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Acido Valproico

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Farmacologia - Come agisce Acido Valproico?

L’acido valproico è un farmaco antiepilettico efficace nel trattamento di diverse forme di epilessia in pazienti adulti e pediatrici.

Il meccanismo d’azione del valproato non è ancora completamente conosciuto, ma è stato osservato come il farmaco influenzi numerose cascate di segnali intracellulari. Per capire meglio i meccanismi alla base delle sue attività terapeutiche ed effetti tossici sono stati condotti degli studi di correlazione struttura-attività (Terbach, Williams, 2009).

È noto che l’acido valproico incrementa l’attività del neurotrasmettitore inibitorio acido gamma-aminobutirrico (GABA). I livelli cerebrali di GABA aumentano, infatti, in seguito all’inibizione indotta dal valproato dell’enzima GABA transaminasi, uno degli enzimi responsabili della degradazione del GABA. Il sistema GABAergico possiede un ruolo inibitorio bilanciando l’eccitazione neuronale nel cervello. Quando questo effetto inibitorio viene meno si verifica un’eccessiva stimolazione dei circuiti neuronali che può portare alla comparsa di sintomi convulsivi. Il GABA rappresenta pertanto uno dei target della terapia antiepilettica (Ghodke-Puranik, 2013).

Un altro modo per ridurre l’ipereccitazione neuronale sta nella riduzione del rilascio o dell’attività di amminoacidi eccitatori, coinvolti in cascate eccitatorie (Perucca, 2002).

Altro obiettivo possibile sono i canali del sodio voltaggio-dipendenti che permettono il passaggio di ioni sodio attraverso la membrana plasmatica della cellula, provocando l’innesco del potenziale d’azione e quindi l’eccitazione del neurone. L’acido valproico contrasta questo meccanismo bloccando il canale ionico. Anche i canali del calcio vengono bloccati in maniera analoga, mentre è controversa l’azione del valproato sui canali del potassio.

L’acido valproico modula anche le trasmissione dopaminergica e serotoninergica (Perucca, 2002) e agisce sul recettore NMDA (N-metil-D-aspartato), un sottotipo del recettore del glutammato, neurotrasmettitore eccitatorio che attiva i neuroni. Potenziando sistemi inibitori (GABA) o inibendo sistemi eccitatori (es. canali ionici), il valproato ripristina il bilancio eccitazione/inibizione neuronale, che è alterato in molte patologie del sistema nervoso centrale (Loscher, 2002).

Il valproato sembrerebbe coinvolto, secondo studi recenti, nell’inibizione della famiglia di enzimi istone deacetilasi (HDAC), che porta ad un aumento di espressione di geni oncosoppressori che favoriscono l’apoptosi (morte cellulare programmata). Questo meccanismo ha potenziali implicazioni in campo oncologico e l’acido valproico potrebbe avere un ruolo come possibile agente antitumorale diretto oppure come coadiuvante di altri agenti antitumorali, promuovendo l’apoptosi selettiva di alcune cellule tumorali (Ghodke-Puranik, 2013).

L’acido valproico inibisce anche il rilascio di prolattina (Fanciullacci, Alessandri, 2003).

La molteplicità dei meccanismi cellulari che possono essere influenzati dall’acido valproico hanno portato a considerare il valproato una sorta di “panacea” in diverse condizioni patologiche, sostenuta anche da una certa “sicurezza” nell’uso (utilizzo in pazienti adulti e pediatrici) (Terbach, Williams, 2009).

La comprensione sempre più precisa dei meccanismi d’azione che sottendono all’uso dell’acido valproico sono importanti anche per individuare potenziali interazioni farmacologiche e per far luce sugli effetti farmacocinetici e farmacodinamici di eventuali varianti genomiche, individuando eventuali gruppi di pazienti a rischio (Ghodke-Puranik, 2013).

Epilessia
L’acido valproico è un farmaco antiepilettico ad ampio spettro, efficace verso tutti i tipi di epilessia: generalizzata (assenze, tonico-clonica, mioclonica), parziale (semplice, complessa, generalizzata secondaria), resistente. Questo ha reso l’acido valproico uno dei farmaci antiepilettici più prescritti al mondo.
L’efficacia dell’acido valproico è comparabile con quella della fenitoina, carbamazepina e fenobarbital, anche se la tolleranza sembra essere inferiore. Alcuni studi hanno evidenziato il ruolo del valproato, somministrato per via endovenosa, nello “status epilepticus”, associato a convulsioni e non, tanto che è utilizzato come farmaco di seconda scelta nello stato epilettico refrattario (Davis et al., 1994; Olson, Della Puppa, 1999; Perucca, 2002).

