Il formoterolo è un beta2-agonista a lunga durata d’azione (LABA, Long Action Beta Agonist): la sua azione broncodilatante si manifesta pochi minuti dopo la somministrazione per via inalatoria e si protrae per circa 12 ore.
Il formoterolo appartiene al gruppo delle feniletanolamine il cui capostipite è rappresentato dall’isoproterenolo. Rispetto all’isoproterenolo presenta un gruppo formamidico a sostituire un gruppo fenolico e uno N-arilalchilico a sostituire un gruppo isopropilico: queste modifiche strutturali privilegiano l’attività beta2-agonista del formoterolo, dotandolo di una spiccata selettività d’azione verso questi recettori (Tasaka, 1986). Alle dosi terapeutiche, gli effetti del formoterolo sul cuore (recettori beta1) possono essere considerati minimi.
Il formoterolo presenta 2 atomi di carbonio asimmetrici (ogni atomo di carbonio si lega a quattro gruppi funzionali differenti): l’enantiomero con i 2 atomi di carbonio aventi configurazione “R“, è quello dotato di maggiore attività beta2-agonista.
L’azione del formoterolo si esplica principalmente sui recettori beta2 localizzati sulla muscolatura liscia bronchiale. La stimolazione di questi recettori attiva l’enzima adenilciclasi con conseguente aumento dei livelli intracellulari di cAMP che a sua volta inibisce la funzionalità dei canali del Ca++ inducendo rilasciamento della muscolatura liscia bronchiale (broncodilatazione) e riduzione della resistenza al passaggio dell’aria nei bronchi.
L’effetto broncodilatante del formoterolo è risultato essere correlato alla stimolazione diretta dei recettori beta adrenergici dal momento che è inibito dal propranololo (beta-bloccante non selettivo) ma non dal pre-trattamento con reserpina (farmaco in grado di esaurire i depositi di adrenalina, noradrenalina e serotonina a livello delle cellule nervose). Inoltre l’attività del formoterolo è risultata essere inibita più dalla somministrazione di butoxamina (beta2-antagonista) che non da quella di atenololo (beta1-antagonista) a testimoniare la beta2 selettività del farmaco. Ciò nonostante già a dosi di 1 mcg/kg il formoterolo può aumentare la frequenza cardiaca ed indurre tachicardia (stimolazione dei recettori beta1 cardiaci e perdita di selettività).
Sperimentalmente il formoterolo si è rivelato in grado di inibire l’insorgenza di fenomeni anafilattici e di risolvere crisi asmatiche indipendentemente dalla loro causa.
Il formoterolo è risultato privo di effetti anestetici locali. Non modifica i livelli sierici di fosfolipidi, trigliceridi e colesterolo totale, mentre aumenta la glicemia, la concentrazione di acidi grassi liberi e riduce l’escrezione di sodio e cloro.
Analogamente ad altri beta2-agonisti il formoterolo potrebbe ridurre l’attività della fosfolipasi A2 in sede polmonare e quindi inibire la sintesi di leucotrieni e prostaglandine. Inoltre, stimolando i recettori beta2 localizzati sui linfociti T-killer, potrebbe inibire la produzione di IgE limitando l’insorgenza di reazioni anafilattiche (Pauwels et al., 1980).
Asma bronchiale
L’asma bronchiale è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, causata dall’esposizione continua a sostanze allergeniche o a fattori ambientali nocivi. I farmaci di prima linea sono rappresentati dai corticosteroidi per via inalatoria per la terapia di mantenimento, e dai beta2-agonisti a breve durata d’azione, per il trattamento dell’attacco acuto.
Il formoterolo è indicato nel trattamento dell’asma bronchiale come terapia di mantenimento in pazienti che già assumono corticosteroidi. Nei pazienti che non riescono a controllare l’asma bronchiale con i corticosteroidi per via inalatoria è preferibile associare un beta2-agonista a lunga durata (LABA) d’azione piuttosto che aumentare la dose del corticosteroide (Linee Guida NAEPP, 2007).
