L’acido valproico è un acido carbossilico (pKa=4,8) avente una catena lipofilica idrocarburica corta, con una sola ramificazione. Nello stomaco viene convertito rapidamente in forma acida, che si ionizza a pH fisiologico (pH=7 circa). Per questo motivo non ci sono differenze di efficacia tra le varie formulazioni farmaceutiche disponibili in commercio, per la somministrazione orale (rilascio immediato e rilascio prolungato) e parenterale. Il preparato Depakote è una forma farmaceutica a rilascio ritardato, in cui la struttura dell’acido valproico è stata modificata per regolare nel tempo il rilascio del principio attivo. La formulazione, infatti, prevede nell’intestino la conversione da semisodio valproato a due molecole di acido valproico (Olson, Della Puppa, 1999; Sadock et al., 2015).
L’acido valproico presenta una struttura molecolare tale che in tutte le forme in cui viene somministrato viene assorbito completamente e rapidamente dal tratto gastrointestinale entro 1 o 2 ore dalla somministrazione. Le caratteristiche di dissoluzione e la velocità di assorbimento dipendono dalla singola formulazione farmaceutica (Perucca, 2002). Il picco di concentrazione plasmatica viene raggiunto dopo 4-5 ore. Per questi motivi l’acido valproico ha una rapida insorgenza d’azione (Sadock et al., 2015). Non sono disponibili dati sull’entità di assorbimento per via orale nei soggetti più anziani (Stephen, 2003). Formulazioni a rilascio prolungato, somministrate una o due volte al giorno, mantengono costanti nelle 24 ore le concentrazioni plasmatiche di farmaco (Perucca, 2002); la concentrazione massima di picco (Cmax) è minore e viene raggiunta in un tempo maggiore (7 ore) rispetto alle formulazioni a rilascio immediato (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2015).
L’acido valproico si lega quasi completamente alle proteine plasmatiche (87-95%) e presenta un volume di distribuzione limitato (0,13-0,22 L/kg) perché rimane nel sangue e nello spazio extracellulare. I siti di legame delle proteine vengono saturati per concentrazioni plasmatiche di acido valproico uguali o superiori a 90 mcg/ml. Oltre questo valore la concentrazione di farmaco in forma libera aumenta determinando un incremento del volume di distribuzione.
Il farmaco in forma libera è la parte farmacologicamente attiva, che permea la barriera ematoencefalica; la concentrazione del farmaco nel liquido cerebrospinale, infatti, corrisponde alla concentrazione plasmatica del farmaco libero (Olson, Della Puppa, 1999).
Lo steady-state viene raggiunto in 3-4 giorni dopo la somministrazione orale dell’acido valproico; in pochi minuti dopo quella endovenosa, mantenuta costante per infusione (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2015).
L’emivita dell’acido valproico è variabile da 9 a 18 ore, con una media di 10,6 ore e una clearance di 6-20 ml/h/kg. Il tempo di emivita può essere ridotto (5-12 ore) in caso di co-somministrazione con farmaci induttori del metabolismo del valproato (fenitoina, carbamazepina, barbiturici). In caso di sovradosaggio acuto l’emivita può aumentare fino a 30 ore, in cui possono essere raggiunte concentrazioni plasmatiche >1000 mcg/ml, che possono non rientrare nell’intervallo terapeutico anche per tre giorni (Olson, Della Puppa, 1999).
I valori dei parametri di volume di distribuzione, emivita e clearance totale non cambiano tra pazienti giovani e anziani (Ghodke-Puranik, 2013; Perucca, 2002; Stephen, 2003).
