L’olanzapina è indicata per il trattamento della schizofrenia nei pazienti adulti. Nei pazienti stabilizzati con il trattamento orale è possibile passare ad una terapia di mantenimento intramuscolare a lento rilascio con olanzapina pamoato. (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia dell’olanzapina nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)
L’olanzapina è controindicata in caso di ipersensibilità. (leggi)
L’olanzapina non è raccomandata per il trattamento di comportamenti psicotici nei pazienti con demenza perchè associata ad un aumento di ictus e morte improvvisa. (leggi)
L’olanzapina antagonizza l’effetto dei farmaci agonisti dopaminergici. (leggi)
Gli effetti collaterali più comuni con olanzapina, sia orale sia long-action, comprendono aumento di peso, insonnia, ansia, sonnolenza e mal di testa. (leggi)
In caso di sovradosaggio di olanzapina sono stati riportati tachicardia, agitazione
psicomotoria, ipertensione, miosi, perdita di conoscenza e coma.
(leggi)
L’olanzapina è un farmaco antispicotico “atipico” o di seconda generazione. L’olanzapina è indicata per il trattamento della schizofrenia, degli episodi di mania nei pazienti con disturbo bipolare e dell’agitazione psicomotoria presente nei pazienti con schizofrenia o disturbo bipolare. (leggi)
La farmacocinetica dell’olanzapina segue una cinetica lineare e proporzionale alla dose quando somministrate alle dosi terapeutiche. (leggi)
La formula bruta di olanzapina è C17H20N4S. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata a olanzapina sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Olanzapina è prescrivibile nelle specialità commerciali Farpenta, Lazapir, Olanzapina, Olanzapina Mylan, Olanzapina Pensa, Olazax, Zalasta, Zyprexa, Zyprexa Velotab, Zypadhera. (leggi)
L’olanzapina è un farmaco antipsicotico impiegato nel trattamento della schizofrenia, degli episodi di mania associati a disturbo bipolare e in associazione a fluoxetina nel trattamento della depressione bipolare. La via di somministrazione usuale è quella orale. L’olanzapina può essere somministrata per via intramuscolare nel trattamento acuto dell’agitazione psicomotoria in pazienti schizofrenici o bipolari come olanzapina a rilascio immediato e nel trattamento della schizofrenia come olanzapina long action in pazienti già stabilizzati con olanzapina orale.
In Italia, il farmaco non è approvato in pazienti con meno di 18 anni. Negli USA, l’agenzia regolatoria Food and Drug Administration ha approvato l’olanzapina per il trattamento della schizofrenia e degli episodi maniacali nei ragazzi di età compresa fra 13 e 17 anni.
Usi off label (non autorizzati) di olanzapina comprendono la somministrazione del farmaco per trattare comportamenti psicotici in pazienti anziani con demenza e, in caso di anoressia nervosa, per stimolare l’appetito e attenuare disturbi comportamentali di tipo ossessivo (pochi gli studi clinici che hanno evidenziato benefici clinici positivi per olanzapina; il ruolo del farmaco in questo ambito è controverso).
La dose abituale di olanzapina orale è di 10-15 mg al giorno, variabile a seconda della risposta del paziente in un intervallo compreso fra 2,5 e 20 mg/die. Per quanto riguarda l’olanzapina long action (olanzapina pamoato), la dose può variare da 150 a 405 mg ogni 2-4 settimane a seconda della terapia di mantenimento con olanzapina orale e della risposta del paziente. Nei pazienti anziani e nei pazienti con insufficienza renale o epatica, la dose iniziale di olanzapina deve essere la più bassa possibile.
L’olanzapina è controindicata in caso di ipersensibilità e di glaucoma ad angolo acuto.
Nei pazienti con demenza o con Parkinson l’uso di olanzapina non è raccomandato. Nel primo caso la somministrazione del farmaco è stata associata ad un aumento del rischio di mortalità e di eventi cerebrovascolari. Nel secondo caso, sono stati osservati peggioramento della malattia, in particolare dei sintomi motori, e aumento delle allucinazioni.
La somministrazione di olanzapina richiede cautela nei pazienti a rischio di convulsioni (il farmaco abbassa la soglia convulsiva), di ipotensione ortostatica (nei pazienti anziani si può avere un aumento del rischio di cadute accidentali), di prolungamento dell’intervallo QT (l’olanzapina può raramente indurre prolungamento dell’intervallo QT), nei pazienti a rischio di leucopenia, neutropenia, agranulocitosi (il farmaco ne può favorire la comparsa), nei pazienti con ileo paralitico o ipertrofia prostatica (per il rischio di effetti anticolinergici del farmaco).