L’efficacia ad ampio spettro nei diversi tipi di epilessia deriva dall’attivazione combinata da parte dell’acido valproico di diversi segnali intracellulari (Loscher, 2002).
Tra i disordini biochimici che insorgono nell’epilessia, si verifica un deficit dei meccanismi di difesa anti-ossidanti e un aumento della perossidazione lipidica. Il valproato nell’epilessia aumenta l’azione dei sistemi antiossidanti, com’è possibile verificare attraverso il cambiamento dei livelli sierici di alcune proteine, quale il glutatione (Isik et al., 2015). Sono stati misurati i livelli plasmatici di alcuni enzimi (superossido dismutasi, glutatione perossidasi, glutatione reduttasi) in pazienti giovani epilettici (da 6 mesi ai 20 anni), trattati con valproato oltre che carbamazepina, in monoterapia o politerapia. L’attività superossido dismutasica (SOD) diminuisce, mentre quella della glutatione perossidasi (GSH-Px) aumenta soprattutto in politerapia. Anche l’enzima glutatione reduttasi diminuisce in seguito a somministrazione di acido valproico o in politerapia (Solowiej, Sobaniec, 2003). Le concentrazioni di rame, selenio, zinco, magnesio e manganese non variano in modo significativo in seguito alla terapia (Kukerci et al., 1995; Verrotti et al., 2002).

L’acido valproico è stato risultato efficace quanto gli altri farmaci antiepilettici (carbamazepina, fenitoina e fenobarbital, in monoterapia) nel trattamento dell’epilessia anche su pazienti anziani, tuttavia mancano ancora studi specifici per questo tipo di popolazione (Stephen, 2003). Nei bambini l’acido valproico ha mostrato una migliore tollerabilità rispetto a carbamazepina, fenitoina e fenobarbital nel trattamento dell’epilessia focale e ad etosuccimide nel trattamento delle assenze. Nelle assenze (o piccolo male, caratterizzato da episodi convulsivi con rapida perdita di coscienza) il valproato sembra agire riducendo il rilascio di acido gamma-idrossibutirrico (GHB), un precursore del GABA che è coinvolto in questa forma di epilessia (Loscher, 2002).

Il valproato è anche indicato nel trattamento della sindrome di Lennox-Gastaut, una forma di encefalopatia epilettica. Questa patologia, resistente a molti trattamenti farmacologici, prevede, come trattamento di prima scelta, l’acido valproico spesso associato a lamotrigina. Per il suo potenziale epatotossico, l’uso del valproato nei pazienti con epatopatie non è raccomandato. In letteratura è riportato il caso di un paziente, sottoposto a trapianto di fegato, trattato con successo con acido valproico per la sindrome Lennox-Gastaut (dose iniziale di acido valproico di 1 g/die, aumentata a 1,5 g/die) (Velizarova et al., 2011). Il valproato è anche utilizzato nella forma più precoce di questa patologia, la sindrome di West, come alternativa terapeutica alla somministrazione di ormone adenocorticotropo (ACTH) o vigabatrin in associazione alle benzodiazepine (Auvichayapat et al., 2007).
Il valproato è risultato efficace nell’epilessia associata alla sindrome di Rett (malattia neurologica congenita, caratterizzata da ritardo mentale e difetti nella coordinazione motoria), ma il suo utilizzo è stato associato ad un aumento del rischio di fratture ossee di circa tre volte nei pazienti trattati per uno o più anni di terapia (Leonard et al., 2010).

Disturbo bipolare
L’acido valproico è approvato per il trattamento degli episodi maniacali associati al disturbo bipolare, quando il litio è controindicato o non tollerato. Il Comitato per l’agenzia per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP) dell’agenzia europea che si occupa di farmaci (European Medicines Agency, EMA) ha infatti dato un parere positivo per questa indicazione terapeutica valutando i benefici clinici superiori ai rischi della terapia, considerando comunque l’acido valproico un farmaco non di prima scelta. La sua efficacia è stata provata in circa due terzi della popolazione con mania acuta. Pur essendo un farmaco di seconda scelta per la mania acuta, in categorie di pazienti più suscettibili (bambini e anziani) è preferito al litio, per il minore rischio di andare incontro a eventi avversi (Sadock et al., 2015).
Il valproato possiede un effetto meno marcato, rispetto a quello osservato in caso di mania, nel trattamento negli episodi di depressione associata a disturbo bipolare, a breve termine. E’ risultato utile nel trattamento dell’agitazione e, in misura minore, nel trattamento della disforia, sintomi che spesso si associano al fenomeno depressivo.
Nella pratica clinica l’acido valproico è associato ad un antidepressivo per stabilizzare il tono dell’umore. Può essere considerato di efficacia sovrapponibile al litio con un’incidenza minore di effetti collaterali; è risultato particolarmente utile in caso di mania disforica o mista, associata all’abuso di sostanze, attacchi di panico, nel disturbo bipolare a cicli rapidi e ultrarapidi (Sadock et al., 2015). In pazienti affetti da mania, il valproato co-somministrato con olanzapina è risultato più efficace rispetto al solo valproato nei pazienti poco responsivi alla monoterapia (la terapia combinata ha consentito ad una percentuale maggiore di pazienti di raggiungere una risposta clinica, definita come un miglioramento del punteggio della scala di mania, Young mania Rating Scale, uguale o superiore al 50%) (Tohen et al., 2002).
Il valproato ha evidenziato efficacia terapeutica anche verso altri disturbi mentali associati a disturbo bipolare: astinenza da alcol e prevenzione delle ricadute, disturbo da panico, disturbo da stress post-traumatico, disturbo di personalità, del controllo degli impulsi, agitazione comportamentale e demenza (Sadock et al., 2015).