Il formoterolo non è indicato nel trattamento dell’asma in monoterapia per l’elevato rischio di riacutizzazione grave. La FDA ha stimato per i pazienti con asma bronchiale in monoterapia con beta2-agonisti a lunga durata d’azione (formoterolo, salmeterolo) un rischio pari a 3 volte per ricovero ospedaliero e morte rispetto ai pazienti con asma non trattati con LABA in monoterapia. I dati di letteratura analizzati provengono da due studi clinici che hanno preso in considerazione gli effetti del salmeterolo (Salmeterol Nationwide Surveillance, Salmeterolo Multicenter Asthma Research Trial) e da una metanalisi (Castle et al., 1993; Nelson et al., 2006; Salpeter et al., 2006). Sulla base di questi dati la FDA ha ritenuto opportuno controindicare l’uso dei LABA (formoterolo, salmeterolo) per la terapia asmatica non associati a corticosteroidi per via inalatoria (Robinson, 2010; Lange, 2006; Currie et al., 2006). Come terapia di mantenimento i LABA sono indicati solo quando la terapia corticosteroidea inalatoria non risulta sufficiente a controllare la sintomatologia asmatica (Prescrire Int. 2007). Attualmente la FDA ha richiesto alle ditte che producono formoterolo e salmeterolo di approfondire gli aspetti sulla sicurezza in pazienti adulti e pediatrici con asma bronchiale con nuovi studi clinici (FDA, 2011).
Il formoterolo è disponibile sia sotto forma di polvere per l’inalazione sia come soluzione pressurizzata (areosol predosato). Negli areosol predosati il formoterolo è miscelato con un gas propellente che permette la fuoriuscita del farmaco quando il dispositivo è attivato. I gas propellenti attualmente usati sono gli idrofluoroalcani (HFA).
Indipendentemente dal tipo di dispositivo, è importante che il paziente sia correttamente informato sull’uso del dispositivo stesso per poterne trarre i benefici maggiori. Circa un quarto dei pazienti che usano i dispositivi per l’inalazione di polveri (DPI) non hanno ricevuto nessun tipo di informazione (Lavorini et al., 2008).
Nella terapia combinata con corticosteroidi, il formoterolo è disponibile in associazione a beclometasone, a budesonide oppure mometasone (quest’ultima associazione non è disponibile in commercio in Italia).
In pazienti adulti e pediatrici (età > 12 anni) con asma bronchiale moderata-grave, l’associazione formoterolo più budesonide (2 inalazioni da 4,5/160 mcg 2 volte/die), somministrata per 12 settimane, è risultata più efficace dei due farmaci somministrati in monoterapia (miglioramento della FEV1) ed equivalente alla somministrazione dei due farmaci inalati contemporaneamente ma con due dispositivi differenti (Noonan et al., 2006). Analoghi risultati sono stati osservati a dosaggi inferiori (4,5/80 mcg di formoterolo/budesonide 2 volte/die) nel trattamento dell’asma bronchiale di grado lieve o moderato (Corren et al., 2007).
L’associazione formoterolo più budesonide può essere utilizzata, nei pazienti che già la assumono come terapia di mantenimento, anche come terapia “al bisogno“ (strategia SMART) (Linee Guida GINA, 2009). La strategia SMART è risultata efficace nel controllare le riacutizzazioni dell’asma sia nei pazienti adulti che negli adolescenti con dosi medie relativamente basse. La strategia SMART è risultata efficace nel trattamento dell’asma moderata-severa anche sul lungo periodo (Rabe et al., 2006; Bousquet et al., 2007; Sears et al., 2008).
