La sertralina è un farmaco ad azione antidepressiva appartenente alla classe terapeutica degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI); chimicamente è un derivato naftilaminico. la sertralina è indicata nel trattamento della depressione maggiore e nella profilassi delle recidive, nel disturbo ossessivo-compulsivo anche nei pazienti pediatrici (6-17 anni), nel disturbo da panico, da stress post-traumatico, da fobia sociale e nel disturbo disforico premestruale.
La depressione dipende da alterazioni del sistema serotoninergico e/o adrenergico. La serotonina tramite la sostanza reticolare è implicata nella regolazione di fame e sazietà, veglia e sonno, temperatura corporea, comportamento sessuale e aggressività. La somministrazione di farmaci che inibiscono la ricaptazione dei neurotrasmettitori a livello sinaptico determina, sul lungo periodo, una desensibilizzazione dei recettori dovuta ad una diminuzione del numero e della sensibilità degli stessi (meccanismo di down-regulation). Da un punto di vista clinico-terapeutico questo si traduce con l'insorgenza degli effetti antidepressivi.
La sertralina agisce inibendo la ricaptazione neuronale presinaptica della serotonina, incrementando, di conseguenza, i livelli intersinaptici del neurotrasmettitore e prolungandone l'attività a livello dei recettori postsinaptici. la sertralina inibisce la ricaptazione neuronale di serotonina (in vitro) con potenza circa 9 volte superiore a fluvoxamina, circa 5 volte superiore a fluoxetina, circa 2 volte superiore a clomipramina (Murdock, McTavish, 1992).
La prolungata stimolazione recettoriale indotta dalla sertralina provoca la down-regulation dei recettori serotoninergici (5-HT2) con comparsa dell'attività antidepressiva (la massima attività antidepressiva si manifesta dopo 2-4 settimane dall'inizio del trattamento).
La sertralina possiede attività sulla ricaptazione della dopamina. Questa sua peculiarità la rende idonea nel trattamento della distimia (probabilmente causata da alterazioni della via dopaminergica meso-limbica) come alternativa all'amisulpiride (molecola efficace nella distimia, ma gravata da iperprolattinemia dopo 2-3 mesi di terapia) e nella depressione associata al morbo di parkinson e nella popolazione anziana in generale per la sua azione sugli effetti extrapiramidali.
Dopo la somministrazione di 100 mg, la sertralina migliora la vigilanza e la performance psicometrica; dopo 200-400 mg, migliora la vigilanza ma riduce la performance psicometrica (Murdock, McTavish, 1992).
La sertralina modifica il tracciato elettroencefalografico: dopo 100 mg, aumenta frequenza ed intensità delle onde alfa, aumenta la frequenza e riduce l'intensità delle onde theta. Dopo 200-400 mg, riduce la frequenza delle onde alfa e beta, aumenta la frequenza delle onde theta.
La sertralina migliora le capacità cognitive; riduce il sonno REM (per frequenza e durata).
La sertralina possiede attività anoressizzante (animali) riducendo l'assunzione di cibo e inducendo calo ponderale (Nielsen et al., 1992).
La sertralina può aumentare il rischio di sanguinamento (effetto di classe) come conseguenza dei suoi effetti sulla serotonina. La serotonina possiede attività vasocostrittrice e antiaggregante piastrinica. Le piastrine, che non sono capaci di sintetizzare il neurotrasmettitore, lo assorbono dal sangue attraverso una proteina che funge da “trasportatore” di serotonina. All'interno della piastrina la serotonina è accumulata in granuli per essere poi rilasciata nuovamente nel torrente circolatorio quando la piastrina è attivata nel processo di emostasi. L'inibizione della ricaptazione della serotonina indotto dalla sertralina e dagli altri inibitori selettivi della serotonina (SSRI) blocca il trasportatore di serotonina piastrinico e quindi impedisce l’accumulo di serotonina nelle piastrine. E' stato osservato che il trattamento con SSRI aumenta il rischio di sanguinamento uterino, il rischio di sanguinamento associato ad intervento chirurgico ortopedico nei pazienti anziani e il rischio di sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore (Movig et al., 2003; van Walraven et al., 2001).
In uno studio di coorte relativo a pazienti trattati da 3 mesi con antidepressivi, il ricovero per sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore era pari ad un aumento di 3,1 episodi per 1000 trattamenti/anno per i pazienti trattati con antidepressivi che inibivano la ricaptazione della serotonina rispetto a quelli che non la inibivano (Dalton et al., 2003). L'aggiunta di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o acido acetilsalicilico aumentava ulteriormente il rischio. Il rischio di sanguinamento inoltre non sembrava dipendere dalla durata della terapia (nessuna differenza dopo 1 mese, 2 o 6 mesi) (Layton et al., 2001).
