Il molnupiravir (MK-4482) è un analogo ribonucleosidico, somministrabile per via orale, capace di inibire la replicazione del virus SARS-CoV-2. E’ il profarmaco (forma esterificata con l’acido isobutirrico) dell’analogo nucleosidico beta-D-N4-idrossicitidina (identificato con la sigla EIDD-1931). Quest’ultima ha evidenziato attività inibitoria verso diversi virus a RNA: chikungunya, Encefalite equina del Venezuela, virus respiratorio sinciziale, Norovirus, virus dell’influenza A e B, virus ebola e Coronavirus umani.
Il molnupiravir ha evidenziato attività significativa verso il virus SARS-CoV-2 in diversi tipi cellulari (Sheahan et al., 2020). In vitro, il molnupiravir è risultato efficace non solo verso il ceppo di Wuhan, ma anche verso le varianti del virus che via via si sono sviluppate e sono diventate prevalenti (alfa, beta, gamma, delta), incluso l’ultima variante in ordine di tempo (nel momento in cui stiamo scrivendo) identificata come omicron (Vangeel t al., 2022). In vivo il farmaco è risultato efficace sia quando somministrato prima (12 ore) sia dopo l’infezione (12 ore) da SARS-CoV-2 (Rosenke et al., 2021). In modelli animali (topi), il molnupiravir ha evidenziato attività antivirale anche verso i virus SARS-Cov-1 e MERS-CoV-1 (Sheahan et al., 2020)
All’inizio della pandemia da covid-19, il molnupiravir era in fase di sviluppo preclinico come potenziale trattamento per l’influenza stagionale (Hashemian et al., 2022). Sulla base di dati di efficacia verso il virus influenzale e il virus SARS-CoV-2 nei modelli animali i ricercatori hanno individuato il range di dose da utilizzare nelle sperimentazioni cliniche di fase 1, 200-800 mg, per poi arrivare in studi di fase 2 a selezionare la dose di 800 mg due volte al giorno, sperimentata nei trial clinici di fase 3 (Painter et al., 2021, 2021a; Khoo et al., 2021; Griffiths et al., 2020; Jayk Bernal et al., 2021).
Meccanismo d’azione del molnupiravir
In vivo il molnupiravir per idrolisi del legame estereo rilascia la parte farmacologicamente attiva della molecola, la N4-idrossicitidina (EIDD.1931). Nella cellula la N-idrossicitidina è convertita nella forma trifosfato e utilizzata dall’enzima virale RNA polimerasi RNA-dipendente come substrato, al posto dei nucleotidi corretti cimetidina trifosfato e uridina trifosfato, per sintetizzare l’RNA virale, che fungerà poi da stampo per replicare l’RNA genomico del virus e il subRNA per la sintesi delle proteine virali. L’inclusione di N-idrossicitidina monofosfato nella molecole di RNA nascente aumenta, ad ogni ciclo di replicazione virale, il numero di mutazioni. Quando questo numero supera un valore soglia, critico, la replicazione del virus si blocca. La N-idrossicitidina monofosfato è presente in due forme chimiche in equilibrio tra loro (tautomeri): una mima l’uracile e si accoppia con l’adenina, l’altra mima la citidina e si accoppia con la guanina. Sono questi “scambi” tra le basi azzotate a causare le mutazioni sui nuovi filamenti di RNA (Zarenezhad, Marzi, 2022; Pourkarim et al., 2021; Singh et al., 2021).
Poiché il molnupiravir agisce sulla replicazione virale, i ricercatori ritengono che la sua efficacia verso SARS-CoV-2 sia meno suscettibile alla comparsa di varianti virali preoccupanti rispetto, ad esempio, agli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina spike. Studi in vitro hanno infatti evidenziato come il sito attivo della RNA polimerasi RNA-dipendente sia una porzione di molecola altamente conservata, cioè difficilmente interessata da mutazioni, a differenza di quanto accade per la proteina spike (Abdelnabi et al., 2021).
Resistenza
Utilizzando colture cellulari infettate con il coronavirus della MERS (Sindrome respiratoria mediorientale) e dell’epatite del topo (Murine Hepatitis Virus) i ricercatori hanno evidenziato un bassissimo grado di resistenza verso la N-idrossicitidina. Inoltre il metabolita attivo del molnupiravir ha mantenuto la sua efficacia antivirale verso SARS-CoV-2 e il virus ricombinante dell’epatite del topo anche quando la polimerasi virale presentava mutazioni associate a resistenza verso un altro antivirale utilizzato contro covid-19, il remdesivir, suggerendo l’assenza di resistenza crociata tra i due farmaci (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2021).
