Sovradosaggio: gli studi non hanno individuato particolari reazioni avverse in seguito all’assunzione di dosi di ombitasvir superiori a quelle raccomandate, fino a 350 mg. Se si ingerisce una quantità di ombitasvir maggiore di quella standard è opportuno valutare lo stato clinico e l’eventuale comparsa di effetti avversi, per poter intervenire tempestivamente.
Mutagenicità: sono stati condotti test in vitro e in vivo sui topi per valutare i possibili effetti mutageni dell’ombitasvir e dei suoi principali prodotti metabolici M29 e M36. Nessun saggio ha dato esito positivo.
Cancerogenicità: il possibile effetto di induzione tumorale di ombitasvir è stato studiato attraverso uno studio di sei mesi sui topi, che hanno ricevuto 150 mg/kg/die (corrispettivo di una dose 26 volte maggiore rispetto alla clinica) e uni studio di due anni sui ratti, che hanno ricevuto 30 mg/kg/die (dose 16 volte maggiore). In nessun caso l’ombitasvir ha mostrato effetti cancerogeni.
Tossicità riproduttiva: l’ombitasvir non influisce sulla fertilità dei pazienti che lo assumono. Gli studi condotti sugli animali hanno mostrato che l’assunzione di ombitasvir durante la gravidanza, a dosi superiori rispetto a quelle utilizzate clinicamente, può indurre malformazioni agli occhi e alla dentatura dei feti. L’Agenzia americana dei Farmaci (FDA – Food and Drug Administration) ha classificato l’ombitasvir in categoria B per l’utilizzo in gravidanza, perciò è preferibile non usarlo, perché coi dati disponibili non è possibile certificarne l’assoluta sicurezza.
L’ombitasvir è secreto nel latte materno, ma non sono stati dimostrati effetti sul lattante (Spera et al., 2016).