Le Linee Guida GINA (Global Initiative for Asthma) 2014 comunque raccomandano per i pazienti con asma di grado moderato che non rispondono ai corticosteroidi inalatori a basso dosaggio, la somministrazione regolare di formoterolo più budesonide con aggiunta, al bisogno, di beta-2-agonisti a breve durata d’azione per il sollievo dei sintomi. In alternativa possono essere somministrati beta-2-agonisti sia a rapida azione, sia a lunga durata d’azione, in aggiunta ai corticosteroidi inalatori. A supporto delle raccomandazioni delle linee guida i risultati di uno studio clinico randomizzato volto a confrontare l’efficacia terapeutica fra l’uso regolare o “al bisogno” di formoterolo più budesonide in caso di asma moderato in fase stabile. Lo studio clinico ha arruolato 866 pazienti tra i 18 e i 65 anni: alcuni di essi hanno ricevuto regolarmente due volte al giorno per un anno l’associazione di budesonide (160 mcg) e formoterolo (4,5 mcg) e in aggiunta, al bisogno, terbutalina (500 mcg); l’altro gruppo, invece, appartenente alla terapia al bisogno, è stato trattato con il placebo due volte al giorno e, al bisogno, budesonide (160 mcg) con formoterolo (4,5 mcg). Nei due gruppi è stato valutato il tasso di non fallimento al trattamento, secondo lo stimatore di Kaplan-Meier (stimatore che si utilizza per stimare la funzione di sopravvivenza di dati relativi alla durata di vita), risultato del 53,6 % per il trattamento al bisogno e del 64,0% per il trattamento regolare. Inoltre il 25% del gruppo trattato con la terapia “al bisogno” ha subito il fallimento del trattamento farmacologico in un tempo più breve rispetto all’altro gruppo (11,86 settimane rispetto a 28,00 settimane), prevalentemente per i risvegli notturni a cui sono stati maggiormente soggetti i pazienti trattati “al bisogno” (Papi et al., 2014).
Nello studio SUND, in pazienti con asma bronchiale di grado moderato (FEV1: 84% del valore normale), la terapia con formoterolo più budesonide somministrata a dosaggio variabile è risultata più efficace della stessa terapia somministrata a dosaggio fisso e dell’associazione salmeterolo più fluticasone somministrata sempre a dosaggio fisso. Lo studio prevedeva due fasi, la prima, in doppio cieco della durata di 4 settimana, prevedeva la somministrazione a dosaggio fisso delle due associazioni terapeutiche, mentre la seconda fase, in aperto, della durata di 6 mesi, prevedeva per metà dei pazienti del gruppo formoterolo più budesonide la possibilità di variare il dosaggio giornaliero dell’associazione farmacologica (gli altri pazienti, metà del gruppo formoterolo più budesonide e tutto il gruppo in terapia con salmeterolo più fluticasone, continuavano a ricevere i farmaci secondo lo schema posologico della fase in doppio cieco). L’esito clinico principale dello studio era rappresentato dalla probabilità di ottenere una settimana con asma controllata. Al termine della fase in doppio cieco dello studio, nessuna differenza è stata osservata fra i due gruppi di trattamento. Al termine della fase in aperto, l’associazione formoterolo più budesonide a dosaggio variabile è stata associata ad una probabilità maggiore di ottenere il controllo dell’asma (esito clinico principale dello studio) rispetto alla stessa associazione somministrata però a dosaggio fisso (p=0,049) nonostante una riduzione del 15% della quantità di farmaco in uso. Nei pazienti trattati con formoterolo e budesonide a dosaggio variabile, il rischio di esacerbazione dell’asma è diminuito del 32% rispetto alla stessa associazione a dosaggio fisso e del 40% rispetto all’associazione salmeterolo più fluticasone; il ricorso ai broncodilatatori “al bisogno“ è diminuito del 27% (Aalbers et al., 2004).
Nello studio CAST, il formoterolo in associazione a budesonide è stato somministrato sia come terapia a dosaggio fisso sia come terapia a dosaggio variabile. Le formulazioni disponibili comprendevano un dosaggio, per ciascuna inalazione, di 4,5 mcg di formoterolo e di 80 oppure 160 mcg di budesonide. Nei pazienti a dosaggio fisso, lo schema posologico prevedeva 2 inalazioni 2 volte/die; nei pazienti a dosaggio variabile lo schema posologico prevedeva 2 inalazioni 2 volte/die, incrementabili a 4 inalazioni 2 volte/die in caso di peggioramento oppure a 2 inalazioni 1 volta/die oppure 1 inalazione 1 volta/die in caso di miglioramento. Frequenza dell’esacerbazioni e variazione della severità dei sintomi asmatici costituivano gli endpoint clinici primari; controllo dell’asma bronchiale, tollerabilità e costo della cura rappresentavano gli endpoint secondari dello studio clinico. Entrambi gli schemi posologici sono stati associati ad un basso tasso di riacutizzazioni dell’asma (0,5%) con un miglioramento della funzionalità polmonare sovrapponibile. La somministrazione a dosaggio variabile ha comportato un consumo medio dei due farmaci significativamente inferiore (-24%, p<0,0001) e una riduzione maggiore dei costi diretti e indiretti (p<0,0001) (Canonica et al., 2004).