Studio clinico MOVe-OUT
Lo studio clinico MOVe-OUT è uno studio di fase 2-3 per valutare efficacia e sicurezza del molnupiravir verso covid-19. Sugli esiti di efficacia forniti da un’analisi ad interim (prima della conclusione) della fase 2 è stato avviata la fase 3 dello studio (maggio 2021) (Jayk Bernal et al., 2021). I criteri di inclusione comprendevano: adulti non vaccinati, positivi a SARS-CoV-2 nei 5 giorni precedenti l’arruolamento, almeno un sintomo di malattia covid-19 entro i 5 giorni e almeno un fattore di rischio per malattia grave (età > 60 anni, tumore, malattia renale cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco), obesità, malattia cardiovascolare grave, diabete mellito). Il protocollo dello studio prevedeva la possibilità di terapia antipiretica, antinfiammatoria, corticosteroidea, ma non l’uso di remdesivir o anticorpi monoclonali per trattare covid-19. I pazienti arruolati sono stati rendomizzati a ricevere il molnupiravir (dose di 800 mg, 716 partecipanti) o placebo (717 partecipanti) due volte al giorno per 5 giorni. L’esito clinico principale di efficacia era l’incidenza di ricovero ospedaliero per qualsiasi causa o la morte fino al 29esimo giorno dall’inizio della terapia; l’esito sulla sicurezza era l’incidenza di eventi avversi. Sulla base dei dati di sequenza virale disponibili, le varianti del virus SARS-CoV-2 più comuni nella popolazione arruolata sono state la delta (58,1%), la mu (20,5%) e la gamma (10,7%)
Lo studio prevedeva un’analisi intermedia (ad interim) quando il 50% dei partecipanti fosse stato seguito fino al 29esimo giorno. I dati raccolti ad interim hanno evidenziato la superiorità del farmaco sul placebo, ma suggerivano un’efficacia del farmaco che poi è stata ridimensionata al termine dello studio, al 30% verso il rischio di ricovero o morte. Nello specifico, considerando i dati ad interim la percentuale di pazienti ricoverati per qualsiasi causa o morti è risultata pari al 7,3% (28/385 partecipanti) per molnupiravir e pari al 14,1% (53/377 partecipanti) per il gruppo placebo (p=0,001). Considerando invece i dati di fine studio, la percentuale di ricoveri per qualsiasi causa o morte è risultata pari al 6,8% (48/709 partecipanti) per il farmaco e pari a 9,7% (68/699 partecipanti) per il gruppo placebo; trend analogo per la percentuale di ricoveri o morte correlati a covid-19 (6,3% vs 9,2%, rispettivamente con il farmaco e il placebo). Il rischio di morte nei pazienti trattati con molnupiravir è risultato inferiore dell’89% rispetto al placebo (rispettivamente 1 vs 9 decessi). Il farmaco inoltre è stato associato ad una maggiore probabilità per i pazienti di andare incontro all’attenuazione/risoluzione dei sintomi di malattia entro il giorno 5 e ad una maggiore riduzione della carica virale, rispetto al placebo, ai controllo dei giorni 3, 5 e 10.
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza del molnupiravir, l’incidenza di eventi avversi è risultata simile (30,4 vs 33% dei pazienti, rispettivamente trattati con il farmaco o il placebo). Gli eventi avversi riportati con maggior frequenza (=/> 2% in entrambi i gruppi) sono stati: polmonite da covid-19 (6,3% vs 9,6%, rispettivamente con molnupiravir e placebo), diarrea (2,3% vs 3%) e polmonite batterica (2% vs 1,6%; quelli con maggior frequenza (=/> 1%), giudicati correlati al trattamento, sono stati: diarrea (1,7% vs 2,1%), nausea (1,4% vs 0,7%) e vertigini (1,0% vs 0,7%). Nello studio, l’incidenza di morte a seguito degli eventi avversi (a giudizio degli sperimentatori nessun decesso era dovuto al trattamento) è risultata più bassa nel gruppo trattato con molnupiravir.
Studio clinico osservazionale in Hong Kong
Uno studio osservazionale, condotto in Hong Kong tra febbraio e giugno 2022 in pazienti ambulatoriali positivi a SARS-CoV-2 quando la variante predominante del virus era Omicron (lignaggio BA.2.2), ha valutato l’efficacia di due terapie antivirali, molnupiravir e nirmatrelvir/ritonavir, in termini di ricovero ospedaliero, progressione della malattia durante il ricovero e mortalità. Nel gruppo di pazienti trattato con molnupiravir il 16,1% aveva ricevuto un ciclo vaccinale completo, ovvero almeno due dosi di vaccino a mRNA BioNTech oppure tre dosi di vaccino CoronaVac. In questo setting di pazienti, molnuprivari è stato associato ad un minor rischio di morte rispetto al gruppo di controllo (HR =0,76 IC95% 0,61-0,95) e di progressione della malattia dopo il ricovero (HR =0,57 IC95% 0,43-0,76), a parità di rischio di ospedalizzazione (HR =0,98 IC95% 0,89-1,06) (Wong et al., 2022).
