Negli studi clinici controllati con placebo, le reazioni avverse più frequenti associate ad aripiprazolo sono state acatisia e nausea.
Nei trial clinici di breve durata (4-6 settimane) la percentuale di pazienti adulti che ha interrotto la terapia con aripiprazolo per gli effetti avversi e la tipologia degli effetti stessi è risultata sovrapponibile a quella ottenuta con il placebo (incidenza: 7% vs 9%, rispettivamente gruppo trattato e gruppo placebo). Il solo effetto collaterale dose-dipendete è risultata essere la sonnolenza (8,7 % vs 7,5% vs 15,3% vs 7,7%, rispettivamente con aripiprazolo 15 mg, 20 mg, 30 mg e placebo). A causa della sonnolenza, circa lo 0,1% dei pazienti ha interrotto il trattamento farmacologico.
Gli eventi avversi riportati più frequentemente nella popolazione pediatrica (età <18 anni) rispetto a quella adulta comprendono: sonnolenza/sedazione, sintomi extrapiramidali, acatisia, affaticamento, dolore nella parte alta dell’addome, aumento della frequenza cardiaca, secchezza della bocca, aumento dell’appetito, aumento del peso e ipotensione ortostatica (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2023).
Nel database dell’Organizzazione mondiale della sanità di monitoraggio dei farmaci (VigiBase), le reazioni avverse potenzialmente associate ad aripiprazolo sono 74544 (31 maggio 2023), di cui le reazioni a carico del sistema nervoso e quelle psichiatriche sono le più rappresentate (rispettivamente 17% e 16%) (www.vigiaccess.org). Considerando le segnalazioni di sospetta reazione avversa (ICSR, Individual Case Safety Reports) pervenute alla rete di farmacovigilanza europea (EudraVigilance) tra il 2016 e il 2018 relative all’uso di aripiprazolo nella popolazione pediatrica, l’analisi dei dati è risultata in linea con quanto emerso su VigiBase: le segnalazioni più frequenti erano riferite a disturbi psichiatrici (20,2%), in particolare i comportamenti volti al suicidio (14,9%) (Rafaniello et al., 2020).
L’aripiprazolo è risultato tra i farmaci potenzialmente associati con maggior frequenza alla sindrome delle gambe senza riposo, secondo uno studio che ha analizzato l’incidenza di questo evento avverso molto raro (26 segnalazioni) nel database francese di farmacovigilanza (segnalazioni raccolte dal 1984 al 2009) (Perez-lloret et al., 2012).
Cardiovascolari: (non comuni: 0,1-1%) ipotensione ortostatica, tachicardia; (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) tromboembolia nervosa (inclusa embolia polmonare e trombosi venosa profonda), ipertensione, sincope, prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma, artmia ventricolare (inclusa torsione di punta), bradicardia (Snarr et al., 2010); fibrillazione atriale (Stefatos et al., 2018; D’urso et al., 2018), arresto cardiaco, morte improvvisa inspiegata.
Tra gli antipsicotici atipici, l’aripiprazolo rientra tra quelli con minor probabilità di causare un aumento significativo dell’intervallo QT (il prolungamento QT è fattore di rischio per aritmie ventricolari potenzialmente fatali) (Bordet et al., 2023; Beach et al., 2018; Miniati et al., 2017; Ries, Sayadipour, 2014). Anche nei pazienti pediatrici, l’aripiprazolo non è stato associato a variazioni clinicamente rilevanti dell’intervallo QT (Germanò et al., 2014; Ho et al., 2012; Marcus et al., 2009; Owen et al., 2009; Findling et al., 2008).
Centrali: (comuni: 1-10%) acatisia, disturbi extrapiramidali, tremore, cefalea, sedazione, sonnolenza, capogiri, insonnia, ansia, irrequitezza; (non comuni: 0,1-1%) discinesia tardiva, distonia, sindrome delle gambe senza riposo, depressione, ipersessualità; (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) sindrome neurolettica maligna, crisi tonico-clonica generalizzata, sindrome da serotonina, disturbi del linguaggio, ideazione suicidaria/tentato suicidio, comportamenti compulsivi (gioco d’azzardo, cibo, shopping, sesso), aggressione, agitazione, nervosismo, tic nervosi.
