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Levosulpiride

Levopraid, Levobren

Farmacologia - Come agisce Levosulpiride?

Levosulpiride è un antagonista dopaminergico appartenente alla classe dei farmaci antipsicotici; a basse dosi viene usata anche come procinetico ed antiemetico.

L’efficacia antipsicotica e procinetica della levosulpiride è dovuta alla capacità di agire in modo differente su recettori differenti: il farmaco è in grado di antagonizzare selettivamente i recettori dopaminergici D2 e di interagire come agonista sui recettori della serotonina 5-HT4.

Attività antipsicotica della levosulpiride
In virtù della cosiddetta ipotesi dopaminergica alla base dei principali disordini psichiatrici, dalle psicosi alla schizofrenia, l’uso di antagonisti dopaminergici, come levosulpiride, è risultato efficace nel trattamento di queste patologie psichiatriche; tuttavia è al loro stesso meccanismo d’azione che si devono i principali effetti collaterali, iperprolattinemia e sintomi extrapiramidali.
L’iperprolattinemia è dovuta alla soppressione dell’effetto inibitorio della dopamina ipotalamica sulla secrezione di prolattina da parte dell’ipofisi posteriore. La levosulpiride, antagonizzando la dopamina, causa un aumento della secrezione dell’ormone.
Gli effetti collaterali di tipo parkinson-simile, come discinesia, tremore, rigidità, sono dovuti all’effetto antidopaminergico che la levosulpiride esercita a livello dei gangli della base e dello striato, regioni del sistema nervoso centrale deputate al controllo dei movimenti.
Tali effetti sono dose-dipendenti e reversibili in caso di terapie brevi. Quando invece il trattamento antipsicotico è prolungato si può evidenziare la comparsa di discinesia tardiva, alterazione irreversibile del controllo motorio.

La componente serotoninergica della levosulpiride la rende efficace nel miglioramento sia dei sintomi negativi che di quelli positivi tipici della schizofrenia.

Uno studio ha ipotizzato l’utilità di aggiungere levosulpiride alla terapia classica con inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) in pazienti affetti da disordine ossessivo-compulsivo refrattari al solo trattamento con SSRI. Dopo un mese di fluvoxamina a 50 mg/die, la dose è stata aumentata a 300 mg/die per altre 10 settimane senza una significativa diminuzione nell’intensità e nella frequenza dei sintomi. Aggiungendo invece 100 mg/die di levosulpiride, nelle 3 settimane successive si è osservata una riduzione importante dei sintomi, con una bassa incidenza di effetti collaterali. Ulteriori studi sono tuttavia richiesti per confermare l’efficacia clinica e la tollerabilità di questo approccio (Sevincok et al, 2009).

Attività procinetica e antiemetica della levosulpiride
La dopamina, abbondante a livello enterico, svolge un’azione inibitoria sulla motilità, portando ad una riduzione del tono dello sfintere esofageo inferiore e della pressione all’interno dello stomaco. Tali effetti sembrano derivare dal mancato rilascio di Acetilcolina (ACh) da parte dei neuroni mioenterici e poiché sono mediati da recettori dopaminergici di tipo D2 farmaci in grado di bloccarli sono efficaci procinetici (Tonini et al., 2004). Grazie inoltre all’azione antagonista a livello dei chemorecettori della zona trigger (chemoreceptor trigger zone CTZ) tali farmaci sono in grado di ridurre anche le sensazioni di nausea e vomito. Proprio grazie all’interazione coi recettori dopaminergici D2 presenti a livello della zona trigger CTZ si deve l’effetto antiemetico di levosulpiride, sfruttato anche per combattere le sensazioni di vomito e nausea tipicamente associate a farmaci antineoplastici come cisplatino o antracicline. La componente serotoninergica del profilo di attività farmacologica della levosulpiride favorisce l’efficacia del farmaco nel trattamento dei disturbi gastrointestinali come la dispepsia funzionale e la gastroparesi diabetica (Tonino et al., 2004).

I dati biochimici e farmacologici ottenuti con i due isomeri della sulpiride hanno indicato che l’attività antidopaminergica, sia a livello centrale che periferico, è svolta dall’enantiomero levogiro.