Nel trattamento del Disturbo Depressivo Maggiore (DDM), la sertralina possiede efficacia simile ad amitriptilina; possiede maggiore attività di dotiepina ed imipramina (Murdock, McTavish, 1992). Rispetto ad amitriptilina, induce minore comparsa di effetti collaterali (28% vs 35%) (Drug Ther. Bull., 1991).
In caso di sindrome maniaco-depressivo, la sertralina possiede maggiore efficacia del placebo nel miglioramento della sintomatologia (56% dei pazienti vs 32%) (Murdock, McTavish, 1992).
Depressione in pazienti con cardiopatia
Nel trattamento della depressione (scala HAM-D a 17 punti: punteggio medio di 19,6) in pazienti con cardiopatia (infarto miocardico o angina instabile nei 30 giorni precedenti), la sertralina non ha modificato la frazione di eiezione ventricolare rispetto al placebo (endpoint primario dello studio) nè la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e l'intervallo QTc (endpoint secondari). la sertralina somministrata alla dose di 50 mg/die per 24 settimane (incrementi fino a 200 mg/die erano possibili dopo la 12esima settimana) è risultata lievemente più efficace nel ridurre la sintomatologia depressiva (endpoint secondario). L'analisi per sottogruppi ha evidenziato i maggiori benefici clinici nei pazienti affetti da depressione ricorrente e nelle forme di depressione più gravi (Glassman et al., 2002).
Disturbo da attacco di panico
Il disturbo da attacchi di panico è stato riconosciuto come entità diagnostica distinta dagli altri disturbi d'ansia nel 1980. Il disturbo da panico può manifestarsi con o senza agarofobia. Presenta elevata morbilità: oltre la metà dei pazienti sviluppa un disturbo di tipo depressivo. E' caratterizzato dalla presenza di intensa paura o disagio che si accompagna ad una serie di sintomi sia fisici sia psichici che compaiono improvvisamente e raggiungono il loro apice in circa 10 minuti: palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia; sudorazioni; tremore; dispnea o sensazione di soffocamento; sensazione di asfissia; dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; sensazione di sbandamento/svenimento; derealizzazione e/o depersonalizzazione; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire; parestesie; brividi o vampate di calore.
In un trial clinico in cui i pazienti arruolati sono stati trattati in aperto (8 settimane) con sertralina per il disturbo da attacchi di panico, quindi in doppio cieco vs placebo (8 settimane), l'endpoint principale, rappresentato dall'incidenza di ricadute, non ha evidenziato differenze significative nei due gruppi di trattamento (10,1% vs 13,2% rispettivamente con sertralina e placebo), ma la frequenza del numero di attacchi di panico è risultata significativamente inferiore con la sertralina. La percentuale di pazienti che ha risposto ai criteri di efficacia (punteggio CGI-I – Clinicians Global Impression Improvement – pari a 1 o 2) è stata dell'89,9% vs 74,4% rispettivamente con sertralina e placebo (Kmijima et al., 2005).
In un altro studio, la somministrazione di sertralina alla dose fissa di 20 mg/die è risultata efficace nel ridurre la frequenza degli attacchi del panico, i sintomi di agarofobia e di ansietà anticipatoria (Fisekonc', Loga-Zec, 2005).
In uno studio di confronto fra inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) nel trattamento del disturbo da panico con o senza agarofobia, la sertralina e la paroxetina hanno dato esiti sovrapponibili sia per l'endpoint principale (“non inferiorità” tra i due trattamenti, misurata tramite il punteggio PAS – Panic ans Agarophobia Score) sia per quelli secondari (frequenza degli attacchi di panico e punteggio CGI-I – responsività al trattamento definita come punteggio GCI-I </= 2). I pazienti sono stati trattati con dosi di sertralina (50-150 mg/die) o paroxetina (40-60 mg/die) flessibili a seconda della risposta terapeutica per 12 settimane, sono poi andati incontro ad una riduzione del dosaggio per ulteriori 3 settimane. Al termine dello studio i pazienti con CGI-I </= 2 (responder) erano 82% nel gruppo trattato con sertralina e 78% nel gruppo in terapia con paroxetina. La percentuale di abbandono del trattamento per eventi avversi correlati al farmaco è stata del 12% vs 18% con sertralina e paroxetina. Quest'ultima ha determinato un incremento del peso corporeo maggiore od uguale al 7% in una frazione di pazienti decisamente più alta rispetto al competitor (7% vs < 1%). Durante le ultime 3 settimane (riduzione del dosaggio del farmaco), la percentuale di pazienti libera da attacchi di panico è aumentata del 4% con sertralina, mentre è diminuita dell'11% con paroxetina (Bandelow et al., 2004).