Nei ragazzi (età > 12 anni) e nei pazienti adulti con asma grave, trattati con formoterolo più budesonide a basso dosaggio come terapia di mantenimento, l’uso della stessa associazione come terapia “al bisogno“ è risultata più efficace del ricorso a beta2-agonisti a breve durata d’azione (terbutalina) o a lunga durata d’azione (formoterolo) nel ridurre le riacutizzazioni asmatiche. L’esito clinico primario dello studio era rappresentato dal tempo intercorso fino al primo attacco acuto d’asma grave, tale cioè da richiedere il ricovero ospedaliero oppure un trattamento d’emergenza oppure la somministrazione di corticosteroidi orali per almeno 3 giorni. Con formoterolo più budesonide (4,5/160 mcg), il tempo intercorso fra l’inizio della terapia e la prima esacerbazione grave dell’asma è risultato statisticamente superiore rispetto all’uso di terbutalina (0,4 mg) (p<0,001) e di formoterolo (4,5 mcg) (p=0,004). L’incidenza delle riacutizzazioni dell’asma su base annuale è risultata pari al 19% vs 39% vs 29% rispettivamente con formoterolo più budesonide, terbutalina o formoterolo; l’associazione farmacologica è stata associata ad una riduzione del rischio di riacutizzazione del 27% rispetto all’uso di formoterolo e del 45% rispetto all’uso della terbutalina. In termini di controllo della malattia (giorni senza asma), l’uso “al bisogno“ di formoterolo più budesonide, formoterolo o terbutalina è risultato rispettivamente del 31,2% vs 28,8% vs 29,3% (Rabe et al., 2006).
Nei bambini (6-11 anni) con asma, il confronto fra le dosi raccomandate di formoterolo (4,5 mcg) e terbutalina (500 mcg) somministrate con Turbohaler ha evidenziato minori effetti sistemici per formoterolo. Sulla base delle variabili cliniche confrontabili per i due farmaci (concentrazione plasmatica di potassio, di lattato e prolungamento dell’intervallo QTc), la dose di 4,5 mcg di formoterolo è risultata equipotente alla dose di 250 mcg di terbutalina (Kaae et al., 2004).
In un altro studio, della durata di 6 mesi, la terapia “al bisogno“ con formoterolo più budesonide (4,5/160 mcg) è stata confrontata con terbutalina “al bisogno“ (0,4 mg) in pazienti con asma in terapia di mantenimento con formoterolo più budesonide (4,5/160 mcg oppure 9/320 mcg) oppure salmeterolo più fluticasone (25/125 mcg). Al termine dello studio l’incidenza di riacutizzazioni dell’asma è risultata pari a 19% vs 16% vs 12% nei pazienti trattati con terbutalina “al bisogno“ e salmeterolo più fluticasone come terapia di mantenimento vs terbutalina “al bisogno“ e formoterolo più budesonide come terapia di mantenimento vs formoterolo più budesonide sia come terapia “al bisogno“ sia come terapia di mantenimento. I tre schemi posologici sono risultati sovrapponibili in termini di impatto sulla funzionalità polmonare, giorni privi di asma e qualità di vita (Kuna et al., 2007).
