Sindrome neurolettica maligna: gli antipsicotici, compreso aripiprazolo, possono indurre sindrome neurolettica maligna, caratterizzata da aumento della temperatura corporea, rigidità muscolare, stato mentale alterato, instabilità di alcuni segni vitali (polso e pressione irregolare, tachicardia, sudorazione, aritmia cardiaca), incremento della creatinina fosfochinasi, rabdomiolisi, insufficienza renale acuta. In caso di sintomi riconducibili alla sindrome neurolettica maligna, escludere prima di tutto la possibilità che tali sintomi possano essere causati da altre patologie, quali polmonite, infezione sistemica, segni e sintomi extrapiramidali non trattati, tossicità anticolinergica, malattie del sistema nervoso centrale. Quindi sospendere la somministrazione dell’antipsicotico e istituire un trattamento sintomatico.
Discinesia tardiva, acatisia, parkinsonismo: in corso di terapia con aripiprazolo possono manifestarsi sintomi extrapiramidali quali discinesia tardiva, acatisia e parkinsonismo. Nel caso, ridurre la dose di farmaco o valutare una possibile sospensione.
Malattie cardiovascolari: somministrare con cautela aripiprazolo in pazienti con malattie cardiovascolari (infarto o ischemia cardiaca, aritmie, insufficienza cardiaca), cerebrovascolari, condizioni che predispongono all’ipotensione (disidratazione, ipovolemia, trattamento antipertensivo), ipertensione. I farmaci psicotici, inoltre, sono stati associati a trombosi venosa profonda: eventuali fattori di rischio per questa patologia devono essere trattati prima e durante la terapia con aripiprazolo.
Prolungamento dell’intervallo QT: gli effetti di aripiprazolo sull’intervallo QT sono risultati sovrapponibili al placebo nei trial clinici. Somministrare aripiprazolo con cautela nei pazienti con familiarità per prolungamento dell’intervallo QT.
Convulsioni: somministrare aripiprazolo con cautela in caso di anamnesi positiva per convulsioni o di condizioni che possono abbassare la soglia convulsiva.
Pazienti anziani con psicosi correlata a demenza: l’aripiprazolo non è indicato per il trattamento dei sintomi schizofrenici in pazienti con demenza. In pazienti con demenza (938 pazienti con alzheimer afferenti a 3 studi clinici della durata di 10 settimane ciascuno) la somministrazione di aripiprazolo è stata correlata ad un’incidenza maggiore di morte (3,5% vs 1,7% rispettivamente con il farmaco e il placebo) e di eventi cerebrovascolari. Le cause di morte sono state soprattutto imputabili a cause cardiovascolari o infettive (polmonite). Per quanto concerne gli eventi cerobrovascolari (ictus, TIA), benché la differenza riscontrata fra farmaco e placebo (1,3% vs 0,6%) non sia risultata statisticamente significativa, l’incidenza con aripiprazolo è risultata due volte più elevata rispetto al placebo, rapportabile a quella osservata in pazienti con età media di 84 anni, con almeno un fattore di rischio o un’anamnesi positiva per eventi cerebrovascolari. In uno dei trial considerati, è stata osservata correlazione fra la dose di aripiprazolo e incidenza di eventi cerebrovascolari.
Capacità di regolare la temperatura corporea basale (termoregolazione): i farmaci antipsicotici possono alterare la termoregolazione, più frequentemente determinando ipertermia. Sono stati osservati comunque anche casi di ipotermia. L’abbassamento della temperatura corporea basale sembra coinvolgere l’antagonismo dei recettori serotoninergici 5HT2a. L’aripiprazolo, che presenta questo antagonismo recettoriale, è stoto associato a ipotermia (Kozian et al., 2019). La somministrazione degli antipsicotici richiede cautela nei pazienti a rischio di ipo- o ipertemia (condizioni che possono aumentare la temperatura corporea comprendo: l’esercizio fisico intenso, l’esposizione a calore estremo, il trattamento con farmaci anticolinergici, la disidratazione; condizioni che possono favorire l’ipotermia comprendono: immobilità in ambienti freddi, infezione diffusa, ipotiroidismo).
Iperglicemia: nei pazienti schizofrenici la prevalenza di diabete è circa doppia rispetto alla popolazione generale. Inoltre l’uso di antipiscotici atipici è associato a sintomi di iperglicemia (sete eccessiva, aumento eccessivo del volume delle urine, sensazione di fame eccessiva). Nei pazienti diabetici, in terapia con aripiprazolo, monitorare la glicemia per ridurre il rischio di un peggioramento del controllo glicemico; nei pazienti a rischio di diabete effettuare un test di valutazione della glicemia a digiuno prima di iniziare il trattamento farmacologico e, successivamente, con scadenza periodica.
Fumatori: non è richiesto un aggiustamento della dose di aripiprazolo.
Ideazione di suicidio: i disturbi dell’umore e la malattia psicotica aumentano il rischio di ideazione suicidaria, pertanto i pazienti devono essere attentamente monitorati, soprattutto nella fase iniziale della terapia, quando il farmaco non ha ancora raggiunto la sua piena efficacia.
