Sovradosaggio: gli studi non hanno individuato reazioni avverse particolari in seguito all’assunzione di dosi di paritaprevir superiori a quelle raccomandate, fino a 400 mg (insieme a 100 mg di ritonavir, che ne potenzia l’azione). Se si ingerisce una quantità di paritaprevir maggiore di quella raccomandata è opportuno monitorare lo stato clinico e l’eventuale comparsa di effetti avversi, per poter intervenire tempestivamente.
Mutagenicità: il paritaprevir ha mostrato effetti mutageni nel saggio di aberrazione cromosomica su cellule umane in coltura, mentre i test condotti sui batteri e quelli condotti in vivo sono risultati negativi.
Cancerogenicità: il possibile effetto di induzione tumorale del paritaprevir è stato studiato attraverso uno studio di sei mesi sui topi, che hanno ricevuto 300 mg/kg/die (corrispettivo di una dose 38 volte maggiore rispetto a quella utilizzata nell’uomo) e uno studio di due anni sui ratti, che hanno ricevuto 300 mg/kg/die (dose 8 volte maggiore di quella utilizzata nell’uomo). In nessun caso il paritaprevir ha mostrato effetti cancerogeni.
Tossicità riproduttiva: il paritaprevir ha causato malformazioni a occhi e denti nei feti di animali esposti a dosi più elevate rispetto a quella utilizzate in terapia nell’uomo. È classificato in categoria B per l’utilizzo in gravidanza, perchè i dati disponibili non ne certificano la sicurezza.
Inoltre il farmaco e i suoi metaboliti sono secreti nel latte materno, ma non sono stati osservati effetti avversi nei lattanti (Spera et al., 2016).