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Vaccino Influenza Stagionale

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Farmacologia - Come agisce Vaccino Influenza Stagionale?

Il virus dell’influenza è stato isolato per la prima volta nel 1933.
Sono distinguibili 3 gruppi: A, B, C. I tipi A e B sono responsabili delle vaste epidemie influenzali che caratterizzano annualmente la stagione invernale; il tipo C invece non risulta associato ad epidemie importanti con ricorrenza stagionale.

L’influenza si manifesta con un esordio brusco della sintomatologia, un rialzo termico (> 38°C), almeno un sintomo respiratorio (tosse, mal di gola, secrezione nasale, rinite) e almeno un sintomo sistemico (dolori muscolari, astenia, cefalea, sensazione di freddo, malessere generale e inappetenza). Il periodo di incubazione può durare dalle 24 ore ai 5-6 giorni. Le febbre, in assenza di trattamento antipiretico, può aumentare bruscamente nel corso di 24-48 ore fino a 41°C. L’età pediatrica e geriatrica possono presentare quadri più sfumati.

La vaccinazione influenzale annuale contro l’influenza A e B è il metodo più efficace per prevenire la malattia e ridurre le complicanze ad essa correlate (Fiore et al., 2008). La vaccinazione con vaccino influenzale stagionale può essere effettuata durante tutto il periodo della stagione influenzale, ma i mesi più appropriati risultano essere ottobre e novembre in quanto le epidemie si diffondono soprattutto a partire da dicembre e raggiungono il loro apice nei mesi di gennaio e febbraio.

Ogni anno la vaccinazione per l’influenza stagionale deve essere ripetuta data l’elevata variabilità della componente antigenica del virus. Per ottenere infatti la massima protezione verso l’infezione è necessario che ci sia la più stretta similarità possibile fra i ceppi virali del vaccino e quelli responsabili dell’infezione.
Gli elementi costitutivi della cellula virale che sono riconosciuti come antigeni, in grado cioè di scatenare la risposta immunitaria, comprendono due glicoproteine di superficie, l’emoagglutinina (HA) e la neuraminidasi (NA), la nucleoproteina e i polipeptidi M1 e M2 della matrice proteica. Attraverso l’emoagglutinina, il virus dell’influenza si ancora alla membrana delle cellule dell’epitelio respiratorio, mentre la neuraminidasi induce il rilascio di nuovi virioni dalle cellule infettate aprendo il varco alla proliferazione e diffusione del virus.

Le immunoglobuline sieriche del tipo IgG specifiche per la emoagglutinina virale rappresentano le maggiori responsabili della risposta immunitaria verso il virus dell’influenza (Ada, Jones, 1986): in concentrazione elevata, conferiscono protezione totale; in concentrazione più bassa prevengono o attenuano la sintomatologia in caso di avvenuta infezione.
Le immunoglobuline IgA rappresentano il marker per la risposta immunitaria a livello locale.
Circa il 10-30% dei pazienti immunizzati per via sistemica, presenta IgA nel secreto nasale; la percentuale diminuisce in caso di pazienti anziani (meno del 10%).

I virus influenzali sono caratterizzati da grande instabilità genetica e dalla capacità di modificare la struttura degli antigeni di superficie HA e NA, che permette loro di eludere la risposta immunitaria precedentemente attivata in risposta all’infezione, vanificando quindi l’immunità acquisita sia da pregresse infezioni naturali sia da copertura vaccinale. Le nuove varianti diventano parzialmente irriconoscibili da parte degli anticorpi, nella maggior parte della popolazione generale, così da rendere un ampio numero di individui suscettibile al nuovo ceppo virale influenzale. Per realizzare un’efficace azione di controllo della malattia attraverso l’immunoprofilassi vaccinale occorre procedere a un continuo aggiornamento della composizione del vaccino influenzale stagionale in concomitanza con la comparsa di nuove varianti virali. Ogni anno il vaccino viene modificato, rendendo necessaria la ripetizione della vaccinazione prima dell’inizio della nuova stagione influenzale.

Vaccino influenzale inattivato
Il vaccino per l’influenza è un vaccino inattivato, preparato con virus coltivati in embrioni di pollo ed è efficace verso i tipi A e B del virus dell’influenza.