Emicrania
Il meccanismo d’azione dell’acido valproico nel trattamento dell’emicrania non è ancora completamente chiaro. Una delle ipotesi più accreditate si basa su un aumento indotto dal valproato del legame dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA) al suo recettore canale GABAa, la cui attivazione è stata associata ad una riduzione dell’infiammazione neurogenica delle meningi, che si pensi causi il dolore dell’emicrania. Altre ipotesi si rifanno agli effetti di questo neurotrasmettitore sui sistemi serotoninergico e dopaminergico (Fanciullacci, Alessandri, 2003).
La Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia americana che si occupa di farmaci ha approvato il complesso acido valproico/valproato sodico (in rapporto 1:1), noto con il nome di divalproex sodio, per la profilassi dell’emicrania (alla dose iniziale di 250 mg, eventualmente incrementabile fino a 1000 mg) (Shelton, Connelly, 1996). Diversi studi clinici hanno confermato l’efficacia e la sicurezza dell’uso dell’acido valproico e del suo sale come terapia di profilassi anche nei bambini e negli adolescenti (Caruso et al., 2000; Apostol et al., 2009; Apostol et al., 2009a). Un trattamento di sei mesi con acido valproico ha ridotto in modo significativo la frequenza degli attacchi di emicrania e del numero di giorni /mese con mal di testa. I benefici clinici sono risultati maggiori in pazienti trattati con le dosi minori di acido valproico (500-600 mg/die), corrispondenti a bassi livelli sierici (<50 mcg/mL) (Kinze et al., 2001; Sorensen, 1988).
Per il trattamento di attacchi acuti di emicrania il valproato è raccomandato come farmaco di seconda scelta; sono stati osservati benefici clinici maggiori con la somministrazione per via endovenosa risultati nei pazienti trattati con valproato per la profilassi (Waberzinek et al., 2007). In uno studio di confronto fra sodio valproato somministrato per via endovenosa (400 mg) e sumatriptan somministrato per via sottocutanea (6 mg), il valproato ha evidenziato un’efficacia sovrapponibile al triptano nel ridurre il dolore da emicrania con una minor incidenza di effetti collaterali (Rahimdel et al., 2014).

Ictus ischemico
Alcune evidenze scientifiche suggeriscono un possibile ruolo dei farmaci stabilizzatori dell’umore, tra cui il valproato, nel trattamento dell’ictus ischemico. Da studi in vitro e in vivo, l’acido valproico ha evidenziato un effetto inibitorio verso una particolare classe di proteine, le proteine istone deacetilasi (HDACs) (Wang et al., 2011). Attraverso il legame alle proteine istone deacetilasi il valproato è risultato indurre un effetto neuroprotettivo nell’ischemia cerebrale. L’acido valproico è risultato indurre effetti protettivi verso la morte cellulare programmata (azione anti-apoptotica), ridurre l’eccitotossicità (soppressione della neurotossicità mediata dl glutammato come effetto indiretto del legame con le proteine istone deacetilasi), esercitare effetti anti-infiammatori, pro-angiogenici e neurogenetici. Inoltre è risultato contribuire a mantenere integra la barriera ematoencefalica e influenza la migrazione di cellule staminali verso i siti di danno tissutale (Wang et al., 2011). In un modello di ictus in vivo, infatti, il valproato ha facilitato la migrazione di cellule staminali mesenchimali verso la zona ischemica, con effetti positivi sull’area necrotizzata (riduzione dell’area) e sul processo di angiogenesi. Il meccanismo d’azione dell’acido valproico è legato ad un aumento dell’espressione del recettore delle chemochine CXC4 e della metalloproteinasi 9 della matrice (le chemochine sono proteine la cui funzione principale è il reclutamento dei linfociti nei siti di infiammazione; le metalloproteinasi sono una famiglia di enzimi che degradano le proteine della matrice extracellulare e che partecipano ai processi di rimodellamento dei tessuti) (Tsai et al., 2011).