Disturbo d'ansia sociale
La sertralina è risultata efficace nel trattamento acuto e a lungo termine del disturbo da ansia sociale o fobia sociale. In pazienti affetti da ansia sociale da oltre 20 anni, la somministrazione di sertralina ha indotto risposta positiva nel 53% dei pazienti contro il 29% nel gruppo placebo. Nei pazienti responsivi al farmaco, l'ulteriore somministrazione per altre 24 settimane, è stata associata al mantenimento della risposta terapeutica nel 96% dei pazienti trattati vs il 64% dei pazienti nel gruppo placebo.
In uno studio clinico che ha confrontato la terapia farmacologica con sertralina (dosi fino a 200 mg/die) e la terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dei disordini d'ansia e di fobia sociale nei bambini, è emerso una sostanziale sovrapposizione fra i due approcci, mentre il trattamento combinato – terapia farmacologica più terapia cognitivo-comportamentale – ha determinato i maggiori benefici clinici. I pazienti coinvolti nello studio, durato 12 settimane, sono stati 488 con un'età compresa fra 7 e 17 anni. La percentuale di pazienti che ha mostrato un miglioramento evidente o molto evidente secondo la scala CGI-I (Clinicians Global Impression-Improvement) è stata pari a 80,7% vs 59,7% vs 54,9% vs 23,7% rispettivamente per i bambini trattati con sertralina più terapia cognitivo-comportamentale, ragazzi trattati solo con la terapia cognitivo-comportamentale, ragazzi trattati solo con sertralina e placebo. I benefici terapeutici sono stati più rapidi con sertralina rispetto alla terapia cognitivo-comportamentale, ma con quest'ultima è stata registrata una minor incidenza di insonnia, fatigue, sedazione e agitazione. L'incidenza di ideazione di suicidio/omicidio non è risultata maggiore con il farmaco rispetto al placebo e non ci sono stati tentativi di suicidio (Walkup et al., 2008).
Disturbo disforico premestruale
La sertralina ha evidenziato efficacia terapeutica superiore a placebo nel trattamento del disturbo disforico premestruale (DDPM) sia nel migliorare i sintomi emozionali (umore depresso, sensazione di inadeguatezza) sia i sintomi comportamentali (rabbia, irritabilità, conflitti interpersonali). I benefici clinici sono stati osservati sia con la somministrazione circoscritta al periodo premestruale sia con la somministrazione estesa a tutto il ciclo mestruale. Le pazienti che hanno ricevuto la sertralina in modo continuativo hanno visto attenuarsi la tensione mammaria, la cefalea e l'edema. I sintomi correlati al disturbo disforico premestruale sono presenti in genere nell'ultima settimana della fase luteinica, tendono ad attenuarsi nei primi giorni della fase follicolare e scompaiono nella settimana successiva alla mestruazione.
In uno studio clinico in doppio cieco, la somministrazione di sertralina (50-150 mg/die, dosaggio individualizzato) è risultata più efficace del placebo nel ridurre i punteggi giornalieri totali relativi a tutti i sintomi del disturbo disforico premestruale (endpoint principale (32% vs 11%). La risposta al trattamento è stata pari al 62% vs 34% rispettivamente con la sertralina e il placebo (Yonkers et al., 1997). In genere i benefici clinici associati alla terapia con SSRI si manifestano nell'arco delle prime 3 settimane di trattamento, ma la ricaduta è abbastanza precoce, entro 1-2 cicli dopo la sospensione del farmaco.
La terapia con sertralina, e in generale con gli SSRI, può indurre effetti collaterali, che nei trial clinici hanno portato all'interruzione precoce del trattamento una percentuale di pazienti 2,5 volte maggior rispetto al placebo. Gli effetti avversi più frequenti hanno compreso (10-20% delle pazienti) nausea, insonnia, affaticamento, xerostomia, giramenti di testa; (fino al 10%) sudorazione, ridotta capacità di concentrazione e disfunzioni sessuali. Queste ultime (diminuzione della libido, anorgasmia) tendono a persistere per tutta la durata della terapia farmacologica.