Il vaccino influenzale inattivato può essere distinto in:
• Vaccino influenzale con virus completo.
Questo vaccino antinfluenzale è costituito da una sospensione di particelle virali intatte; purificate da eventuali endotossine batteriche derivate dal mezzo di coltura. La presentazione antigenica è ottimale, ma altrettanto reattogena. I virus influenzali sono coltivati in embrione di pollo e inattivati con formalina, beta-propiolattone o raggi UV. Nei bambini possono suscitare reazioni avverse con maggior frequenza rispetto ad altri tipi di vaccini; al di sotto dei 13 anni si dovrebbero utilizzare solamente vaccini per l’influenza di tipo split.
• Vaccino influenzale frammentato (split-virus).
Questo vaccino antinfluenzale è ottenuto trattando preparazioni contenenti virus intero con solventi e detergenti in modo da rompere la capsula fosfolipidica e solubilizzare le glicoproteine di membrana, l’emoagglutinina e la neuraminidasi.
Questo tipo di vaccino per l’influenza contiene, oltre alle glicoproteine di superficie, proteine interne e frammenti di virus. Derivando da virioni frammentati, quindi con un minor contenuto di componenti virali, è meno reattogeno del vaccino antinfluenzale a virus intero ma la presentazione antigenica è subottimale, quindi l’immunogenicità è ridotta.
• Vaccino influenzale da antigene purificato (subunit-vaccine).
Questo vaccino antinfluenzale è costituito da preparati arricchiti con emoagglutinina e neuraminidasi; presenta solo in tracce proteine interne del virus per l’influenza. Questo tipo di vaccino favorisce la tollerabilità a scapito dell’immunogenicità.

Il vaccino antinfluenzale frammentato e quello da antigene purificato presentano un potere antigenico simile, associato ad una minore probabilità di indurre reazioni febbrili rispetto al vaccino per l’influenza con virus intero, in particolare nei pazienti in età pediatrica. Il vaccino influenzale a virus intero sembra invece indurre una risposta anticorpale maggiore rispetto al vaccino frammentato nei pazienti anziani; quest’ultimo infatti sembra sopprimere la produzione di interleuchina-2 nei pazienti trattati e questo potrebbe spiegare la sua minore efficacia (McElhaney et al., 1994).

Nei pazienti giovani e negli adulti non a rischio, la somministrazione del vaccino antinfluenzale inattivato ha ridotto l’incidenza delle infezioni delle prime vie respiratorie attribuibili al virus dell’influenza (del 25%), le assenze lavorative (del 43%), e la frequenza delle visite mediche (del 44%) (Nichol et al., 1995); ha ridotto la mortalità per i pazienti a rischio e negli anziani del 25% in caso di vaccinazione antinfluenzale ripetuta annualmente.

I dati di letteratura disponibili relativi alla risposta anticorpale alla vaccinazione per l’influenza stagionale nei bambini nati pretermine sono limitati. In bambini affetti da displasia broncopolmonare, la somministrazione del vaccino influenzale ha determinato un titolo anticorpale inferiore, ma che è risultato avere effetti di immunizzazione. In bambini di età compresa fra 6 e 11 mesi (bambini nati prematuri con età gestazionale di 22-35 settimane), il vaccino influenzale stagionale è stato associato ad un titolo anticorpale sovrapponibile a quello dei bambini di analoga età nati a termine (40 settimane di gestazione) (Sasaki et al., 2006).

Vaccino influenzale adiuvato con MF59C.1
L’impiego dell’adiuvante MF59C.1 è stato approvato per la prima volta in Italia nel 1997 nella preparazione del vaccino influenzale.

Il vaccino influenzale adiuvato con MF59C.1 è costituito dalla combinazione di un vaccino influenzale a subunità e dall’MF59, un’emulsione olio (sualene) in acqua contenente due surfactanti non ionici; gli antigeni necessari all’allestimento del vaccino sono dispersi nell’emulsione che stimola la risposta umorale e cellulare agli antigeni stessi. Lo squalene è naturalmente presente nel nostro organismo, viene inglobato insieme agli antigeni nelle cellule presentanti l’antigene, promuovendone l’attivazione e la conseguente stimolazione del sistema immunitario.