Sintomi extrapiramidali
In pazienti con schizofrenia, l’incidenza di sintomi extrapiramidali è stata pari a 25,8% vs 57,3%, rispettivamente con aripiprazolo e aloperidolo (durata del trial: 52 settimane); pari a 19% vs 13,1% rispettivamente con aripiprazolo e placebo (durata del trial: 26 settimane); 14,8% vs 15,1% rispettivamente con aripiprazolo e olanzapina (durata del trial: 26 settimane) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2023).
In caso di trattamento degli episodi maniacali nel disturbo bipolare di tipo I, l’incidenza dei sintomi extrapiramidali è stata 18,2% vs 15,7% rispettivamente con aripiprazolo e placebo (durata del trial: 26 settimane); pari a 23,5% vs 53,3%, rispettivamente con aripiprazolo e aloperidolo (durata del trial: 12 settimane); pari a 26,6% vs 17,6% rispettivamente con aripiprazolo e litio (durata del trial: 12 settimane) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2023).
Sintomi extrapiramidali sono stati riportati più frequentemente in età pediatrica rispetto alla popolazione adulta (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2023); anche in caso di ingestione accidentale del farmaco (Lindsey et al., 2003; Schonberger et al., 2004).
Discinesia tardiva
La somministrazione di farmaci antipsicotici è associata a comparsa di discinesia tardiva. La sindrome, potenzialmente irreversibile, si manifesta preferenzialmente nei pazienti anziani e predilige il sesso femminile: non è comunque possibile predire la sua comparsa. Sebbene trattamenti prolungati ed esposizione sistemica elevata agli antipsicotici rappresentino fattori di rischio di discinesia tardiva, il rischio non può comunque essere escluso in caso di pazienti trattati per brevi periodi e a basso dosaggio. Gli stessi antipsicotici possono mascherare i sintomi premonitori di discinesia tardiva.
Esacerbazione parkinson
L’aripiprazolo è stato associato a severa esacerbazione della malattia di parkinson quando somministrato per trattare i sintomi psicotici in questa classe di pazienti (circa il 30% dei pazienti con parkinson manifestano psicosi) (Schonfelt-Lecuona, Connemann, 2004).
Distonia
La distonia - contrazioni anomale e prolungate di un gruppo di muscoli - è un effetto di classe. La distonia può manifestarsi anche con dosaggi bassi di aripiprazolo (10 mg/die) (Fountoulakis etal., 2006).
Tic nervosi
L’aripiprazolo è associato a comparsa di tic nervosi (Touafchia et al., 2020). Sul database dell’Organizzazione mondiale della sanità (Vigibase) che raccoglie le segnalazioni sui farmaci, sono riportate (maggio 2023) 241 segnalazioni di tic attribuiti all’aripiprazolo (www.vigiaccess.org).
Sindrome neurolettica maligna
La sindrome neurolettica maligna è un evento raro, che può essere fatale, associato all’uso di antipsicotici. La sindrome si manifesta con iperpiressia, rigidità muscolare, stato mentale alterato, instabilità di alcuni segni vitali (polso e pressione irregolare, tachicardia, sudorazione, aritmia cardiaca), incremento della creatinina fosfochinasi, rabdomiolisi, insufficienza renale acuta. Quando la causa scatenante è un antipsicotico atipico, la manifestazione clinica della sindrome spesso non presenta il quadro classico: con l’aripiprazolo può non comparire l’aumento della temperatura corporea (Szota et al., 2022). Il tempo di insorgenza della sindrome varia da pochi giorni a qualche settimana dall’inizio della terapia con aripiprazolo. In alcuni dei casi riportati in letteratura, i pazienti oltre a ricevere aripiprazolo erano in terapia anche con clozapina o olanzapina (Tseng et al., 2015).
In Australia, nei primi 5 anni di commercializzazione dell’aripiprazolo (2003-2007) sono pervenute all’Adverse Drug Reactions Advisory Committee (ADRAC) 15 segnalazioni di sindrome neurolettica maligna attribuite al farmaco. Nel quinquennio considerato, l’aripiprazolo è risultato l’antipsicotico con il più alto tasso di segnalazioni considerando anche clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone e amisulpiride (Aust. Adv. Drug Reactions Bull., 2007). Tuttavia questo trend non aveva trovato conferma considerando le segnalazioni raccolte nel database di monitoraggio dei farmaci dell’OMS.