Gli effetti collaterali più evidenti di olanzapina sono l’aumento di peso (l’olanzapina rappresenta l’antipsicotico con rischio maggiore per aumento di peso corporeo) e gli effetti metabolici (diabete, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) che attribuiscono al farmaco un impatto globale negativo sul profilo cardiometabolico rispetto ad altri antipsicotici.
Per quanto riguarda l’aumento di peso, il rischio aumenta dopo somministrazione prolungata. Aumenti clinicamente significativi, cioè uguali o maggiori del 7% rispetto al valore iniziale, sono stati osservati in circa il 40% dei pazienti in terapia cronica con olanzapina. Nelle popolazione pediatrica, l’aumento di peso corporeo è risultato maggiore rispetto alla popolazione adulta per analoghe esposizioni al farmaco.
Per quanto riguarda invece gli effetti prodiabetici di olanzapina, negli studi clinici l’olanzapina è stata associata ad un aumento del 16% del rischio di diabete di nuova diagnosi rispetto agli altri antipsicotici atipici e ad un rischio di iperglicemia 4 volte quello osservato con gli antipsicotici tradizionali. Nei pazienti in terapia con olanzapina la glicemia deve essere controllata dopo 12 settimane dall’inizio del trattamento, quindi una volta all’anno; il controllo degli zuccheri nelle urine deve essere effettuato ogni tre mesi e devono essere monitorati i sintomi riconducibili a diabete quali sete intensa e aumento della produzione di urina nelle 24 ore. Poichè in alcuni pazienti in terapia con olanzapina l’aumento repentino di peso corporeo potrebbe aver rappresentato un fattore predisponente allo sviluppo di diabete, andrebbe monitorato anche il peso corporeo.
L’olanzapina è stata associata ad un aumento dei livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi sia nei pazienti adulti sia nei ragazzi. Poichè l’aumento dei lipidi plasmatici rappresenta un fattore di rischio metabolico, l’andamento di colesterolo e trigliceridi dovrebbe essere periodicamente controllato.
Uno degli effetti collaterali tipici degli antipsicotici è rappresentato dall’aumento dei livelli plasmatici di prolattina per gli effetti antagonisti sul recettore dopaminergico D2. L’olanzapina ha evidenziato effetti minimi sulla prolattina nella popolazione adulta, mentre nella popolazione pediatrica (13-17 anni) gli incrementi sono risultati più significativi.
L’altro aspetto importante sulla tollerabilità degli antipsicotici riguarda i sintomi extrapiramidali. Il maggior blocco dei recettori dopaminergici del sistema mesolimbico rispetto a quello extrapiramidale dell’olanzapina si traduce, da un punto di vista clinico, in una minor incidenza di sintomi extrapiramidali, soprattutto alle dosi medio-basse di farmaco.
Un effetto collaterale raro, ma molto grave, associato alla terapia antipsicotica è rappresentato dalla sindrome neurolettica maligna. In letteratura sono riportati diversi casi di sindrome neurolettica maligna associata a olanzapina. I sintomi più frequenti sono: ipertermia, sintomi extrapiramidali, stato mentale alterato e disfunzione del sistema nervoso autonomo. Altre manifestazioni comprendono aumento dei livelli di creatinfosfochinasi, mioglobinuria (rabdomiolisi), insufficienza renale acuta.
In caso di sovradosaggio di olanzapina sono stati riportati tachicardia, agitazione psicomotoria, ipertensione, miosi, perdita di conoscenza e coma. Dall’analisi dei dati disponibili su pazienti ricoverati per intossicazione da olanzapina, gli effetti collaterali prevalenti sono risultati essere quelli a carico di cuore e sistema nervoso centrale. Inoltre sono stati osservati sintomi “opposti” come ad esempio coma e agitazione psicomotoria, iper e ipotensione, tachicardia e bradicardia, miosi e midriasi. Raramente si è verificata morte del paziente, anche in caso di avvelenamento grave.