Il vaccino antinfluenzale adiuvato con MF59C.1 è stato valutato complessivamente in circa 20 studi che hanno coinvolto oltre 12000 soggetti ed è stato distribuito in circa una decina di milioni di dosi. L’immunogenicità è risultata superiore rispetto a quella osservata con i vaccini tradizionali per l’influenza in quasi tutti i gruppi studiati, sia per la risposta anticorpale più elevata e protratta nel tempo, sia in termini di percentuale di responder alla vaccinazione. I vantaggi sono stati più consistenti nei confronti del virus influenzale A, specialmente di tipo H3N2, e dei soggetti con bassa risposta ai vaccini influenzali tradizionali (anziani, trapiantati, affetti da HIV) (Banzhoff et al., 2003; Podda, 2001).

Uno studio ha documentato, inoltre, la capacità del vaccino antinfluenzale di stimolare una parziale difesa anche contro ceppi di virus dell’influenza sensibilmente diversi da quelli contenuti nel vaccino stesso (Stephenson et al., 2003).

La tollerabilità del vaccino influenzale adiuvato con MF59C.1 è buona, anche se è segnalata una discreta incidenza di reazioni locali transitorie (Frey et al., 2003).

Il vaccino antinfluenzale adiuvato MF59C.1 è indicato come vaccino pre-pandemico. Una pandemia influenzale si verifica quando viene rilevato un nuovo tipo di virus influenzale capace di trasmettersi senza difficoltà da persona a persona per l’assenza di immunità (protezione) tra la popolazione; in caso di pandemia l’infezione virale presenta una diffusione su scala mondiale, con contagio elevato in tempi brevi e in tutte le fasce d’età della popolazione. Il vaccino influenzale contenente gli antigeni del virus con le maggiori potenzialità pandemiche (il ceppo virale selezionato è del tipo H5N1) adiuvato con MF59C.1 crea una memoria immunologica verso ceppi virali dell’influenza potenzialmente pandemici conferendo una protezione che, grazie all’adiuvante MF59C.1, si estende anche alle varianti del virus ed è efficace già a bassi dosaggi dell’antigene.

In base ai criteri definiti dal Comitato Europeo per i medicinali per uso umano (CHMP), per essere considerato adeguato un vaccino pre-pandemico deve indurre livelli protettivi di anticorpi almeno nel 70% delle persone vaccinate.

Gli studi clinici hanno evidenziato come il vaccino antinfluenzale adiuvato con MF59C.1, contenente 3,75 microgrammi di emoagglutinina per H5N1, abbia provocato una risposta anticorpale tale da soddisfare criteri di vaccino pre-pandemico: 21 giorni dopo la seconda iniezione, l’84% delle persone vaccinate presentava dei livelli anticorpali capaci di proteggere contro il virus influenzale di tipo H5N1. Nelle persone anziane la somministrazione di una singola dose di questo vaccino è risultata sufficiente per indurre immunità, fatta eccezione per un piccolo numero di pazienti di età superiore ad 80 anni che non aveva alcuna protezione contro il virus dell’influenza all’inizio dello studio. Questi pazienti necessitavano di doppie dosi di vaccino antinfluenzale per avere un titolo di anticorpi neutralizzanti sufficientemente elevato.

La presenza dell’adiuvante nel vaccino permette di ottenere una risposta anticorpale sufficiente utilizzando una quantità di materiale inferiore rispetto al vaccino antinfluenzale non adiuvato.

Contro i virus influenzali H5N3 e H5N1, 7,5 microgrammi di antigene H5 adiuvato con MF59C.1 sono risultati significativamente più immunogenici rispetto a 30 microgrammi dello stesso antigene non adiuvato (Nicholson et al., 2001).

Inoltre, la somministrazione di una terza dose di richiamo di vaccino influenzale adiuvato, 16 mesi dopo le prime due, aumenta ulteriormente i titoli anticorpali, mentre il vaccino influenzale non adiuvato, anche dopo la terza dose, è risultato scarsamente immunogenico (Stephenson et al., 2003). La dose booster ha indotto la produzione di anticorpi contro le eterovarianti di H5N1 in misura nettamente maggiore rispetto al vaccino antinfluenzale convenzionale (Stephenson et al., 2005).