Nello studio EUROSMART sono state confrontate due schemi posologici con formoterolo più budesonide (4,5/160 mcg) secondo la strategia SMART, uno con terapia di mantenimento a dosaggio maggiore, 2 inalazioni 2 volte/die, e uno a dosaggio minore, una inalazione 2 volte/die. Lo studio clinico, in aperto, ha arruolato più di 8000 pazienti con asma bronchiale non controllata, di cui l’11% fumatore (età < 40 anni o, se più vecchi, con un consumo inferiore a 10 pacchetti-anno). Il tempo intercorso fino alla prima esacerbazione grave dell’asma (esito clinico primario dello studio) non è risultato significativamente differente fra i pazienti trattati con il dosaggio maggiore e quelli trattati con il dosaggio minore, ad eccezione del sottogruppo di pazienti fumatori nei quali il tempo fino alla prima riacutizzazione è risultato statisticamente più lungo con la terapia a dosaggio maggiore. Il controllo dell’asma, valutato tramite un questionario a 5 punti (ACQ-5, Asthma Control Questionnaire-5) è risultato più elevato nel gruppo di pazienti non fumatori. Nei fumatori, il controllo dell’asma (riduzione del punteggio ACQ-5), il miglioramento dei sintomi e il ricorso all’associazione farmacologica “al bisogno“ sono risultati più favorevoli con lo schema 2 inalazioni 2 volte/die (van Schayck et al., 2012).
In uno studio clinico supportato dal produttore dell’associazione formoterolo/beclometasone, il formoterolo (24 mcg/die) più beclometasone (400 mcg/die) è stato confrontato con l’associazione formoterolo (24 mcg/die) più budesonide (800 mcg/die). L’associazione formoterolo/beclometasone era somministrata tramite inalatore pressurizzato (pMDI) in idrofluoroalcani (Modulite); l’associazione formoterolo/budesonide era somministrata come polvere per inalazione (DPI) (dispositivo Turbohaler). Nello studio clinico le due formulazioni non sono risultate differenti in termini di efficacia considerando funzionalità polmonare (picco di flusso espiratorio al mattino, PEF) e controllo dei sintomi asmatici. Dopo 12 settimane di terapia, il PEF è risultato pari a 56,04+/-72,97 vs 53,16+/-77,29 rispettivamente con formoterolo più beclometasone e formoterolo più budesonide (p=0,806); la FEV1 (volume espiratorio massimo in 1 secondo) è risultata pari a 0,28+/-0,47 L vs 0,33+/-0,44 L rispettivamente con formoterolo più beclometasone e formoterolo più budesonide (p=0,354). Nello studio clinico, l’incidenza delle riacutizzazioni dell’asma è risultata pari al 15,9% vs 11,0% rispettivamente con formoterolo/beclometasone e con formoterolo/budesonide; il tempo (mediana) intercorso fra l’inizio della terapia e la prima esacerbazione è stato rispettivamente di 29 e 24 giorni con formoterolo/beclometasone e formoterolo/budesonide (p=0,342). Il quadro degli effetti collaterali è risultato sovrapponibile fra i due gruppi di trattamento (formoterolo/beclometasone vs formoterolo/budesonide): peggioramento dell’asma (14,7% vs 11,0%), infezioni delle vie aeree, 5,5% vs 6,4%; bronchite, 6,4% vs 4,6%; rinofaringite (1,8% vs 4,6%); Herpes simplex (2,8% vs 0,9%; tremore (0,9% vs 2,8%) (Papi et al., 2007).
Nella popolazione pediatrica, i dati relativi all’impiego di formoterolo in associazione a corticosteroidi nel trattamento dell’asma bronchiale sono limitati. In pazienti di età compresa fra 6 e 15 anni, con asma lieve-moderata, il formoterolo più budesonide (9/80 mcg 2 volte/die oppure 9/160 mcg/die in somministrazione singola) ha evidenziato maggiore efficacia rispetto alla monoterapia con budesonide (160 mcg/die in somministrazione singola) nel migliorare i parametri di funzionalità polmonare. La somministrazione di formoterolo più budesonide, una o due volte/die, è risultata più efficace della budesonide nel migliorare il picco di flusso espiratorio serale (p</=0,027). La doppia somministrazione giornaliera dell’associazione farmacologica è risultata più efficace rispetto all singola somministrazione giornaliera nel migliorare la FEV1 serale predose (p</=0,011) e nel ridurre il consumo di broncodilatatori “al bisogno“ nelle ore diurne (p</=0,039). Il formoterolo in associazione a budesonide, somministrato due volte al giorno, è risultato più efficace della budesonide in monoterapia (singola somministrazione giornaliera) nel diminuire il ricorso a broncodilatatori sia di giorno che di notte (p</=0,023). I tre regimi terapeutici sono risultati sovrapponibili in termini di tollerabilità (Eid et al., 2010).