Oncologia, HIV e malattie neurodegenerative
L’azione inibitoria sulle proteine istone deacetilasi è alla base, secondo studi recenti, del ruolo potenziale dell’acido valproico come coadiuvante nella terapia del cancro, del virus dell’immunodeficienza e di alcune malattie neurodegenerative (malattia di alzheimer) (Ghodke-Puranik, 2013).
In modelli animali del morbo di Alzhemeir, l’acido valproico ha evidenziato effetti di neuroprotezione riducendo il deficit della memoria e la formazione di placche senili di beta amiliode che stimolano il processo di apoptosi dei neuroni. Il valproato è risultato capace di indurre processi di neurogenesi dai progenitori neurali e cellule staminali e limitare la morte dei neuroni modificando l’espressione genica di proteine implicate nell’apoptosi cellulare (Long et al., 2013; Zhang et al., 2010).
Nei pazienti positivi per il virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV) l’incidenza di convulsioni ricorrenti può arrivare fino all’11%. Le cause sono molteplici: infezioni opportunistiche, tumori, la stessa infezione da HIV, disordini metabolici e terapia farmacologica. La somministrazione di acido valproico è risultata efficace nel ridurre l’insorgenza di crisi convulsive in pazienti in terapia antiretrovirale (HAART, Highly active antiretroviral therapy) (Yacoob et al., 2011).

Sindrome del vomito continuo
La sindrome del vomito continuo o sindrome del vomito ciclico (SVC) è una malattia rara caratterizzata da episodi ricorrenti di nausea e vomito, che colpisce prevalentemente i bambini. La causa non è nota e il trattamento è sintomatico.
In due bambini, rispettivamente di 4 e 10 anni, l’associazione di acido valproico e fenobarbitale ha determinato la scomparsa del vomito ricorrente in assenza di effetti collaterali (acido valproico: 20-26 mg/kg/die; fenobarbitale 4-5 mg/kg/die) (Hikita et al., 2008). In un altro studio clinico di piccole dimensioni, 13 pazienti, l’acido valproico è stato somministrato alla dose di 10-40 mg/die/kg come terapia di profilassi. I pazienti, tutti in età pediatrica presentavano episodi di vomito ricorrente tale da richiedere l’ospedalizzazione. Dei 13 pazienti, due sono andati a risoluzione completa dei sintomi, 9 hanno evidenziato un miglioramento dei sintomi (riduzione della frequenza degli attacchi e della gravità del vomito) e due non hanno risposto alla terapia con valproato. In 4 pazienti, la riduzione della dose di antiepilettico è stata associata a ricaduta (Hikita T et al., 2009).

Schizofrenia
L’acido valproico è utilizzato (uso off label, non approvato) nei pazienti con schizofrenia, in particolare tra i più giovani. Il farmaco non è efficace nel trattare i sintomi psicotici in monoterapia ma, se associato ad altri farmaci antipsicotici, coadiuva nell’accelerare la risposta terapeutica dei pazienti con schizofrenia o disturbo psicoaffettivo (Sadock et al., 2015).

Analgesia
L’acido valproico è utilizzato per attenuare la sintomatologia dolorosa in caso di dolore neuropatico cronico e fibromialgia, anche se queste indicazioni non sono comprese nell’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco. Alcuni studi hanno riportato un’efficacia significativa del valproato in caso di dolore neuropatico associato a diabete e nevralgia post-herpetica, rispetto al placebo. Tuttavia i dati sono ancora insufficienti per stabilire una significatività statistica; il trattamento con valproato ha portato ad effetti collaterali quali sonnolenza, nausea e i test di funzionalità epatica sono risultati fuori dalla norma (Gill et al., 2011).

Abuso di alcol
L’acido valproico, potenziando l’attivazione dei recettori GABA-A, che sono spesso down-regolati negli alcolisti in astinenza, può aiutare a impedire le ricadute nell’abuso di alcol. Uno studio retrospettivo ha valutato l’effetto di quattro diverse concentrazioni di acido valproico (<10, 10-30, 31-50, > 50 mg/ml) nel mantenere l’astinenza dall’alcol, verificata con l’analisi del marker CDT (transferrina carboidrato carente), di alcuni pazienti in terapia per la disassuefazione. È stato osservato che la concentrazione di acido valproico tra 31 e 50 ng/mL (minore di quella accetta per l’epilessia (50-100 mcg/ml) è risultata efficace nel mantenere l’astinenza quanto la dose più alta somministrata, con un profilo di tollerabilità migliore (De Iullis et al., 2016).