Vaccino influenzale virosomale

I vaccini influenzali convenzionali, efficaci nei soggetti giovani e adulti, perdono attività negli anziani (30-40%), in cui il sistema immunitario è meno responsivo. La minore immunogenicità nei pazienti anziani è stata risolta introducendo il vaccino influenzale virosomale. Il vaccino adiuvato virosomale è costituito da liposomi che, nel loro doppio strato lipidico, incorporano gli antigeni virali mimando sia la morfologia virale che la presentazione antigenica. Per migliorare la tollerabilità sono state eliminate le proteine dell’uovo, le nucleoproteine e le proteine della matrice. L’immunogenicità del vaccino influenzale virosomale si è dimostrata elevata in tutte le fasce d’età e la tollerabilità ne ha permesso l’impiego anche nei bambini al di sotto dei 12 anni (i liposomi sono gli unici adiuvanti di cui sia permesso l’impiego in età pediatrica).
Questo tipo di vaccino influenzale è in grado di stimolare anche nell’anziano non solo la risposta di tipo umorale ma anche quella di tipo cellulo-mediato (Mensi et al., 2001; Schumacher et al., 2004).

Sotto il profilo della tollerabilità, i vaccini antinfluenzali virosomali risultano associati ad un’incidenza di reazioni avverse trascurabile (Kanra et al., 2004), inferiore sia a quella associata al vaccino adiuvato con MF59C.1, sia a quella del vaccino influenzale a virus intero (Zanasi et al., 2000).

Il vaccino influenzale virosomale e quello adiuvato con MF59 sono analoghi nella composizione antigenica ma molto diversi per quanto riguarda l’adiuvante e la tecnica di presentazione dell’antigene al sistema immunitario. Negli studi clinici entrambi i vaccini hanno mostrato un potere immunogeno simile tra loro e superiore a quello dei vaccini split o sub-unità. In generale, il vaccino antinfluenzale adiuvato MF59C.1 è risultato il più immunogeno nell’anziano (Pregliasco et al., 2001), mentre il vaccino virosomale nelle persone immunodepresse.

Vaccini influenzali vivi attenuati intranasali (Cold-adapted, live-attenuated, intranasally administered influenza vaccines)
Per migliorare la tollerabilità e l’immunogenicità della vaccinazione antinfluenzale, sono stati sviluppati vaccini a virus vivi attenuati a somministrazione intranasale. Sono vaccini spray contenenti ceppi del virus dell’influenza attenuati tramite modificazioni geniche. Sono termosensibili, infettano le prime vie aeree, mimando l’infezione naturale senza provocare la malattia, stimolando la produzione di anticorpi a livello locale e sistemico: la risposta immune è estremamente efficiente.
Il vaccino influenzale intranasale è stato approvato negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration (FDA) e in Europa dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMEA). La FDA ha approvato il vaccino per la prevenzione dell’influenza nei soggetti sani di età compresa tra 2 e 49 anni; l’EMA ha approvato il vaccino nella profilassi in bambini e ragazzi sani di età compresa fra 2 e 18 anni. Il vaccino antinfluenzale intranasale non è approvato per i soggetti affetti da malattie croniche e in gravidanza.

Nei bambini gli studi clinici condotti hanno dimostrato che il vaccino influenzale vivo attenuato intranasale è risultato sicuro, ben tollerato, immunogenico e dotat di un’efficacia paragonabile, se non addirittura superiore, a quella dei vaccini influenzali inattivati nei bambini (Belshe et al., 2007). Negli adulti il vaccino inattivato sembra avere un maggiore efficacia (Monto et al., 2009; Wang et al., 2009). Anche nei pazienti anziani il vaccino inattivato sembrerebbe conferire un più elevato grado di protezione dall’infezione (Clancy et al., 1995).

Le reazioni avverse associate al vaccino influenzale intranasale si manifestano quasi esclusivamente a livello locale (rinorrea, ostruzione nasale, starnuti) per la durata massima di 24-48 ore. Il vaccino intranasale presenta inoltre notevoli vantaggi quali l’accettabilità e la semplicità di somministrazione. C’è inoltre la possibilità che questo tipo di vaccino per l’influenza, oltre a fornire protezione nei confronti del ceppo virale in esso effettivamente contenuto con un’efficacia dell’86%, possa stimolare anche una risposta immune cross-reattiva nei confronti di eventuali varianti antigeniche del virus influenzale, così come avviene per l’infezione naturale.

