Modalità di somministrazione: assumere glibenclamide prima o durante il pasto. Quando i pasti vengono assunti ad orari irregolari o non vengono consumati, aumenta il rischio di ipoglicemia.
Dieta: la dieta rappresenta il primo intervento terapeutico nella gestione del paziente diabetico. Il ricorso alla terapia farmacologica deve sempre essere associato ad un regime alimentare adeguato.
Ipoglicemia: il rischio di ipoglicemia è maggiore con le sulfoniluree a lunga durata d'azione, come glibenclamide e clorpropamide, rispetto a quelle con azione più breve, come gliclazide e tolbutamide. I sintomi correlati a ipoglicemia comprendono: cefalea, fame imperiosa, nausea, vomito, stanchezza, sonnolenza, disturbi del sonno, irrequietezza, aggressività, difficoltà di concentrazione, alterazione dello stato di vigilanza e del tempo di reazione, depressione, confusione, disturbi della parola o della vista, afasia, tremore, paralisi, disturbi sensori, vertigini, debolezza, perdita di autocontrollo, delirio, convulsioni cerebrali, perdita di coscienza fino a coma, respirazione superficiale e bradicardia.
Possono inoltre presentarsi segni della contro-regolazione adrenergica quali sudorazione, pelle fredda ed umida, ansietà, tachicardia, ipertensione, palpitazioni, angina pectoris ed aritmie cardiache.
I sintomi possono quasi sempre essere rapidamente controllati con l'assunzione di carboidrati (zucchero).
Stress: in situazioni di stress (traumi, operazioni chirurgiche, malattie febbrili, ecc.) può essere indicato il passaggio temporaneo all'insulina.
Minima dose efficace: monitorare la glicemia e la glicosuria per poter determinare la minima dose efficace.
Pazienti epatopatici o nefropatici: il rischio di ipoglicemia in questa classe di pazienti tende ad aumentare perché risulta più elevata la concentrazione plasmatica del farmaco. Nei pazienti con ridotta funzionalità epatica, inoltre, potrebbe diminuire la gluconeogenesi.
Insufficienza renale cronica (IRC): la somministrazione di glibenclamide dovrebbe essere evitata in pazienti con insufficienza renale cronica di stadio 3-5. La glibenclamide ha un metabolita attivo che è escreto attraverso il rene e il cui accumulo può causare un'ipoglicemia prolungata in pazienti con IRC (Snyder, Berns, 2004).
Pazienti anziani, debilitati, defedati: in questi pazienti le sulfoniluree a lunga durata d'azione tendono ad indurre più facilmente ipoglicemia. Preferire sulfoniluree a breve durata d'azione.
Precedente terapia con clorpropamide: se la glibenclamide viene sostituita alla clorpropamide, monitorare la glicemia per le prime 2 settimane poiché la clorpropamide permane nell'organismo per periodi prolungati (rischio di ipoglicemia).
Precedente terapia con insulina: la somministrazione di dosi maggiori di 40 unità insuliniche richiede una preventiva riduzione del dosaggio di insulina e una sostituzione graduale di quest'ultima con la glibenclamide. È opportuno, nella fase di sostituzione, controllare glucosio e chetoni nelle urine almeno 3 volte al giorno.
Acetonuria e glicosuria: la presenza di questi sintomi dovrebbe indirizzare la diagnosi verso il diabete insulino-dipendente.
Acido nicotinico, alcool, alofenato, beta-bloccanti, calcio-antagonisti, ciclofosfamide, clofibrato, cloramfenicolo, dicumarolo e derivati, estrogeni, fenilbutazone, feniramidolo, fenitoina, fenotiazine, furosemide, glisossepide, isoniazide, MAO-inibitori, probenecid, propranololo, salicilati, simpaticomimetici, alcuni sulfamidici, farmaci tiroidei: non somministrare glibenclamide con questi farmaci.
Adrenalina, corticosteroidi, diuretici, contraccettivi orali: diminuiscono gli effetti ipoglicemizzanti della glibenclamide.
Gravidanza: la somministrazione di sulfoniluree durante il parto può causare una grave ipoglicemia persistente nel neonato. Si raccomanda pertanto di interrompere la terapia con glibenclamide 2 settimane prima del parto. Poiché le fluttuazioni della glicemia nelle pazienti diabetiche possono indurre anomalie congenite e mortalità perinatale, è importante che il trattamento antidiabetico non sia interrotto. Il farmaco di scelta, per il trattamento del diabete in gravidanza, rimane l'insulina per la sua capacità di mantenere sotto controllo la glicemia e per l'assenza di effetti potenzialmente tossici sul feto (l'insulina non attraversa la placenta); nelle pazienti nelle quali la somministrazione di insulina presenta delle criticità, la glibenclamide può rappresentare una valida alternativa.
Allattamento: sulla base dei dati di letteratura, il trattamento antidiabetico con glibenclamide può essere considerato compatibile con l'allattamento al seno (Feig et al., 2007). Il legame tra glibenclamide e proteine plasmatiche è di natura non ionica, pertanto, è probabile che il passaggio del farmaco nel latte materno possa considerarsi trascurabile (Everett et al., 1997). Infatti dopo somministrazione di una dose singola di glibenclamide pari a 5 e 10 mg, la misurazione della concentrazione del farmaco nel latte materno 8 ore dopo non ha rilevato tracce di farmaco e, analogamente, è stato osservato dopo 5-16 giorni in caso di somministrazione di 5 mg/die (Feig et al., 2005)
Conservazione: conservare al riparo dalla luce.
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