Interruzione medica di gravidanza intrauterina in corso: L’aborto farmacologico con mifepristone (RU 486) richiede un monitoraggio attento della condizione fisica e psichica della donna. Il metodo infatti non è efficace al 100% e può richiedere un successivo intervento chirurgico. Inoltre, e questo è l’aspetto più complesso del metodo, una volta assunto il mifepristone, è la donna in primis che deve monitorare l’andamento del processo. In caso di mancato aborto entro 36-48 ore dall’assunzione del mifepristone, la donna deve assumere un prostaglandinico (misoprostolo o gemeprost), quindi sottomettersi ad una ulteriore visita dopo 14-21 giorni per accertare l’avvenuta espulsione del feto. Nella maggior parte dei casi il sanguinamento inizia 24-48 ore dopo la somministrazione del mifepristone e solo in un piccolo numero di pazienti (3%) l’espulsione del feto avviene prima di prendere la prostaglandina. Il sanguinamento dura in media una decina di giorni e l’espulsione del feto può avvenire entro poche ore dalla somministrazione della prostaglandina fino a qualche giorno dopo. In caso di gravidanza con dispositivo intrauterino in situ, il dispositivo va rimosso prima della somministrazione di mifepristone.
Fallimenti terapeutici: l’interruzione di gravidanza con mifepristone presenta un rischio di fallimento dell’1,3-7,5%. Il rischio di fallimento potrebbe essere associato a polimorfismi del gene che codifica per il recettore degli estrogeni (Wang et al., 2010). Anche la parità della donna (numero di parti o numero di figli, compresi i nati morti) sembra influire sul successo del trattamento abortivo: alle pazienti con parità maggiore è associata una minore efficacia del trattamento abortivo (Lefebvre et al., 2008).
Sanguinamento: in seguito all’assunzione di mifepristone per l’interruzione della gravidanza, si verifica sanguinamento vaginale che in media dura una decina di giorni, ma che può protrarsi anche per più tempo. Il sanguinamento non è indice di avvenuta espulsione fetale. In caso di sanguinamento persistente (anche lieve) dopo la visita di controllo da effettuare dopo 2 o 3 settimane dall’assunzione del mifepristone, verificare l’eventualità di un aborto incompleto o di una gravidanza extra-uterina passata inosservata. Sebbene meno dell’1,5% delle pazienti trattate con mifepristone richieda un raschiamento emostatico per sanguinamento abbondante, effettuare sempre un’anamnesi attenta dello stato di coagulabilità della paziente (escludere o accertare la presenza di disordini dell’emostasi con ipocoagulabilità o con anemia).
Infezioni: sono stati riportati casi di shock tossico fatale causato da endometrite da Clostridium sordellii, dopo aborto farmacologico con mifepristone (200 mg) seguito da somministrazione vaginale, anzichè orale, di una dose doppia di misoprostolo (800 mg) (Murray, 2005). L’uso di dosi elevate di misoprostolo per una via diversa da quella orale è una procedura non autorizzata ed è inoltre controverso se sia necessario o meno effettuare, in questo caso, una profilassi antibiotica (Baulieu, 2006; Fisher et al., 2005).
La sintomatologia della sindrome da shock settico da C. sordellii è atipica, inizialmente può essere confusa con gli effetti collaterali comuni del trattamento abortivo, cioè crampi addominali, sanguinamento vaginale, mal di testa, nausea, vomito e diarrea (Murray, 2005); è inoltre caratterizzata da assenza di febbre, tachicardia, ipotensione, edema, aumento dell’ematocrito, leucocitosi e neutropenia. È stato ipotizzato un ruolo attivo del mifepristone nello sviluppo dello shock settico da C. sordellii. Grazie alla sua azione antiprogestinica e antiglucocorticoide, il mifepristone interferisce con il rilascio e la funzione di citochine e cortisolo. Questo influenzerebbe i meccanismi immunitari deputati alla difesa e prevenzione dell’infezione da C. sordellii. La risposta atipica di citochine e cortisolo dovuta al mifepristone e il rilascio da parte di C. sordellii di potenti endotossine ed esotossine determinerebbero il rapido sviluppo dello shock settico letale (Miech, 2005).
Complicanze psicologiche dell’aborto: è stato riportato che le donne che abortiscono alla prima gravidanza hanno una probabilità 5 volte maggiore di incorrere in seguito nell’abuso di sostanze stupefacenti rispetto alle donne che portano a termine la loro prima gravidanza e 4 volte maggiore rispetto alle donne che subiscono un aborto per cause naturali alla loro prima gravidanza (Reardon, Ney, 2000). Altri studi collegano l’aborto ad un aumentato tasso di suicidi. In Finlandia, negli anni dal 1987 al 1994, questo tasso era di 11,3%; pari al 18,1% nelle donne che avevano abortito spontaneamente e al 34,7% tra le donne che avevano avuto un aborto indotto nell’ultimo anno prima del suicidio (Gissler et al., 1996). L’aborto farmacologico non allevia, anzi forse intensifica, il trauma morale ed emozionale collegato all’evento (DeHart, Morehead, 2001).