Dermatologici: (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) eruzione cutanea, fotosensibilità, alopecia, iperidrosi, reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS, Drug Reaction with Eosinophilia and Systemic Symptoms).
Ematici: (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) leucopenia, neutropenia, trombocitopenia.
Endocrini: (non comuni: 0,1-1%) riduzione della prolattina ematica, iperprolattinemia; (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) coma diabetico iperosmolare, chetoacidosi diabetica.
L’aripiprazolo tende ad abbassare i livelli di prolattina piuttosto che ad alzarli, come la maggior parte degli antipsicotici, sia nei pazienti adulti che nella popolazione pediatrica. L’iperprolattinemia è causata dal blocco dei recettoridi D2 tuberoinfundibolari che normalmente sopprimono il rilascio di prolattina dall’adenoipofisi. L’aripiprazolo possiede un effetto scarso sulla via dopaminergica tuberoinfundibolare con conseguente minor incidenza di iperprolattinemia rispetto agli antipsicotici di prima generazione come l’aloperidolo. La riduzione della secrezione di prolattina nelle donne che allattano in terapia con aripiprazolo è riconducibile al suo comportamento da agonista parziale sui recettori D2.
La chetoacidosi diabetica associata ad aripiprazolo è stata osservata in una paziente affetta da schizofrenia e da diabete di tipo 2 diagnosticato da 10 anni. La chetoacidosi si è presentata con vomito e nausea e malessere generalizzato, 4 giorni dopo l’assunzione dell’antipsicotico. La paziente era in terapia con olanzapina da diversi anni: è possibile che l’associazione dei due antipsicotici abbia favorito la comparsa dell’evento avverso. La sospensione dell’aripiprazolo ha determinato la rapida scomparsa della sintomatologia chetoacidosica (Church et al., 2005).
Epatici: (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) insufficienza epatica, epatite, ittero.
Gastrointestinali: (comuni: 1-10%) stipsi, dispepsia, nausea, ipersecrezione salivare, vomito; (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) pancreatite, disfagia, diarrea, fastidio addominale, fastidio allo stomaco.
Metabolici: (comuni: 1-10%) diabete mellito; (non comuni: 0,1-1%) iperglicemia; (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) iponatriemia, perdita di appetito, incremento della creatinfosfochinasi.
Muscoloscheletrici: (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) rabdomiolisi, mialgia, rigidità.
Oftalmici: (comuni: 1-10%) visione offuscata; (non comuni: 0,1-1%) diplopia, fotofobia; (sorveglianza post-merketing, frequenza non nota) crisi oculogira.
Respiratori: (non comuni: 0,1-1%) singhiozzo; (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) laringospasmo, spasmo orofaringeo, polmonite da aspirazione.
Urogenitali: (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) incontinenza urinaria, ritenzione di urina, priapismo.
Sistemici: (sorveglianza post-marketing, frequenza non nota) alterata regolazione della temperatura corporea, riduzione/aumento del peso corporeo, reazioni allergiche.
Aumento del peso corporeo
L’aumento di peso (definito come incremento del peso corporeo ≥7%) associato alla terapia antipsicotica rappresenta un fattore di rischio importante per la comparsa di eventi cardiovascolari e per lo sviluppo di diabete di tipo 2. L’aripiprazolo è associato ud un minor aumento di peso rispetto agli altri antipsicotici atipici (olanzapina, clozapina, quetiapina e risperidone) sia in pazienti adulti che pediatrici (Pozzi et al., 2022). L’effetto è da ricondurre alla minor affinità verso il recettore dell’istamina H1 e al parziale antagonismo verso il recettore della serotonina 5HT2C.
In 10 studi placebo-controllati di durata media di 4 settimane (range: 4-12 settimane) in pazienti adulti con schizofrenia, la somministrazione di aripiprazolo (2-30 mg/die) ha determinato un aumento di peso contenuto (≤1 kg). In questa analisi, l’incremento di peso è risultato aumentare all’aumentare della dose (relazione lineare), con una pendenza della retta che oltre i 10 mg/die di aripiprazolo, diminuiva (per dosi superiori a 10 mg/die, l’incremento del peso risultava più piccolo rispetto alle dosi più basse) (Wu et al., 2022).