Diversi studi clinici hanno confermato l’efficacia terapeutica della levosulpiride nel trattamento della dispepsia funzionale (Arienti et al., 1994; Corazza et al., 1996; Distrutti et al., 2002). Il farmaco possiede una buona tollerabilità (negli studi clinici l’incidenza di eventi avversi è risultata pari all’11%) e l’interruzione del trattamento per eventi avversi non supera l’1% dei pazienti (Corazza, Tonini, 2000).

La levosulpiride (25 mg tre volte al giorno) è risultata più efficace di domperidone (10 mg tre volte al giorno) e metoclopramide (10 mg tre volte al giorno) (p < 0,01) nel migliorare i punteggi globali delle scale di riferimento utilizzate per valutar l’attività terapeutica dei farmaci e i sintomi clinici come il gonfiore postprandiale, il dolore epigastrico e il bruciore di stomaco (Corazza et al., 1996).

In uno studio di confronto in pazienti con dispepsia funzionale e gastroparesi, la levosulpiride è risultata efficace quanto cisapride nel ridurre il tempo di svuotamento gastrico e nel migliorare il punteggio complessivo di valutazione dei sintomi. La levosulpiride è risultata meno efficace (p < 0,01) della cisapride nel migliorare l’impatto dei sintomi sulle attività quotidiane dei pazienti e la percezione soggettiva dei sintomi come nausea, vomito e senso di sazietà postprandiale (Mansi et al., 2000). In un altro studio i due farmaci sono risultati equivalenti nel ridurre il punteggio complessivo dei sintomi associati alla dispepsia e per quanto riguarda gli effetti sulla qualità di vita (HRQoL, Health-related quality of life); nessun effetto invece è stato osservato sullo stato di ansietà connesso alla malattia. L’incidenza di effetti avversi è stata pari al 18,8% vs 11,3% rispettivamente nel gruppo trattato con levosulpiride e in quello trattato con cisapride. L’abbandono del trial per effetti collaterali è risultato statisticamente più elevato con cisapride (p = 0,03) (Mearin et al., 2004).

In pazienti con dispepsia funzionale causata da alterata motilità, inclusi pazienti con esofagite da reflusso non erosiva, la somministrazione di levosulpiride (50-75 mg/die) per 4 settimane ha determinato, dopo 30 giorni dall’inizio della terapia, la scomparsa dei sintomi clinici; il miglioramento clinico si è mantenuto fino all’ultima visita medica prevista dal protocollo dello studio, a 60 giorni dall’inizio del trattamento. Gli effetti collaterali più frequenti sono risultati: galattorrea (26,7% dei pazienti), sonnolenza (17,8%), fatigue (11,1%) e mal di testa (11,5%); nessun paziente ha interrotto il trial per gli effetti collaterali (Lonzano et al., 2007).

La levosulpiride è risultata efficace anche nel trattamento della colecistoparesi in pazienti diabetici (Mansi et al., 1995).

Eiaculazione precoce
Uno studio in doppio cieco condotto nel 2002 ha suggerito la possibilità di utilizzare la levosulpiride nel trattamento dell’eiaculazione precoce al dosaggio di 25 mg una volta al giorno per 60 giorni. Gli effetti collaterali come iperprolattinemia e calo della libido sono stati di lieve entità ed hanno interessato una bassa percentuale (10%) di pazienti, a fronte di miglioramenti significativi nel ritardare l’eiaculazione (aumento del tempo di latenza). Il 52,94% dei pazienti trattati con levosulpiride ha avuto un aumento del 500% del tempo di latenza, il 23,53% un aumento del 200%. I pazienti che hanno avuto un aumento lieve del tempo di latenza o non hanno avuto nessun miglioramento (non responder) sono stati, per entrambi i gruppi, pari al 23,53% (Greco et al., 2002). Analoghi risultati sono stati osservati in un altro studio clinico (Hussain et al., 2010). Il meccanismo d’azione proposto per spiegare i risultati osservati è correlato alla relazione tra ruolo della dopamina nella funzione sessuale umana ed antagonismo D2 di levosulpiride. Sono tuttavia necessari ulteriori approfondimenti per valutare la possibilità di estendere le indicazioni terapeutiche di levosulpiride al trattamento dell’eiaculazione precoce, uno dei più diffusi disturbi sessuali maschili.