Lo spray nasale stimola l’immunità mediante replicazione virale nelle vie aeree superiori. Il vaccino influenzale intranasale contiene i ceppi virali selezionati annualmente in maniera analoga al vaccino antinfluenzale intramuscolare stagionale. I ceppi sono attenuati mediante riassortimento dei loro geni codificanti l’emoagglutinina e la neuraminidasi con 6 geni derivati da un ceppo donatore (virus vivo attenuato, adattato al freddo, termosensibile); i virus riassortiti replicano solo nel nasofaringe. L’infezione indotta dal vaccino influenzale intranasale provoca la formazione locale di anticorpi IgA specifici per l’influenza e livelli variabili di immunità sistemica umorale e cellulare (Belshe et al., 2000).  In particolare il vaccino intranasale per l’influenza stagionale induce un più elevato titolo anticorpale di IgA (concentrazione doppia) e di IgG (50% vs 5% dei pazienti trattati rispettivamente con il vaccino antinfluenzale vivo e con quello inattivato) a livello locale (mucosa nasale) rispetto al vaccino inattivato.

In uno studio di 2 anni, controllato con placebo, condotto su bambini di età compresa tra 15 e 71 mesi, la vaccinazione annuale con vaccino antinfluenzale intranasale è stata efficace nel prevenire l’influenza nel 93% dei pazienti nel primo anno e nell’87% nel secondo anno (Belshe et al., 1998; Belshe et al., 2000a; Belshe, Gruber, 2000).

Un’indagine controllata con placebo condotta in pazienti adulti sani di età compresa tra 18 e 64 anni ha rilevato che il vaccino intranasale per l’influenza ha portato a riduzioni statisticamente significative nel numero di episodi e di giorni di grave malattia respiratoria febbrile (Nichol et al., 1999).

Uno studio controllato con placebo condotto in pazienti adulti infettati sperimentalmente ha rilevato che l’efficacia protettiva del vaccino influenzale intranasale era dell’85% contro un’efficacia del 71% osservata con il vaccino influenzale inattivato (Treanor et al., 1999).

Due studi della durata di 5 anni hanno confrontato i vaccini vivi attenuati con il vaccino antinfluenzale inattivato su quasi 800 bambini e su più di 5000 adulti e hanno osservato come entrambi i vaccini siano efficaci contro l’influenza A: l’efficacia nei confronti del ceppo H3N2 era maggiore con il vaccino influenzale iniettabile. L’aumento del titolo di anticorpi è risultato maggiore con il vaccino inattivato. Quest’ultimo, inoltre, ha evidenziato un’efficacia maggiore del vaccino influenzale intranasale verso i ceppi H3N2 dell’influenza (Edwards et al., 1994; Neuzil et al., 2001). 

Uno studio condotto su 80 bambini di età compresa tra 8 e 36 mesi ha riscontrato la trasmissione del ceppo vaccinale dell’influenza B a un bambino che aveva avuto contatti con soggetti trattati con il vaccino antinfluenzale intranasale. Quattro virus dell’influenza A isolati da soggetti che avevano avuto contatti con pazienti vaccinati non hanno potuto essere pienamente caratterizzati. In questo contesto, il rischio di trasmissione del virus influenzale è stato stimato essere dell’1% (Vesikari et al., 2001).

Nel corso di studi clinici comparativi condotti nei bambini, il vaccino influenzale vivo attenuato è risultato più efficace di quello inattivato, e ha fornito protezione per 2 anni contro nuove varianti del virus dell’influenza A e B dovute a modificazioni antigeniche (drift) (Gaglani et al., 2004; Belshe et al., 2007). Non è stato dimostrato che questi vantaggi si estendano anche agli adulti, e alcuni dati suggeriscono che il vaccino influenzale inattivato possa essere più efficace del vaccino vivo negli adulti (Ohmit et al., 2006).

