L’alfuzosin è un derivato chinazolinico, approvato per il trattamento dei sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna. Appartiene alla stessa famiglia delle chinazoline in cui rientrano doxazosin, terazosin e prazosin. L’alfuzosin è un antagonista non selettivo dei recettori alfa1 adrenergici (alfa litico) presenti sulla muscolatura liscia delle arteriole (recettori alfa1b) e sulla muscolatura liscia di prostata, collo della vescica e uretra prostatica (recettori alfa1a) (Schwinn, Roehrborn, 2008). I recettori alfa adrenergici comprendono diversi sottotipi, di cui i più importanti sono alfa1a, alfa1b e alfa1d. Mentre i recettori alfa1a sono gli unici presenti a livello di uretra prostatica, tutti e tre i sottotipi sono presenti a livello vascolare. Sebbene l’alfuzosin sia un alfa1 antagonista non specifico mostra una concentrazione nel tessuto prostatico maggiore rispetto a quella plasmatica nei pazienti con ipertrofia prostatica benigna e questa differente distribuzione lo caratterizza anche rispetto agli altra alfa-bloccanti (Eckert et al., 1999; Mottet et al., 2003). Nei pazienti con ipertrofia prostatica benigna il farmaco migliora i sintomi minzionli sia di tipo ostruttivo che irritativo (sintomi delle basse vie renali o LUTS, Low Urinary Tract Symptoms). L’alfuzosin non è approvato come farmaco antipertensivo.
La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile che avvolge l’uretra, il canale che consente lo svuotamento della vescica. L’ingrossamento (ipertrofia) della ghiandola, una condizione comune che si manfesta con l’età, provoca la compressione dell’uretra con conseguente aumento della resistenza al deflusso urinario, iperriflessia del muscolo detrusore (lo strato muscolare che avvolge la vescica), ostruzione cronica, ritenzione urinaria, incontinenza paradossale e infezioni delle vie urinarie.
Prostata, uretra prostatica e parte basale della vescica possiedono recettori alfa1 adrenergici, la cui densità aumenta (circa 9 volte) in caso di ipertrofia prostatica benigna (Nasu et al., 1996). Nel ratto, l’alfuzosin ha evidenziato efficacia a livello dell’uretra a dosi che influenzavano i valori della pressione arteriosa, a indicare una selettività funzionale del farmaco. La selettività d’azione consente l’impiego di dosi ridotte per avere un analogo effetto terapeutico rispetto a farmaci analoghi non selettivi. Rispetto al prazosin, ad esempio, la possibilità di usare dosi inferiori ma con efficacia simile sui sintomi urogenitali si traduce in una minor incidenza di effetti collaterali vascolari quali ipotensione ortostatica e sincope (svenimento), a scapito però di una incidenza più alta di tachicardia riflessa (Wilde et al., 1993).
Nei pazienti con ipertofia prostatica benigna, l’alfuzosin migliora lo svuotamento della vescica, favorendo il flusso urinario e aumentando il volume di urina eliminato per minzione (riduzione del volume urinario residuo). L’aumento del flusso urinario è tanto maggiore quanto più i valori iniziali sono bassi (<10 ml/sec). Il miglioramento della funzionalità delle basse vie urinarie si traduce con un miglioramento dei sintomi di tipo irritativo (disuria, aumento della frequenza della minzione, incontinenza) e ostruttivo (minzione faticosa, sensazione di svuotamento incompleto della vescica). Dopo 2 anni, la somministrazione di alfuzosin a rilascio prolungato ha determinato una riduzione di 7 punti (38,5%) del punteggio del questionario IPSS (International Prostatic Sumptoms), che serve a valutare i sintomi uraniri, e il 57% dei pazienti ha evidenziato un miglioramento entro le prime 2 settimane di terapia (Elhilai et al., 2006).
Nei trial clinici randomizzati vs placebo, gli eventi avversi, inclusi quelli dovuti a vasodilatazione, sono risultati simili tra i due gruppi di trattamento (Buzelin et al., 1997: Wilde et al., 1993; Jardin et al., 1991). In pazienti giovani, la somministrazione di alfuzosin a rilascio prolungato non ha influenzato né i valori di pressione arteriosa nè la frequenza cardiaca (Mondaini et al., 2006). La selettività funzionale dell’alfuzosin era emersa anche in uno studio osservazionale multicentrico precedente, che aveva utilizzato la formulazione a rilascio prolungato (5 mg due volte al giorno), in cui la distribuzione degli eventi avversi da vasodilatazione, cosi come quelli non correlati a vasodilatazione, risultavano indipendenti dalldell’età dei pazienti con undell’incidenza di ipotensione ortostatica piuttosto bassa (0,58%) (Sanchez-Chapado et al., 2000 e 2000a).
In uno studio che ha confrontato le due formulazioni di alfuzosin, rilascio immediato (2,5 mg tre volte al giorno) e rilascio prolungato (10 mg una volta al giorno), l’incidenza di eventi avversi è risultata inferiore con la formulazione a rilascio prolungato (6,3% vs 9,4%); nel gruppo trattato con alfuzosin una sola volta al giorno non sono stati riportati disfunzioni sessuali specifiche, come ad esempio disturbi dell’eiaculazione (van Kerrebroeck et al., 2000).