L’adozione della strategia SMART (formoterolo più budesonide a dosaggio variabile) nella popolazione pediatrica di età compresa fra 4 e 11 anni ha dato risultati simili a quanto osservato negli adulti. Il rischio di esacerbazione dell’asma è diminuito del 70-79% rispetto all’uso della budesonide a dose fissa e di formoterolo più budesonide a dose fissa (0,08/paziente vs 0,28/paziente e 0,40/paziente rispettivamente con formoterolo più budesonide a dose variabile, budesonide a dose fissa, formoterolo più budesonide a dose fissa; p<0,001) (Bisgaard et al., 2006).
L’associazione formoterolo più mometasone (10/200 mcg 2 volte/die), in pazienti (età > 12 anni) con asma non controllato con corticosteroidi per via inalatoria, è risultata più efficace dei singoli farmaci e del placebo nel migliorare la FEV1 (broncodilatazione). I pazienti trattati con l’associazione farmacologica sono andati incontro ad un peggioramento della malattia in percentuale minore rispetto agli altri trattamenti (30,4% vs 33,9% vs 54% vs 55,6% rispettivamente con formoterolo più mometasone, mometasone, formoterolo e placebo, p<0,001 per l’associazione farmacologica verso il formoterolo e il placebo). La funzionalità polmonare è migliorata più velocemente con formoterolo più mometasone rispetto al solo mometasone: dopo 12 settimane la variazione media della FEV1 è risultata pari all’11,7% per formoterolo più mometasone, al 5,7% per il mometasone, all’8,5% per il formoterolo e al 3,9% per il placebo. L’incidenza degli effetti collaterali è risultata simile nei diversi gruppi di trattamento (Nathan et al., 2010).
Analoghi risultati sono stati osservati in un altro studio clinico che ha confrontato l’associazione formoterolo più mometasone, a due dosaggi differenti (10/200 mcg oppure 10/400 mcg 2 volte/die), verso mometasone (400 mcg 2 volte/die) in pazienti che non riuscivano a controllare l’asma con alte dosi di corticosteroidi per inalazione. I pazienti, di età superiore ai 12 anni, sono stati trattati per 12 settimane. L’esito clinico principale dello studio era rappresentato dalla variazione della FEV1 rispetto al basale nei pazienti trattati con formoterolo più mometasone a dosaggio maggiore verso i pazienti in cura con mometasone (al termine dello studio la differenza è risultata significativa, p<0,001). Il formoterolo in associazione al mometasone ha determinato un rapido miglioramento della funzionalità polmonare (5 minuti) che si è mantenuto per le 12 settimane di durata dello studio, indipendentemente dalla dose somministrata. L’associazione farmacologica è risultata più efficace del corticosteroide nel migliorare il controllo dell’asma e nel ridurre i risvegli notturni dovuti all’uso “al bisogno“ dei beta2-agonisti a breve durata d’azione (Weinstein et al., 2010).
Broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco)
Il formoterolo per inalazione è risultato efficace nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva nel migliorare la funzionalità polmonare e nell’aumentare la tolleranza allo sforzo.
In pazienti con FEV1 al basale pari al 44% del valore atteso, l’inalazione di formoterolo (20 mcg 2 volte/die) è risultata efficace nel migliorare la FEV1 in un arco di tempo di 12 ore. Il 78% dei pazienti trattati ha evidenziato un aumento della FEV1 del 15% dopo circa 10 minuti dalla prima dose di beta2-agonista. Il formoterolo è risultato efficace nel ridurre le riacutizzazione della bpco e il ricorso ai farmaci “al bisogno“ (Gross et al., 2007; Nelson et al., 2007).