Pazienti anziani
In un vasto studio di coorte condotto su anziani non istituzionalizzati, il vaccino antinfluenzale ha ridotto il tasso di ospedalizzazione per polmoniti o influenza del 48-57% e per tutte le malattie respiratorie, acute o croniche del 27-39% (Nichol et al., 1994). Studi caso-controllo condotti su persone di età pari o superiore a 65 anni hanno rilevato che la vaccinazione per l’influenza stagionale riduce del 31-45% le ospedalizzazioni per polmonite o influenza del 43-49% i decessi dovuti a tutte le patologie respiratorie.

Nei pazienti anziani l’influenza sembrerebbe rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo di mortalità cardiovascolare. In quanto malattia acuta, l’influenza rilascia in un tempo relativamente breve, una quantità enorme di citochine, che possono contribuire ad aumentare il rischio di infarto e ictus. È stato ipotizzato, inoltre, un “indebolimento” delle placche ateromatose da parte del virus influenzale che porterebbe ad una rottura più facile delle stesse con un maggior rischio di trombosi e infarto miocardico. Altri meccanismi potenziali attraverso cui il virus dell’influenza potrebbe essere coinvolto nell’eziopatogenesi dell’evento acuto cardiovascolare comprendono: rilascio di catecolamine endogene dovuto al processo acuto influenzale, disfunzione endoteliale, aggregazione piastrinica, viscosità plasmatica e capacità del virus influenzale di danneggiare le proprietà antinfiammatorie delle particelle di colesterolo HDL.

In uno studio clinico che ha preso in considerazione pazienti anziani (età = 65 anni) alloggiati in comunità di accoglienza durante le stagioni influenzali 1998-1999 e 1999-2000, il vaccino antinfluenzale è stato associato ad una riduzione del rischio di ospedalizzazione per malattie cardiache (riduzione in entrambe le stagioni del 19%); malattie cerebrovascolari (stagione 88-89: riduzione del 16%; stagione 1999-2000: riduzione del 23%); rischio di morte per tutte le cause (stagione 1998-1999: riduzione del 48%, stagione 1999-2000: riduzione del 50%) (Nichol et al., 2003).

Nei pazienti anziani vaccinati con il vaccino influenzale adiuvato con MF59C.1 si sono riscontrati dopo 6 mesi dalla vaccinazione, titoli anticorpali comparabili con quelli ottenuti 28 giorni dopo la vaccinazione con vaccini antinfluenzali tradizionali. Il vaccino antinfluenzale adiuvato con MF59C.1 ha ridotto i ricoveri per eventi cerebrovascolari e per polmoniti.

In Spagna, durante la stagione influenzale 2004-2005, la vaccinazione con vaccino influenzale adiuvato ha evidenziato, nella popolazione con più di 65 anni, rispetto ai soggetti non vaccinati, una netta riduzione dei ricoveri: riduzione del rischio relativo di ospedalizzazione dell’87% per sindrome coronarica acuta (ACS), del 93% per eventi cerebrovascolari (CAV) e del 69% per polmonite (Puig-Barberà et al., 2007).

L’analisi di due gruppi di pazienti (età > 64 anni) ospedalizzati per polmonite o per altre cause (controlli) ha evidenziato un rischio relativo di ospedalizzazione per polmonite molto basso nei pazienti vaccinati con il vaccino per l’influenza adiuvato con MS59C.1 (0,52) anche rispetto al vaccino pneumococcico (1,52), alla presenza di malattia cardiaca (1,59), di broncopneumopatia cronica ostruttiva (2,97) e di asma (2,34). L’efficacia del vaccino per l’influenza nel prevenire il ricovero nei reparti di emergenza per polmonite, durante una stagione influenzale dominata dai ceppi A/H1N1 e B, è risultata pari al 48% (Puig-Barberà et al., 2004).

In uno studio caso-controllo, condotto su pazienti con età superiore a 64 anni, è emerso un effetto protettivo del vaccino antinfluenzale adiuvato MF59C.1 verso il ricovero per eventi cerebrovascolari pari all’89% (ods ratio pazienti vaccinati/pazienti non vaccinati di 0,11) (Second European influenza Conference, 2005).