In gravidanza, la somministrazione di olanzapina richiede un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. I dati di letteratura in merito sono pochi e relativi a case report. L’analisi di database relativi all’impiego del farmaco in gravidanza (Lilly Worldwide Pharmacovigilance Safety Database, National Teratology Information Service) hanno dato esiti contrastanti circa un eventuale rischio di malformazioni congenite e aborto imputabili al farmaco. In uno studio relativo all’esposizione ad aloperidolo, olanzapina, risperidone e quetiapina in gravidanza, è emersa una tendenza maggiore per i bambini esposti a olanzapina ad avere basso peso alla nascita e ad essere ricoverati in unità di cura intensiva. L’olanzapina è risultato l’antipsicotico con passaggio transplacentare più alto, seguita da aloperidolo, risperidone e quetiapina.
L’esposizione neonatale all’olanzapina durante l’allattamento è minima (quota di farmaco che passa nel latte: <1% della dose materna). Dai dati del Lilly Worldwide Pharmacovigilance Safety Database, più dell’80% dei bambini esposti al farmaco durante l’allattamento non ha evidenziato effetti collaterali; sonnolenza è stata osservata nel 3,9% dei bambini, mentre irritabilità, tremore e insonnia nel 2%.
L’olanzapina come molti altri farmaci può presentare interazioni farmaco-farmaco con i farmaci agonisti dopaminergici (attività farmacologica opposta), con le benzodiazepine (la co-somministrazione parenterale può indurre sedazione eccessiva e depressione cardiorespiratoria), con diazepam o etanolo (potenziamento degli effetti di ipotensione ortostatica), con fluvoxamina e altri farmaci inibitori dell’enzima citocromiale CYP1A2 (aumento dei livelli plasmatici di olanzapina per inibizione farmacometabolica), con farmaci che inducono prolungamento dell’intervallo QT (effetto additivo), con litio e valproato 8aumento dell’incidenza di neutropenia).
Ma qual è il meccanismo d’azione dell’olanzapina?
L’effetto antipsicotico dell’olanzapina è riconducibile all’azione
antagonista sui recettori della dopamina, in particolare D2, e della serotonina,
mentre l’azione antagonista sui recettori muscarinico, istaminico e alfa
adrenergico spiega parte degli effetti collaterali anticolinergici, l’aumento
di peso, la sedazione e l’ipotensione ortostatica.
Nei pazienti con schizofrenia, l’olanzapina è risultata più efficace dell’aloperidolo (antipsicotico di prima generazione) nel trattamento dei sintomi negativi (apatia, ritiro sociale, appiattimento affettivo, impoverimento dell’eloquio) che in genere sono i più difficile da trattare.
Nel disturbo bipolare, l’olanzapina è risultata efficace sia come terapia di trattamento dell’episodio maniacale sia come terapia di mantenimento per prevenire l’insorgenza di nuovi episodi. L’efficacia del farmaco è stata osservata sia in monoterapia sia in associazione a litio o acido valproico. Una risposta positiva precoce al farmaco (entro la prima settimana) è risultata inoltre predittiva di una maggiore probabilità di andare incontro a remissione.
La farmacocinetica dell’olanzapina segue una cinetica lineare e proporzionale alla dose quando somministrate alle dosi terapeutiche. Dopo somministrazione orale, il 40% della dose di farmaco viene metabolizzato prima che il farmaco raggiunga i suoi siti d’azione (effetto di primo passaggio epatico). La presenza di cibo non altera la biodisponibilità del farmaco, pertanto l’olanzapina può essere somministrata a digiuno oppure a stomaco pieno. Quando il farmaco viene somministrato sotto forma di sale, come olanzapina pamoato, per via intramuscolare lenta, il passaggio in circolo richiede dalle 2 alle 4 settimane. Nel caso il sale sia accidentalmente somministrato sottocute o per via intravascolare, la dissociazione del sale è molto più rapida con il rischio di sovradosaggio e la comparsa di un quadro sintomatologico chiamato sindrome da sedazione e delirio post-iniezione (PDSS, post-injection sedation syndrome).
I livelli plasmatici di olanzapina non correlano con gli effetti del farmaco a livello centrale; concentrazioni stabili di farmaco (stato stazionario o steady state) sono raggiunte dopo una settimana circa dall’inizio della terapia orale. Sia la clearance plasmatica sia l’emivita del farmaco presentano elevata variabilità da un individuo e l’altro (emivita: 21-54 ore; clearance plasmatica: 12-48 ore). L’olanzapina è escreta per 2/3 con le feci e per 1/3 con le urine.
Nei pazienti pediatrici (13-18 anni) la somministrazione di olanzapina ha evidenziato
un profilo farmacocinetico sovrapponibile a quello osservato negli adulti.