Il metabolismo dell’acido valproico avviene in gran parte a livello del fegato, dove il farmaco viene coniugato con l’acido glucuronico di (processo di glucuronidazione) da parte di enzimi glucuronosil-transferasi appartenenti alla sottofamiglia UGT1A e UGT2B. Il glucuronide dell’acido valproico rappresenta il metabolita presente in maggior quantità, (30-50%). L’acido valproico, in parte, viene anche metabolizzato dai mitocondri attraverso la beta-ossidazione e, una frazione minore (10%) viene ossidato dalla famiglia enzimatica del citocromo P450 a idrossiderivato (in particolare CYP2C9) (Ghodke-Puranik et al., 2013). Alcuni metaboliti, generati dal processo di beta-ossidazione mitocondriale, sono risultati epatotossici e generano steatosi e alterazioni mitocondriali (Tang et al., 1995).
Dal metabolismo del valproato originano 16 composti, di cui l’acido 2-propil-2-pentenoico (2-ene-VPA) possiede anch’esso attività anticonvulsivante e l’acido 2-propil-4-pentenoico (4-ene-VPA) possiede un potenziale epatotossico. L’enzima citocromo P450 2C9 è coinvolto nella produzione del metabolita tossico 4-ene-VPA e un suo polimorfismo, portando a variazione dell’attività enzimatica, può indurre una minor sintesi di 4-ene-VPA (Amini-Shirazi et al., 2010; Ghodke-Puranik et al., 2013). La politerapia dell’acido valproico con fenitoina o carbamazepina porta ad un aumento della produzione di 4-ene-VPA, mentre l’epatotossicità dovuta a questo metabolita diminuisce per co-somministrazione di inibitori del CYP450, quali l’antiepilettico stiripentolo (Levy et al., 1990).
L’estratto di gingko biloba inibisce il metabolismo ossidativo degli enzimi CYP2C9, CYP2A6, CYP2B6 inducendo una riduzione della formazione del metabolita tossico dell’acido valproico, l’acido 2-propil-4-pentenoico (4-ene-VPA) (Numa et al., 2007; Ghodke-Puranik et al., 2013).
La quantità di metabolita epatotossico dipende, oltre che dalla co-somministrazione di altre sostanze (che possono favorire o ridurre il processo di sintesi) anche dalla dose di acido valproico somministrata. Poiché esiste una correlazione tra dose di valproato ed entità di clearance epatica (quest’ultima diminuisce in modo dose-dipendente), la concentrazione del metabolita 4-ene-VPA è risultata aumentare in maniera dose-dipendente (Anderson et al., 1992).
Sono note alcune varianti genomiche che influenzano il metabolismo dell’acido valproico con conseguenti effetti di efficacia e/o tossicità. Tuttavia gli studi sono ancora limitati in quanto il numero dei pazienti valutati è piccolo e non rappresentativo di tutte le fasce di età. Nella popolazione pediatrica ad esempio fattori legati allo sviluppo portano a livelli di espressione più bassi degli enzimi UDP-glucuronosiltransferasi (UGT), che catalizzano il processo di glucuronidazione dell’acido valproico (principale via metabolica del valproato negli adulti) con la conseguenza che una quantità maggiore di farmaco è metabolizzata da altri sistemi enzimatici che sono quelli responsabili della formazione di metaboliti epatotossici (maggior rischio di epatotossicità nella popolazione pediatrica).
Sono stati individuati inoltre diversi polimorfismi (mutazione genetica a carico di un singolo nucleotide, responsabile della presenza di differenti fenotipi in una popolazione) a carico di alcuni geni della superfamiglia del citocromo P450 (CYP2A6, CYP2B6, CYP2C9), che influenzano i cambiamenti di concentrazione plasmatica di acido valproico (Tan et al., 2010). Diverse varianti alleliche dell’enzima CYP2C9 sembrano essere responsabili dell’efficienza con cui si forma il metabolita tossico 4-ene-VPA, in proporzione alla quantità di metaboliti inattivi (4-OH-VPA, 5-OH-VPA) (Ho et al., 2003).
L’acido valproico, a differenza di altri farmaci antiepilettici, non è un induttore enzimatico del citocromo P450 e influenza quindi le concentrazioni plasmatiche dei farmaci metabolizzati dagli enzimi citocromiali (es: contraccettivi orali).
In seguito a glucuronidazione e beta-ossidazione l’acido valproico è escreto nelle urine (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2015).