Un’indagine, effettuata allo scopo di valutare l’incidenza delle sindromi influenzali (influenza-like Illness, ILI) in relazione al vaccino antinfluenzale adiuvato con MF59C.1, ha posto a confronto le province di Bologna e Ferrara dove a circa il 40% degli anziani (età > 64 anni) è stato somministrato il vaccino influenzale adiuvato, con le altre province dell’Emilia Romagna, dove la copertura vaccinale con il vaccino adiuvato era molto inferiore (6,63%). Durante il picco influenzale, nelle province di Bologna e Ferrara, si sono verificati 18,45 casi di sindrome influenzale per 1000 soggetti anziani in meno rispetto alle restanti province (Francia et al., 2006).

Confrontando i pazienti con età superiore a 64 anni residenti presso case di cura durante la stagione influenzale 1998-99 è emerso che l’incidenza di sindromi simil-influenzali è stata il 18,8% vs 25,9% rispettivamente nel gruppo vaccinato con il vaccino antinfluenzale adiuvato MF59C.1 e con il vaccino inattivato (Iob et al., 2005).

Prevenzione della polmonite
Uno studio retrospettivo condotto nell’arco di 10 stagioni influenzali in pazienti anziani (= 65 anni) ricoverati preso case di lunga degenza ha rilevato una riduzione del 27% del rischio di ospedalizzazione per polmonite o influenza nei soggetti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati e una riduzione del 48% del rischio di morte (Nichol et al., 2007).

In un altro studio sempre retrospettivo condotto su pazienti anziani (65-94 anni) immunocompetenti, arruolati nella stagione influenzale e preinfluenzale, nel periodo 2000-2002, la vaccinazione con il vaccino antinfluenzale non è stata associata ad una riduzione del rischio di polmonite acquisita in comunità (CAP) (odds ratio: 0,92, 95% CI 0,77-1,10). I due gruppi confrontati, pazienti affetti da polmonite e gruppo controllo, presentavano stesso grado di copertura vaccinale (77% alla fine della stagione influenzale). L’analisi è stata aggiustata per possibili fattori di confondimento. Nessuna differenza, inoltre, è stata osservata per quanto riguardava il rischio di polmonite che richiedeva ospedalizzazione. Secondo gli autori di questo studio è possibile una sovrastima del ruolo della vaccinazione per l’influenza stagionale per quanto riguarda il rischio di polmonite extraospedaliera nella popolazione anziana (Jackson et al., 2008).

Otite media acuta infantile
Il vaccino antinfluenzale non sembra prevenire l’insorgenza di otite media acuta (AOM) nei bambini con età < 24 mesi; alcuni effetti protettivi si sono manifestati in bambini più grandi durante il picco dell’influenza stagionale.
In uno studio clinico randomizzato in doppio cieco, la popolazione pediatrica selezionata (6-24 mesi) è stata divisa in due coorti: una seguita per un intero anno e l’altra solo per la stagione dei disturbi respiratori (periodo compreso fra il primo dicembre e il 31 marzo). Tutti i bambini sono stati arruolati nel periodo precedente il primo dicembre. Tra le due coorti si è evidenziata una differenza significativa sulla percentuale di attacchi influenzali, tanto che nella prima coorte l’influenza si è sviluppata nel 5,5% dei soggetti del gruppo che ha ricevuto la copertura vaccinale e nel 15,9% nei soggetti del gruppo placebo. Nella seconda coorte l’influenza è comparsa nel 3,6% del gruppo vaccinati e nel 3,3% del gruppo placebo. Il vaccino influenzale stagionale non ha modificato la percentuale di bambini con AOM seguiti in entrambi le coorti, ma nella prima coorte la differenza sull’incidenza di AOM è apparsa significativa nei bambini d’età compresa tra i 19 e i 24 mesi (Hoberman et al., 2003).

