La mirtazapina appartiene alla classe di farmaci antidepressivi noradrenergici e serotoninergici specifici (NaSSA). Sintetizzata nel 1989, è considerata un antidepressivo atipico. Il primo paese ad averla approvata per il trattamento della depressione maggiore è stato l’Olanda nel 1994, seguita nel 1996 dall’Italia e dagli USA (Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n 136, del 12 giugno 1996).
Oltre a possedere attività antidepressiva e ansiolitica, la mirtazapina evidenzia anche attività antiemetica (blocco dei recettori serotoninergici 5-HT3) e stimolante l’appetito che giustificano l’uso del farmaco (uso off label) nel trattamento di insonnia, disturbi alimentari (anoressia, bulimia), disturbo da panico, distubo da stress post-traumatico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo d’ansietà generalizzata, disturbo d’ansia sociale, mal di testa ed emicrania, nausea e sindrome dell’intestino irritabile, prurito patologico (Jiliani, Saadabadi, 2019; Ruigt et al., 1993).
La mirtazapina è approvata nel trattamento di pazienti affetti da depressione moderata e grave; riduce la durata del sonno REM incrementando la durata del sonno profondo (Ruigt, Van Proosdij, 1990).
La mirtazapina stimola la neurotrasmissione noradrenergica attraverso il blocco dei recettori centrali alfa2-adrenergici presinaptici, verso cui mostra una maggiore affinità rispetto a quelli posti a livello sinaptico e periferico, aumentando i questo modo il rilascio di serotonina e noradrenalina; non possiede alcun effetto sulla ricaptazione dei neurotrasmettitori serotonina, noradrenalina e dopamina (De Boer et al., 1988).
Poiché la noradrenalina stimola il sistema nervoso simpatico, un potenziamento della trasmissione noradrenergica si traduce in un aumento generale dell’attività e del metabolismo come osservato con la mirtazapina.
Il farmaco favorisce la neurotrasmissione serotoninergica attraverso due meccanismi sinergici che consistono nell’incrementare la produzione e il rilascio di serotonina dalle cellule del rafe; tale rilascio è provocato dal blocco dei recettori alfa2-adrenergici posti sulle terminazioni nervose serotoninergiche. La mirtazapina agisce in maniera selettiva sui recettori serotoninergici; stimola i recettori 5-HT1, responsabili dell’effetto antidepressivo (Blier, De Montigny, 1994) e inibisce i recettori 5-HT2 (sottotipi A e C) e 5-HT3 responsabili della maggior parte degli effetti collaterali degli altri farmaci antidepressivi.
La mirtazapina è un potente antagonista del recettore dell’istamina H1 e quest’azione è rsponsabile degli effetti sedativi del farmaco. Ha dimostrato anche una debole-moderata azione antagonista sui recettori periferici adrenergici alfa 1 e sui recettori muscarinici. A differenza della maggior parte degli antidepressivi triciclici, la mirtazapina ha evidenziato un effetto debole o nullo come bloccante dei canali del sodio o del calcio, e come anticolinergico (Anttila, Leinonen, 2001; Gorman, 1999).
Depressione
Nel trattamento della depressione, la mirtazapina (20-80 mg/die) possiede efficacia simile a clomipramina (75-200 mg/die) e a doxepina (75-300 mg/die). La mirtazapina (24-72 mg/die) ha evidenziato attività terapeutica maggiore di trazodone (150-450 mg/die) nel migliorare la sintomatologia (78% vs 61% dei pazienti trattati) (van Moffaert et al., 1995).