In un trial della durata di 12 mesi, in pazienti schizofrenici, l’incremento ponderale rispetto al basale non ha evidenziato una differenza significativa tra aripiprazolo e aloperidolo (1,05±0,20 kg vs 0,39±0,28 kg rispettivamente con aripiprazolo e aloperidolo). Classificando i pazienti in base all’indice di massa corporea (BMI) iniziale, i pazienti con BMI più basso (<23 kg/m2) hanno evidenziato un incremento di peso maggiore con aripiprazolo rispetto ad aloperidolo. I pazienti con BMI iniziale più alto (>27 kg/m2) invece hanno perso peso durante la terapia antipsicotica con entrambi i farmaci (-1,23 kg vs -0,78 kg rispettivamente con aripiprazolo e aloperidolo) (Kasper et al., 2003). Tra gli antipicotici atipici, l’olanzapina è il farmaco con il maggior impatto sul peso corporeo. In uno studio che ha confrontato aripiprazolo e olanzapina in pazienti con schizofrenia, l’olanzapina è stata associata ad un aumento di peso maggiore rispetto ad aripiprazolo (2,54 kg vs 0,04 kg dopo 52 settimane; p <0,001) (Chrzanowski et al., 2006). Il diverso impatto dei due farmaci sul peso è emerso anche in un altro studio di 16 settimane: -1,8 kg vs +1,41 kg (p <0,001) rispettivamente con aripiprazolo e olanzapina. Inoltre, la percentuale di pazienti che ha evidenziato una riduzione del peso significativa (≥7 kg) è risultata più alta con aripiprazolo (11,1% vs 2.6%; p =0,038), e inferiore la percentuale di pazienti che, viceversa, ha aumentato il proprio peso con aripiprazolo (2,5% vs 9,1% (p =0,082) rispettivamente con aripiprazolo e olanzapina) (Newcomer et al., 2008). Analoghi esiti sono emersi in uno studio di 28 settimane in pazienti adulti (18-65 anni) con diagnosi di schizofrenia. I pazienti trattati con olanzapina hanno evidenziato una variazione media del peso corporeo di +3,4 kg contro +0,3 kg dell’aripiprazolo (p <0,001) e una maggiore incidenza di un aumento uguale o superiore a 7 kg (40,3% vs 16,4% rispettivamente con olanzapina e aripiprazolo; p <0,001) (Kane et al., 2009).
In un trial di breve durata (8 settimane), che ha controntato aripiprazolo, olanzapina e risperidone nel trattamento acuto della schizofrenia (primo episodio), l’olanzapina è stata associata all’incremento ponderale maggiore dopo 4 e 8 settimane, mentre l’aripiprazolo all’incidenza più bassa per aumenti di peso uguali/superiori a 7 kg (17,0% vs 49,0% vs 32,5% rispettivamente con aripiprazolo, olanzapina e risperidone) (Cheng et al., 2019).
Anche nei bambini e nei ragazzi, l’aumento di peso con aripiprazolo risulta inferiore a quello osservato con altri antipsicotici atipici, quali olanzapina, quetiapina e risperidone. In bambini e ragazzi (4-19 anni) trattati con aripiprazolo per una media di 10,8 settimane, l’incremento ponderale è risultato pari a 0,2 kg vs 4,4 kg vs 5,3 kg vs 6,1 kg vs 8,5 kg rispettivamente con “nessun trattamento”, aripiprazolo, risperidone, quetiapina e olanzapina. Inoltre con olanzapina e quetiapina sono stati riportati aumenti significativi in termini di colesterolo totale, trigliceridi, colesterolo da lipoproteine non ad alta densità, rapporto trogliceridi/colesterolo HDL. Queste variazioni non sono state osservate né nel gruppo non trattato né nel gruppo trattato con aripiprazolo (Correl et al., 2009). Anche in altri studi, l’aripiprazolo è risultato associato ad aumenti inferiori del peso corporeo rispetto agli altri antipsicotici atipici (Findling et al., 2014; Uttley et al., 2013; Fraguas et al., 2011).
In base ad alcune indicazioni, il genotipo del CYP2D6 potrebbe influenzare l’aumento di peso associato agli antipsicotici. Sembra infatti che la presenza dell’allele 4* del gene che codifica l’enzima CYP2D6 si associ ad un aumento di peso maggiore (Nussbaum et al., 2014).