Pazienti oncologici
Uno studio di coorte prospettico, condotto su pazienti oncologici (tumori solidi trattati con chemioterapia e tumori ematologici attivi) ha evidenziato una associazione statisticamente significativa fra vaccinazione antinfluenzale e mortalità (Vinograd et al., 2013). Lo studio ha preso in considerazione pazienti vaccinati e non vaccinati nella stagione influenzale 2010-2011. L’esito clinico principale dello studio era rappresentato dall’incidenza cumulativa di ospedalizzazione per febbre oppure per infezioni respiratorie acute, polmonite, infezioni correlate all’interruzione della chemioterapia; l’esito clinico secondario era rappresentato dall’incidenza di mortalità per tutte le cause. Rispetto all’esito clinico primario non è stata osservata nessuna associazione con la vaccinazione per l’influenza stagionale, neppure durante il picco di infezione (esito clinico primario: 28,7% vs 26,7% rispettivamente vaccinati e non vaccinati, p=0,54). Per quanto riguarda l’esito clinico secondario, il tasso di mortalità è risultato pari a 11,9 per i pazienti vaccinati e pari al 19,1% fra i non vaccinati (p=0,005). L’associazione fra vaccinazione antinfluenzale e mortalità è stata confermata anche con analisi multivariata (odds ratio, 2,31; 95% IC, 1,4-3,79).

Tiomersale
Il tiomersale, un conservante contenente etilmercurio, è presente in alcune formulazioni di vaccino influenzale inattivato. Il tiomersale contiene mercurio per circa il 50% in peso. Il tiomersale è un conservante con attività antibatterica e antifungina. In particolare tali attività dipendono dall’etilmercurio, un composto rilasciato dal tiomersale per idrolisi spontanea o enzimatica. In vivo il tiomersale è convertito in etilmercurio e acido tiosalicilico. L’etilmercurio mostra elevata affinità verso i gruppi sulfidrilici degli aminoacidi, legandosi quindi a polipeptidi e proteine. La tossicità neurologica attribuita al tiomersale dipende in realtà dall’etilmercurio. L’etilmercurio presenta un profilo di tossicità sovrapponibile a quello di un altro composto contenente mercurio, il metilmercurio. Rispetto a quest’ultimo, l’etilmercurio è eliminato dall’organismo più rapidamente. La maggior parte dei dati di tossicità acuta e cronica reperibili in letteratura relativi al mercurio presente nei composti organici (mercurio organico) si riferiscono al metilmercurio. La fonte principale attraverso cui l’uomo va incontro a una possibile intossicazione da mercurio organico è rappresentata dalla dieta, in particolare dal pesce. Il Joint Food and Agricolture organization (FAO)/WJO Expert Committee on Food Additives ha stabilito nel valore di 1,7 mcg/kg/settimana la quantità di mercurio organico tollerata che può essere assunta con la dieta (specialmente pesce) nella popolazione generale.
La presenza di tiomersale nei vaccini è stata correlata a reazioni allergiche dermatologiche da contatto, e più gravemente, a disturbi neurologici quali l’autismo.
Il tiomersale può causare allergia da contatto che si manifesta con sintomi dermatologici in circa l’1,5% degli adolescenti e degli adulti (dati europei). In letteratura sono riportati casi di reazioni allergiche dermatologiche diffuse dopo somministrazione di vaccini contenenti tiomersale; ma il 90% dei soggetti con allergia da contatto verso il tiomersale non manifestano reazioni allergiche dopo vaccinazione. La comparsa di reazioni allergiche, quindi, in seguito a vaccinazione con vaccini che contengono tiomersale, può essere considerato un evento raro.
La possibile correlazione fra l’uso di vaccini contenenti tiomersale e lo sviluppo di autismo è stata oggetto di dibattito; sono favorevoli a ritenere l’assenza di un nesso causale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), lo United State Institute of Medicine e l’EMEA.
La quantità di tiomersale nei vaccini non supera i 50 mcg/dose; supponendo una conversione completa a etilmercurio, quest’ultimo arriva ad una concentrazione massima per dose di vaccino di 32,5 mcg (corrispondente a 25 mcg di Hg). La quantità massima di mercurio, che può essere assunta nel primo anno di vita, da fonti diverse dalla dieta, è stata fissata a 120-130 mcg/anno. I limiti di sicurezza per i vaccini contenenti tiomersale sono stati definiti pari a 3,3 mcg/kg/settimane dall’OMS e pari a 0,7 mcg/kg/settimane per l’EPA (Environmental Protection Agency) (MMWR, 1999; Weekly Epidemiological Record, 2000).
In Italia non sono più in commercio vaccini per l’infanzia contenenti tiomersale, ma è ammessa la commercializzazione di vaccini in cui esso sia presente come residuo del processo di lavorazione.