La mirtazapina è indicata nel trattamento della depressione maggiore in pazienti adulti. (leggi)
Per gli adulti, la dose iniziale di mirtazapina è pari a 15-30 mg/die in un’unica somministrazione giornaliera, preferibilmente alla sera. (leggi)
La mirtazapina è controindicata in caso di ipersensibilità. (leggi)
La somministrazione di farmaci per il trattamento dei sintomi depressivi deve continuare per almeno 6 mesi per evidenziare un effetto terapeutico. (leggi)
La mirtazapine reduce l’assorbimento gastrointestinale dell’alcool. (leggi)
Gli effetti collaterali più frequenti (> 10% dei pazienti) associati alla mirtazapina comprendono: sonnolenza (54%), aumento del peso corporeo (12%), bocca secca (25%), aumento dei livelli di colesterolo (15%), costipazione (13%) e aumento dell’appetito (17%). (leggi)
In caso di sovradosaggio la mirtazapina è considerata un farmaco relativamente “sicuro”, anche se leggermente più “tossica” rispetto alla maggior parte degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) ad eccezione del citalopram. (leggi)
La mirtazapina appartiene alla classe di farmaci antidepressivi noradrenergici e serotoninergici specifici (NaSSA). (leggi)
Dopo somministrazione orale, la mirtazapina viene rapidamente assorbita dal tratto gastrointestinale. (leggi)
La formula bruta della mirtazapine è C17H19N3. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata alla mirtazapina sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Mirtazapina è prescrivibile nelle specialità commerciali Mirtazapina, Mirtazapina EG Stada, Remeron, Zapin. (leggi)
La mirtazapina è un antidepressivo di seconda generazione appartenente alla classe dei farmaci NaSSA (farmaci adrenergici serotoninergici specifici). Si tratta di farmaci che inibiscono i recettori centrali alfa2-adrenergici presinaptici, potenziando in questo modo il rilascio di noradrenalina e serotonina a livello sinaptico. Il potenziamento della trasmissione noradrenergica indotto dalla mirtazapina si traduce in un aumento generale dell’attività e del metabolismo, mentre la maggior disponibilità di serotonina è responsabile degli effetti antidepressivi del farmaco.
La mirtazapina è inoltre un potente antagonista dei recettori H1 dell’istamina, da cui l’effetto sedativo del farmaco e il suo utilizzo nell’insonnia, mentre possiede un’azione antagonista debole-moderata sui recettori periferici adrenergici alfa 1 e sui recettori muscarinici. La mirtazapina non esplica alcuna azione sulla ricaptazione di noradrenalina, serotonina e dopamina e, a differenza della maggior parte degli antidepressivi triciclici, evidenzia un effetto antagonista debole o nullo sui canali del sodio o del calcio e sui recettori colinergici.
Nel trattamento della depressione, la dose raccomandata di mirtazapina è pari a 15-30 mg al giorno nella fase iniziale della terapia, da somministrare preferibilmente alla sera in un’unica dose, in modo da sfruttarne l’azione sedativa. Dopo 2-4 settimane, se necessario, la dose puà essere aumentata fino al valore massimo di 45 mg al giorno. Se dopo altre 2-4 settimane non si osserva una risposta terapeutica apprezzabile, è indicato valutare una diversa opzione terapeutica. Poiché la mirtazapina è escreta per via renale, è possibile che nei pazienti con ridotta clearance della creatinina sia necessario aggiustare la dose di farmaco. Analogamente nei pazienti con insufficienza epatica (nei pazienti con ittero la mirtazapina non è indicata e se compare ittero durante il trattamento, il farmaco deve essere sospeso).
La mirtazapina non deve essere somministrata ai pazienti con ipersensibilità verso il farmaco e ai pazienti in terapia con MAO-inibitori.
La durata del trattamento deve essere almeno di sei mesi per poter ottenere un controllo ottimale dei sintomi depressivi. La sospensione della terpia deve avvenire in modo graduale.
La mirtazapina non è indicata nei pazienti con età inferiore ai 18 anni. Nei bambini e nei ragazzi, la somministrazione di farmaci antidepressivi è stata associata ad un aumento di comportamenti aggressivi e volti al suicidio. Nei pazienti adulti, il rischio di autolesionismo e suicidio, connesso al tipo di patologia, la depressione, deve essere tenuto in considerazione fino a quando il farmaco non manifesta un effetto terapeutico completo.
La mirtazapina deve essere somministrata con cautela in caso di epilessia, patologie cardiovascolari, ipotensione (aumento del rischio di cadute nei pazienti anziani), diabete mellito (alterato controllo della glicemia), disturbi psicotici (peggioramento dei sintomi), disturbo bipolare (passaggio alla fase maniacale), patologie che possono peggiorare in caso di somministrazione di farmaci con effetti anticolinergici quali ipertrofia prostatica, disturbi della minzione, glaucoma ad angolo chiuso, ipertensione oculare (con mirtazapina il rischio dovrebbe essere minimo dato che il farmaco possiede un debole effetti anticolinergico).
Anche il potenziale di interazione farmacologica deve essere tenuto in considerazione quando si utilizza la mirtazapina. L’antidepressivo infatti può interferire con l’assorbimento gastrointestinale dell’alcool ed è stato associato, in studi clinici, ad interazioni clinicamente significative con l’amitriptilina, la carbamazepina, la clonidina, il diazepam, la fenitoina, la fluvoxamina, l’iperico, i farmaci che inibiscono la ricaptazione della serotonina (rischio di sindrome serotoninergica), la sertralina (rischio di aritmia ventricolare, ipomania) e il tacrolimus (ipotensione sintomatica).
Da un punto di vista della tollerabilità, gli effetti collaterali riscontrati con maggior frequenza dopo somministrazione di mirtazapina comprendono sonnolenza (54%), aumento del peso corporeo (12%), bocca secca (25%), aumento dei livelli di colesterolo (15%), costipazione (13%) e aumento dell’appetito (17%). Sebbene in minor misura, la mirtazapina può causare effetti avversi a carico del cuore (aritmie e ipotensione), del sistema nervoso, della pelle (sindrome di Stevens-Johnson, dermatite bollosa, eritema multiforme, necrolisi tossica epidermica), del sangue (depressione midollare), del sistema endocrino (prolattina e ormone antidiuretico), dell’apparato gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea, costipazione, pancreatite), dell’apparato genitourinario, dei muscoli (artralgia, mialgia) e degli occhi (visione annebbiata).
In gravidanza, dai dati di letteratura disponibili, la mirtazapina non è stata associata ad un aumento del rischio di malformazioni quando somministrata nei primi tre mesi. L’uso nel secondo e terzo trimestre potrebbe causare sintomi di astinenza nel neonato e problemi di adattamento (dati clinici limitati). La mirtazapina è considerata compatibile con l’allattamento al seno.