Il rivaroxaban è un anticoagulante. Il suo meccanismo d’azione aumenta il rischio emorragico, potenzialmente, in ogni parte del corpo. I sanguinamenti più comuni sono quelli a carico delle mucose, quindi sanguinamenti delle gengive, perdita di sangue dal naso, sanguinamenti del tratto gastrointestinale e genito-urinario. Nelle donne trattate con rivaroxaban, il flusso mestruale può risultare più intenso o durare più a lungo. Ripetute emorragie o sanguinamenti occulti possono indurre anemia.
Dai dati di un ampio registro di pazienti della regione di Dresda, in Germania, è emerso come il rivaroxaban sia associato ad emorragia, durante/entro 3 giorni dall’ultima assunzione del farmaco, nel 42,9% dei pazienti (762 pazienti su 1776). Gli eventi emorragici sono stati classificati, secondo la definizione dell’International Society of Thrombosis and Haemostatis, come “minori” nel 58,9% dei casi, “minori ma con rilevanza clinica” nel 35% dei casi, “maggiori” nel 6,1% dei casi. In caso di sanguinamenti “maggiori”, nel 37,8% dei casi è stato necessario intervenire chirurgicamente o con manovre invasive e nel 9,1% dei casi è stato somministrato concentrato di complesso protrombinico (complesso di più fattori della coagulazione). Secondo i ricercatori, i dati ottenuti dal registro di Dresda e riferiti alla pratica clinica normale (dati di “real life”, quindi pazienti non selezionati per studi clinici) suggerirebbero un rischio minore di saguinamento grave (eventi “maggiori”) per rivaroxaban rispetto agli anticoagulanti antagonisti della vitamina k (cioè warfarin e acenocumarolo) (Beyer-Westendorf et al., 2014).
Nello studio clinico ROCKET-AF, di confronto fra rivaroxaban e warfarin in pazienti con fibrillazione atriale, il tasso di emorragie gastrointestinali a rischio di vita è risultato pari al 13%, simile a quello osservato per il warfarin (terapia standard di riferimento) (Desai et al., 2013).
Cardiovascolari: (comuni: 1-10%) ipotensione, ematoma; (non comuni: 0,1-1%) tachicardia; (rari: 0,01-0,1%) pseudoaneurisma vascolare (osservato in pazienti con sindrome coronarica acuta, dopo un intervento coronarico percutaneo).
Centrali: (comuni: 1-10%) capogiri, mal di testa; (non comuni: 0,1-1%) emorragia cerebrale o intracranica, sincope.
Dermatologici: (comuni: 1-10%) prurito, eruzione cutanea, ecchimosi, emorragia cutanea e sottocutanea; (non comuni: 0,1-1%) orticaria.
Ematici: (comuni: 1-10%) anemia; (non comuni: 0,1-1%) trombocitemia; (sorveglianza postmarketing) trombocitopenia.
Epatici: (comuni: 1-10%) aumento delle transaminasi; (non comuni: 0,1-1%) aumento della bilirubina, disfunzione del fegato; (rari: 0,01-0,1%) aumento della bilirubina coniugata con o senza aumento dell’alanina aminotransferasi (ALT), ittero; (non comuni: 0,1-1%) bocca asciutta; (sorveglianza postmarketing) colestasi, epatite.
Gastrointestinali: (comuni: 1-10%) sanguinamento gengivale, emorragie del tratto gastrointestinale, dolore, dispepsia, nausea, costipazione, diarrea, vomito.
Muscoloscheletrici: (comuni: 1-10%); dolore alle estremità; (non comuni: 0,1-1%) versamento di sangue in un’articolazione (emartrosi); (rari: 0,01-0,1%) emorragia muscolare.
Oftalmici: (comuni: 1-10%) emorragia dell’occhio.
Renali: (comuni: 1-10%) emorragie del tratto urogenitale, compromissione renale; (incidenza non nota) insufficienza renale acuta secondaria a ipoperfusione da emorragia.
Respiratori: (comuni: 1-10%) epistassi (sangue dal naso), emottisi (sangue dalla bocca proveniente dalla vie respiratorie).
Sistemici: (comuni: 1-10%) febbre, edema periferico, affaticamento, astenia, emorragia postprocedurale; (non comuni: 0,1-1%) sensazione di malessere, reazioni allergiche, dermatite allergica, incremento di alcuni enzimi (fosfatasi alcalina, lattato deidrogenasi, lipasi, amilasi, gamma-glutamiltransferasi; (rari: 0,01-0,1%) edema localizzato; (sorveglianza postmarketing) angioedema (reazione infiammatoria della pelle con comparsa improvvisa di ponfi della cute, mucosa e sottomucosa) ed edema allergico.