Incremento ponderale: nei trial clinici l’aripiprazolo non è risultato indurre un aumento di peso clinicamente significativo in una percentuale consistente di pazienti. Durante la sorveglianza post-marketing, nei pazienti trattati con l’antipsicotico è stato osservato incremento ponderale soprattutto in presenza di fattori di rischio quali anamensi per diabete, disturbi alla tiroide o adenoma pituitario. Prima di iniziare la terapia antipsicotica si raccomanda di controllare peso, altezza e indice di massa corporea del paziente.
Polmonite ab ingestis: poiché gli antipsicotici, incluso aripiprazolo, sono stati associati a disturbi della deglutizione (disfagia) e a riflusso gastrico, le persone a rischio di polmonite ab ingestis (causata dall’ingresso nelle vie respiratorie di sostanze estranee, tra cui liquidi o cibo) devono utilizzare l’aripiprazolo con cautela.
Comportamenti compulsivi: nei pazienti in terapia con aripiprazolo in rari casi possono manifestarsi corportamenti compulsivi (gioco d’azzardo, cibo, shopping, sesso). In letteratura e nel database dedicato agli eventi avversi dei farmaci della Food and Drug Administration, l’agenzia americana che si occupa di farmaci, i casi segnalati di comportamenti compulsivi associati ad aripiprazolo sono 184 da quando il farmaco è stato approvato negli USA nel novembre 2002 (negli USA, solo nel 2015 sono stati trattati con aripiprazolo 1,6 milioni di persone). I comportamenti compulsivi sono stati riscontrati in pazienti adulti e pediatrici. Il comportamento compulsivo più frequente è risultato il gioco d’azzardo (gambling) con 164 segnalazioni. Nella maggior parte dei casi, i pazienti non avevano manifestato comportamenti compulsivi precedentemente all’uso del farmaco. Se tali comportamenti dovessero manifestarsi, valutare una riduzione della dose o la sospenione della terapia (la cessazione della terapia risolve il comportamento compulsivo indotto dal farmaco) (Food and Drug Administration – FDA, 2016).
Cadute: poiché l’aripiprazolo può causare sonnolenza, ipotensione ortostatica (caduta della pressione arteriosa che si verifica nel passaggio dalla posizione sdraiata/seduta a quella in piedi) e instabilità motoria, nei pazienti a rischio di caduta valutare una dose iniziale di farmaco più bassa e il monitoraggio di eventuali sintomi.
Sonnolenza: cautela in caso di attività che richiedono attenzione e coordinazione costante (la sonnolenza è un effetto dose-dipendente dell’aripiprazolo).
Gravidanza: sebbene i dati clinici sul rischio di malformazioni e complicanze perinatali associati ad aripiprazolo siano limitati, le evidenze disponibili sembrano confermare quanto già osservato anche per altri antipsicotici atipici. Questa classe di farmaci non sembra associata ad un aumento del rischio di difetti congeniti gravi. Potrebbero esserci però delle eccezioni. Sulla base di studi preliminari in vitro e in modelli animali, l’esposizione ad aripiprazolo in gravidanza di donne con mutazioni del gene DHCR7 (gene che codifica per un enzima coinvolto nella sintesi del colesterolo) potrebbe impattare negativamente sul rischio di disturbi del neurosviluppo della prole (si stima che l’1-1,5% della popolazione sia portatore eterozigote di mutazioni del gene DHCR7) (Gennaro-Mattos et al., 2019; Korade et al., 2017). L’esposizione del feto agli antipsicotici, incluso l’aripiprazolo, durante il terzo trimestre di gravidanza aumenta il rischio di effetti extrapiramidali e/o sintomi di astinenza nel bambino dopo il parto. Nello specifico, l’aripiprazolo è stato associato a comparsa di complicanze perinatali quali distress respiratorio e ipotonia, senza conseguenze sul lungo periodo (Bellantuono et al. 2015). Come indicazione generale la terapia antipsicotica non dovrebbe essere interrotta in gravidanza nelle donne con diagnosi di schizofrenia o disturbo bipolare. L’interruzione infatti espone sia le madri che i neonati ad un aumento del rischio di complicanze ostetriche. Sia la schizofrenia che il disturbo bipolare possono essere considerati rischi indipendenti per malformazioni congenite. La schizofrenia, ma non il disturbo bipolare, è associata ad esiti neonatali peggiori (nati morti, morte neonatale o infantile, disabilità intellettiva) (Andrade, 2022; Tosato et al., 2017).
Allattamento: l’aripiprazolo è escreto nel latte materno. L’antipsicotico inoltre può ridurre in modo dose-dipendente la prolattina, l’ormone che stimola la produzione del latte: sono stati segnalati casi di interruzione nella produzione di latte, così come espisodi di ginecomastia e galattorrea. Inoltre sono stati riportati perdita di peso o incremento ponderale ridotto in neonati allattati da donne che assumevano aripiprazolo. In caso di allattamento è preferibile utilizzare un farmaco alternativo (LactMed, 2022).
Lattosio: alcune specialità medicinali a base di aripiprazolo contengono lattosio. Le persone con problemi ereditari di intolleranza al galattosio, o con deficit totale di lattasi (enzima che scinde il lattosio nei suoi componenti primari) o con malassorbimento di glucosio-galattosio non possono assumere medicinali contenenti lattosio.
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