Studio clinico PANORAMIC
Lo studio clinico PANORAMIC è un ampio trial randomizzato, multicentrico, a più bracci in aperto, condotto su pazienti positivi a SARS-CoV-2 non ospedalizzati, ma sintomatici da meno di 5 giorni, con età ≥ 50 anni oppure ≤18 anni con comorbilità. Lo studio è stato condotto quando la variante del virus SARS-CoV-2 dominante era Omicron. Il 94% della popolazione arruolata ha ricevuto almeno tre dosi di vaccino anti covid-19. Dallo studio sono state escluse le donne in gravidanza e le donne in età fertile che non facevano uso di una contraccezione efficace. L’esito clinico primario dello studio era verificare il tasso di ricovero o mortalità nei due gruppi di trattamento. Sia il gruppo trattato con molnupiravir (più terapia standard) sia il gruppo di controllo (trattato con solo terapia standard) hanno mostrato lo stesso tasso di ricovero o mortalità, pari all’1%. I pazienti che avevano ricevuto l’antivirale hanno mostrato performance migliori per gli esiti clinici secondari: tempi di recupero più brevi (beneficio stimato:4,2 giorni), tempi di negativizzazione inferiori (tampone nasofaringeo come test di controllo), minor incidenza di sintomi moderati/severi, minor coinvolgimento di assistenza sanitaria di base e ridotta carica virale (Butler et al., 2023).
Studio clinico di comparazione molnupiravir vs nirmatrelvir/ritonavir
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha condotto uno studio di comparazione tra molnupiravir e nirmatrelvir/ritonavir su pazienti con covid-19 quando la variante prevalente del virus era Omicron (febbraio-aprile 2022). I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti con i Registri di Monitoraggio per verificare quale fosse l’impatto dei due antivirali orali sul rischio di morte nei 28 giorni successivi all’inizio della terapia. Lo studio clinico per il tipo di dati utilizzato -acquisiti nella vita reale e non in un campione altamente selezionato come avviene di norma negli studi clinici – è uno studio di “real life”. Dall’analisi dei dati è emerso che la terapia precoce con nirmatrelvir/ritonavir (11576 pazienti trattati) è risultata più efficace di quella con molnupiravir (17977 pazienti trattati) nel ridurre il rischio di morte per tutte le cause nei 28 giorni successivi sia nell’intera popolazione studiata (tasso di incidenza cumulativo aggiustato: 0,78% vs 1.23% rispettivamente con nirmatrelvir/ritonavir e molnupiravir, p =0,0002), sia in specifici sottogruppi di pazienti, incluso quelli vaccinati con il ciclo completo più la dose di richiamo (86,7% dei pazienti totali). Per quanto riguarda la tollerabilità, nirmatrelvir/ritonavir è risultato associato ad una maggior incidenza di eventi avversi (disgeusia, diarrea, nausea) (Torti et al., 2023).
Sospensione utilizzo molnupiravir
Il primo paese ad autorizzare il molnupiravir (nome commerciale: Lagevrio) nel trattamento della malattia covid-19 è stato il Regno Unito a novembre 2021. Il farmaco è stato approvato per il trattamento della malattia lieve-moderata in pazienti adulti con almeno un fattore di rischio per malatia grave. In Italia, l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha autorizzato in via emergenziale l’uso di molnupiravir con analoga indicazione a dicembre dello stesso anno (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2021). Nello stesso mese è stato autorizzato in via emergenziale anche negli USA (Food and Drug Administration – FDA, 2021).
A febbraio 2023, il Comitato di valutazione dei farmaci dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA), in base ai dati clinici disponibili, ha rifiutato la domanda per l’immissione in commercio del molnupiravir, specialità medicinale Lagevrio. Il mese successivo, marzo 2023, l’Agenzia italiana ha sospeso l’utilizzo in via emergenziale dello stesso farmaco. Il Comitato dell’EMA ha ritenuto che i dati clinici non evidenziavano un beneficio significativo del molnupiravir nel ridurre il rischio di ospedalizzazione o di morte nei pazienti con covid-19 a rischio di malattia grave (European Medicines Agency – EMA, 2023; Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2023). In una popolazione ampiamente vaccinata, i benefici secondari ascrivibili al farmaco, relativi ad una più rapida guarigione dei sintomi o riduzione della carica virale, non sono stati valutati sufficienti in termini di rapporto costo-efficacia da EMA e AIFA. Nella stessa direzione, comunque, si è mosso anche il National Institute for Health and Care Excellence inglese (NICE) (National Institute for Health and Care Excellence – NICE, Final Draft guidance – Therapeutics for people with covid-19, 2023).