Determinazione del gruppo sanguigno: determinare il gruppo sanguigno prima di usare mifepristone per l’aborto per la prevenzione dell’alloimmunizzazione RH.
Gravidanze ectopiche: è stato riportato un piccolo numero di segnalazioni di rottura di gravidanza ectopica, in seguito all’uso di mifepristone (FDA, 2004). Il mifepristone e gli analoghi delle prostaglandine non sono efficaci nella gravidanza ectopica, che anzi rappresenta una controindicazione all'uso del mifepristone. Se possibile, prima di usare il mifepristone per l’induzione dell’aborto escludere la possibilità di una gravidanza ectopica.
Malattie croniche: poichè non ci sono dati sulla sicurezza e sull’efficacia di mifepristone in donne con patologie croniche quali malattie cardiovascolari, epatiche, respiratorie o renali, ipertensione, diabete mellito insulino-dipendente, grave anemia, malnutrizione, l’uso del farmaco in tali pazienti deve avvenire con cautela.
Fumo: le donne con più di 35 anni e che fumano 10 o più sigarette al giorno devono assumere il mifepristone in associazione ad analoghi delle prostaglandine con cautela perché presentano un maggior rischio di eventi cardiovascolari (questo tipo di paziente è stato escluso dai trial clinici).
Insufficienza surrenalica: in caso di sospetta insufficienza surrenalica acuta, si consiglia di somministrare desametasone (1 mg di desametasone antagonizza una dose di 400 mg di mifepristone).
Patologie cardiovascolari: eventi cardiovascolari rari ma gravi, sono stati segnalati dopo la somministrazione intramuscolare di analoghi della prostaglandina. Per tale ragione, donne a rischio per malattie cardiovascolari o patologie cardiovascolari conclamate dovrebbero essere trattate con prudenza durante l’interruzione di gravidanza con mifepristone in associazione ad analoghi delle prostaglandine.
Farmaci metabolizzati dal CYP3A4: il mifepristone è un inibitore del CYP3A4. In studi in vitro il mifepristone ha inibito l’idrossilazione del midazolam, marker dell’attività del CYP3A4 (Jang, Benet, 1998).
A causa della lenta eliminazione del mifepristone dall’organismo, l’inibizione enzimatica può essere osservata per un periodo prolungato dopo la sua somministrazione: in seguito all’assunzione in dosi ripetute (50 mg 2 volte/die per 7 giorni), il mifepristone è stato rilevato nel siero fino a 12 giorni dopo l’interruzione della somministrazione (Heikinheimo, 1989). Usare cautela quando il mifepristone è somministrato insieme a farmaci metabolizzati del CYP3A4 con stretto indice terapeutico.
Corticosteroidi: a causa dell’attività antiglucocorticoidea del mifepristone, l’efficacia della terapia corticosteroidea a lungo termine, inclusi i corticosteroidi per inalazione nei pazienti asmatici, può risultare ridotta nei giorni successivi all’assunzione del farmaco. La terapia corticosteroidea dovrebbe essere aggiustata.
Secondo la FDA, una terapia corticosteroidea a lungo termine costituisce una controindicazione all’impiego di mifepristone.
FANS: l’efficacia del mifepristone può, in via teorica, ridursi a causa delle proprietà antiprostaglandiniche dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) inclusa l’aspirina (acido acetilsalicilico).
Anticoagulanti: l’uso di mifepristone in caso di concomitante terapia anticoagulante deve avvenire con particolare cautela per il maggior rischio di emorragia.
Secondo la FDA, una concomitante terapia anticoagulante costituisce una controindicazione all’uso di mifepristone.
Gravidanza: in letteratura il mifepristone è stato associato, sporadicamente a casi di tossicità embriofetale. Si raccomanda di evitare il concepimento durante il ciclo mestruale successivo all’assunzione di mifepristone e di adottare valide misure di contraccezione il prima possibile dopo la somministrazione del farmaco. Nel caso in cui si decida di portare avanti una gravidanza dopo fallimento del trattamento abortivo con mifepristone, la donna deve essere consapevole del rischio di malformazioni a cui è soggetto il nascituro (Pöhls et al., 2000).
Allattamento: il mifepristone è un composto lipofilico e può essere escreto nel latte materno; di conseguenza, il suo impiego dovrebbe essere evitato in corso di allattamento al seno. Un piccolo studio condotto su 12 donne ha tuttavia dimostrato che le concentrazioni di mifepristone che si ritrovano nel latte materno sono basse (Sääv et al., 2010).
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