Anche l’associazione formoterolo più budesonide è risultata efficace nel trattamento della broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco). Negli studi clinici controllati l’associazione formoterolo più budesonide (9/320 mcg due volte/die per via inalatoria) ha migliorato funzionalità polmonare e sintomatologia respiratoria ed è stata associata ad un minor uso di terapia “al bisogno“ e di riacutizzazioni della malattia. L’associazione farmacologica è risultata più efficace della budesonide (p<0,001), ma non del formoterolo (p=0,487) nel migliorare il valore medio di FEV1; più efficace del formoterolo in monoterapia nel ridurre il tasso di esacerbazioni (1,42 vs 1,83 per paziente/anno, p=0,043), ma non della budesonide in monoterapia (1,43 vs 1,59 per paziente/anno, p=0,385) (Szafranski et al., 2003).
In un altro studio, in pazienti con bpco grave (FEV1 pari al 36% del valore atteso) trattati con formoterolo più budesonide (9/320 mcg 2 volte/die) oppure con budesonide (400 mcg 2 volte/die) oppure con formoterolo (9 mcg 2 volte/die) per 12 mesi, l’associazione farmacologica è risultata più efficace dei singoli trattamenti nel migliorare la FEV1 e il tempo intercorso fino alla prima riacutizzazione (254 vs 178 vs 154 giorni rispettivamente con formoterolo più budesonide, budesonide e formoterolo) (Calverley et al., 2003).
Il confronto fra formoterolo più budesonide vs formoterolo più beclometasone vs formoterolo nel trattamento della bpco severa ha confermato la non “inferiorità“ del formoterolo più beclometasone verso il formoterolo più budesonide per gli esiti clinici di efficacia FEV1 pre-inalazione e tasso medio di esacerbazione. Lo studio ha inoltre confermato la “superiorità“ dell’associazione formoterolo più beclometasone verso formoterolo per gli effetti sulla FEV1 pre-inalazione. Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata per il tasso di esacerbazione della bpco fra i tre diversi trattamenti terapeutici (esacerbazione bpco/paziente/anno: 00,414 vs 0,423 vs 0,431 rispettivamente con formoterolo più beclometasone, formoterolo più budesonide e formoterolo) (Calverley et al., 2010).
Il formoterolo è stato utilizzato quale molecola attiva di confronto per valutare l’efficacia di uno nuovo farmaco approvato per la bpco, l’indacaterolo (studio clinico INVOLVE). Lo studio, sostenuto dalla ditta produttrice dell’indacaterolo, ha arruolato pazienti con bpco a partire dai 40 anni, che consumavano almeno 20 pacchetti di sigarette/anno, FEV1 dopo assunzione di broncodilatatore (salbutamolo 400 mcg) compresa fra il 30% e l’80% del valore atteso e rapporto FEV1/FVC minore del 70%. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere indacaterolo 300 mcg/die oppure 600 mcg/die (somministrazione singola giornaliera), formoterolo (12 mcg 2 volte/die) e placebo per 52 settimane. L’esito clinico primario dello studio era rappresentato dalla variazione della FEV1 misurata dopo 24 ore dall’inalazione dell’indacaterolo rispetto al placebo al termine delle prime 12 settimane di terapia. L’indacaterolo ha evidenziato superiorità, in termini di FEV1, sia verso il placebo sia verso il formoterolo (p<0,001) e la differenza riscontrata tra i diversi trattamenti si è mantenuta fino alla fine dello studio clinico. L’incidenza degli eventi avversi è risultata simile fra i differenti gruppi di trattamento. Peggioramento della bpco e rinofaringiti hanno interessato più del 10% dei pazienti indipendentemente dal trattamento e sono risultate per la maggior parte dei casi di grado lieve-moderato. Il 19,1% dei pazienti trattati con indacaterolo (con entrambi i dosaggi) ha manifestato tosse nei primi 5 minuti dalla somministrazione del farmaco rispetto allo 0,8% dei pazienti trattati con formoterolo e all’1,8% dei pazienti nel gruppo placebo. La tosse non è stata associata a broncospasmo in nessun paziente (Dahl et al., 2010).