiratoria, insufficienza epatica, trauma cranico, aumento della pressione intracranica, ipotensione, ipertrofia prostatica, stenosi uretrale, disfunzioni del tratto biliare, mixedema, ipotiroidismo, insufficienza corticosurrenale, insufficienza renale.
La buprenorfina è controindicata nei pazienti con ipersensibilità al farmaco, in caso di grave insufficienza epatica o respiratoria, alcolismo, delirium tremens, terapia con MAO-inibitori; dipendenza da oppioidi e miastenia gravis quando somministrata per via transdermica nella terapia del dolore.
Gli effetti collaterali più comuni osservati comprendono sudorazione intensa, sintomi gastrointestinali e centrali (neurologici e psichiatrici). In caso di sovradosaggio si può intervenire con naloxone, che potrebbe comunque non essere sufficiente. Il naloxone viene eliminato più velocemente della buprenorfina dall’organismo, per cui sintomi da sovradosaggio potrebbero ripresentarsi anche dopo un iniziale miglioramento.
Negli studi in vitro e in vivo, la buprenorfina non è risultata mutagena né cancerogenica.
In gravidanza, l’assunzione del farmaco nel primo trimestre non è stato associato ad un’incidenza di anomalie congenite superiore a quanto osservato nella popolazione generale. La somministrazione nel secondo e terzo trimestre può indurre rallentamento della crescita del feto, basso peso alla nascita, prematurità e rottura precoce delle membrane. Un uso prolungato di buprenorfina può indurre crisi da astinenza neonatale, meno grave di quella osservata con metadone. L’assunzione dell’oppioide in prossimità del parto può causare depressione respiratoria nel neonato.
Secondo i dati disponibili in letteratura, in assenza di specifiche controindicazioni, l’uso di buprenorfina può essere accettato nelle donne che allattano (l’’Association of Women’s Health, Obstetric and Neonatal Nurse raccomanda l’allattamento al seno nelle donne in terapia con buprenofina per la dipendenza da oppioidi stabilizzate). Deve essere comunque monitorata l’eventuale comparsa di segni o sintomi di sofferenza nel bambino (la buprenorfina viene escreta nel latte materno in quantità limitata) quali sonnolenza eccessiva, crescita del peso non adeguata, difficoltà del bambino ad alimentarsi, difficoltà respiratoria.