In uno studio multicentrico condotto negli USA, l’alfuzosin a rilascio prolungato ha indotto un leggero miglioramento della funzione erettile nei pazienti con disfunzione al basale, in tutti gli altri pazienti il farmaco ha migliorato la funzione erettile nei pazienti con LUTS e/o ipertrofia prostatica solo mantendo una funzione eiaculatoria stabile (Rosen et al., 2007). Il meccanismo con cui l’alfuzosin riduce la disfunzione sessuale non è chiaro, le ipotesi vanno dal miglioramento della qualità di vita, ad un effetto diretto sulla via di trasduzione del segnale del recettore alfa1 adrenergico, e/o ad effetti circoscritti al recettore alfa 1 che comporta una riduzione del volume dell’eiaculato per rilassamento del collo della vescica e/o riduce la contrazione delle vescicole seminali e la progressione dello sperma (Becker et al., 2002; Giuliano et al., 2004).
Nel trattamento dei sintomi delle basse vie urinarie legati all’ipertrofia prostatica, l’alfuzosin è stato confrontato in studi clinici randomizzati con tamsulosin (3 studi), doxazosin (1 studio), tamsulosin o silodosina (2 studi). L’alfuzosin è stato valutato anche in combinazione con finasteride (1 studio clinico randomizzato), con propiverina (2 studi) e con inibitori della 5-fosfodiesterasi (2 studi). Rispetto al tamsulosin, l’alfuzosin ha evidenziato efficacia terapeutica simile nel migliorare i sintomi urinari e i parametri di flussimetria, a fronte di un’incidenza di eventi avversi di tipo sessuale minore in uno dei tre studi considerati (Manohar et al., 2017; Nordling, 2005; Buzelin et al., 1997a). L’alfuzosin ha evidenziato efficacia e tollerabilità simile a silodosina, efficacia inferiore a doxazisin in termini di miglioramento del punteggio IPSS e volume residuo post-minzionale (PVR), ma maggiore tollerabilità (de Reijke, Klarskov, 2004).
Negli studi di associazione con altre classi di farmaci attivi sui sintomi delle vie urinarie inferiori e/o sull’ipertrofia prostatica benigna, l’alfuzosin è risultato più efficace della finasteride in termini di variazione del punteggio IPSS, mentre la combinazione dei due farmaci non ha portato un beneficio clinico aggiuntivo se non l’assenza di disturbi dell’eiaculazione, che invece possono comparire con la finasteride (Siddique et al., 2018; Debruyne et al., 1998).
L’associazione dell’alfuzosin con la propiverina, antagonista del recettore muscarinico, non ha determinato un miglioramento ulteriore in termini di punteggio IPSS, qualità di vita, flusso urinario e volume residuo post-minzionale (PVR) in pazienti con vescica iperattiva e sintomi ostruttivi (Cho et al., 2014; Bae et al., 2011). La combinazione dei due farmaci è stata però associato ad un miglioramento dei problmi legati alla fase di riempimento della vescica (urgenza e frequenza urinaria eccessiva, necessità di urinare di notte, incontinenza).
In associazione a tadalafil (10 o 20 mg) o sildenafil (25 o 50 mg), inibitori della 5-fosfodiestaerasi, l’alfuzosin è risultato associato ad un miglioramento sia dei sintomi urinari sia di quelli sessuali a fronte di una buona tollerabilità (non è stato osservato un aumento di reazioni avverse) nei pazienti con sintomi delle basse vie urinarie o ipertrofia prostatica benigna e disfunzione erttile (Kumar et al., 2014; Ozturk et al., 2012; Liguori et al., 2009; Kaplan et al., 2007).
Stent uretrali
Nei pazienti sottoposti all’impianto di stent ureterali, l’alfuzosin migliora il dolore, con effetti meno significativi sui sintomi urinari (Bellos et al., 2023). Sulla base di dati indiretti di comparazione tra farmaci alfa litici, l’alfuzosin e il terazosin sembrerebbero migliori di tamsulosin nel ridurre la sintomatologia dolorosa (He et al., 2016).
Calcoli uretrali
In pazienti con calcoli uretrali (dimensioni uguali o inferiri a 10 mm), l’alfuzosin (10 mg/die) ha aumentato il tasso di espulsione dei calcoli, ridotto il tempo di espulsione e gli episodi di dolore (Ibrahim et al., 2013; Ahmed, Al-Sayed, 2010). In uno studio clinico di confronto, l’alfuzosin è risultato meno efficace del tamsulosin per tasso di espilsione dei calcoli (Ibrahim et al., 2013).
Parkinson
L’alfuzosin, così come anche terazosin e prazosin, stimolano la glicolisi, un processo metabolico che produce energia, per ettivazione dell’enzima PGK1. Il tamsulosin, altro farmaco alfa litico, non presenta questa proprietà. Studi su modelli animali di malattia di parkinson suggeriscono l’ipotesi che i farmaci alfa litici che potenziano la glicolisi possano ridurre il rischio o rallentare lo sviluppo della malattia neurologica. La capacità di stimolare la produzione di energia nel neurone, osservata ad esempio con il terazosin in modelli animali, è stata associata al miglioramento della soppravvivenza della cellula nervosa stessa e ad un incremento dei livelli di dopamina con effetti positivi sulla funzionalità motoria. In uno studio di coorte che ha controntato alfuzosin, prazosin o terazosin con tamsulosin, in pazienti in terapia con questi farmaci per sintomi minzionali da ipertrofia prostatica benigna o LUTS, è emerso che la somministrazione di alfuzosin/prazosin/terazosin era associata ad un minor rischio di sviluppare parkinson rispetto al tamsulosin, e che questo rischio diminuiva all’aumentare della durata del trattamento con i farmaci alfa litici. Lo studio ha preso come base dati i registri nazionali danesi e il Truven database che contiene informazioni sanitarie su milioni di pazienti statunitensi (Simmering et al., 2021).