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Fluoxetina

Prozac, Fluoxeren e altri

Tossicità - Qual è la tossicità di Fluoxetina?

Sovradosaggio: in caso di sovradosaggio possono comparire nausea, vomito, agitazione, ipomania, convulsioni, anomalie nella conduzione miocardica fino ad arresto cardiaco, disfunzione polmonare, stato confusionale con alternanza di eccitazione e coma. Il trattamento prevede: lavanda gastrica, induzione dell’emesi (la somministrazione di carbone attivo e sorbitolo potrebbe essere più efficace); mantenimento della funzionalità respiratoria, monitoraggio della funzionalità cardiaca; somministrazione di diazepam (per il trattamento delle convulsioni che non si risolvono spontaneamente). La dialisi, la diuresi forzata, l’emoperfusione e la trasfusione non sono di beneficio clinico.
La fluoxetina presenta scarse possibilità di dipendenza e abuso date le differenti caratteristiche farmacologiche rispetto alle sostanze amfetamino-simili. Negli animali (topo, ratto, cane) dosi elevate di fluoxetina (7-23 volte la dose terapeutica) per periodi prolungati (3-12 mesi) hanno indotto accumulo intracellulare di fosfolipidi a livello polmonare, epatico, surrenale (fosfolipidosi). Il fenomeno è reversibile (Zerbe, 1987).

Sindrome serotoninergica: la fluoxetina può indurre sindrome serotoninergica, caratterizzata da modificazioni cognitivo-comportamentali, disfunzioni anatomiche e neuromuscolari, causate da un’eccessiva attività serotoninergica centrale. Le condizioni che comportano un incremento dei livelli di serotonina comprendono:
1) somministrazione di un eccesso di precursori della serotonina (triptofano);
2) impiego di sostanze che favoriscono il rilascio di serotonina (ecstasy, cocaina, amfetamine);
3) impiego di farmaci che inibiscono il metabolismo della serotonina (IMAO);
4) sovradosaggio di SSRI;
5) associazioni farmacologiche (fluoxetina con risperidone, desipramina, venlafaxina, moclobemide, destrometorfano, linezolid);
6) vie di attivazioni alternative (bromocriptina, tramite attivazione del sistema dopaminergico).
Il trattamento della sindrome serotoninergica prevede la sospensione del/dei farmaci che possono aver scatenato la sindrome stessa, la sedazione, il raffreddamento esterno, la somministrazione di farmaci antiepilettici e antipertensivi, la somministrazione di beta-bloccanti (propranololo) nei casi di sindrome serotoninergica severa. Il tasso di decessi segnalato in letteratura varia dal 2-3% al 12% (Mason et al., 2000; Mills, 1997). Esiti positivi nel trattamento della sindrome serotoninergica sono stati riportati con ciproeptadina (antistaminico con attività antagonista sui recettori 5-HT1A e 5-HT2), metisergide (antagonista specifico del recettore 5-HT), clorpromazina (attività antagonista sui recettori 5-HT1a, 5-HT2 e D2); esiti alternanti (successo e fallimento terapeutico) sono stati riportati per le benzodiazepine, il dantrolene e gli antagonisti della dopamina (bromocriptina e aloperidolo non sono raccomandati perché associati ad un peggioramento della sindrome serotoninergica). Gli SSRI sono responsabili della sindrome serotoninergica con una frequenza superiore (33,5%) a quella di tutte le altre classi di antidepressivi. Tra gli SSRI, i farmaci più frequentemente correlati alla sindrome sono fluoxetina, sertralina e paroxetina. L’associazione farmacologica che determina le forme più gravi di sindrome serotoninergica è quella fra MAO-inibitori e SSRI: in questo caso infatti le concentrazioni di serotonina a livello cerebrale aumentano notevolmente perché viene bloccata sia la ricaptazione del neurotrasmettitore sia la sua degradazione.

Tossicità riproduttiva: la somministrazione di fluoxetina (30 mg/kg) ad animali giovani (dal 21° al 90° giorno dopo la nascita) ha determinato degenerazione e necrosi testicolare irreversibile, comparsa di vacuoli nell’epitelio dell’epididimo, immaturità e inattività dell’apparato riproduttivo femminile e diminuità fertilità. Sono stati osservati anche effetti sul tessuto osseo: dimunita lunghezza del femore (30 mg/kg) e degenerazione/necrosi/rigenerazione del muscolo scheletrico. Non è nota la rilevanza di queste osservazioni per l’uomo.
In uno studio prospettico controllato che ha coinvolto 410 donne trattate con paroxetina, 314 con fluoxetina e 1467 controlli, il tasso di anomalie maggiori nelle pazienti trattate con SSRI è stato 4,7% con fluoxetina vs 2,5% nei controlli. L’odds ratio corretto per i difetti cardiaci è stato di 4,47 per fluoxetina (Diav-Citrin et al., 2008). la possibile associazione fra uso di fluoxetina e anomalie cardiache fetali, sconsiglia l’impiego del farmaco durante il primo trimestre di gravidanza.

Tossicità neonatale: L’esposizione a SSRI durante la gravidanza è stata associata alla comparsa nei neonati dei seguenti sintomi: (frequenti) agitazione, irritabilità, ipo/ipertonia, iperreflessia, sonnolenza, problemi di suzione, pianto persistente; (meno frequenti): ipoglicemia, difficoltà respiratoria, anomalie della termoregolazione, convulsioni. I sintomi nei neonati compaiono nella prima settimana e tendono ad attenuarsi fino a scomparire in circa 6 settimane. Tali sintomi vengono riferiti ad una sorta di difficoltà di adattamento del neonato alla vita extrauterina, ma probabilmente sono causati da una sindrome da astinenza neonatale. Si verificano infatti soprattutto in caso di esposizione agli SSRI durante il terzo trimestre di gravidanza. Le complicaze neonatali hanno spesso richiesto un prolungamento dell’ospedalizzazione, supporto respiratorio e intubazione alimentare.
L’esposizione a SSRI durante la gravidanza determinerebbe anche ritardata espulsione del meconio e conseguente ileo da meconio.
L’esposizione tardiva (esclusivamente dopo la 20esima settimana di gestazione) a SSRI è stata associata a comparsa di ipertensione polmonare persistente neonatale (PPHN). Il farmaco maggiormente coinvolto sembra la fluoxetina. La PPHN ha un’incidenza di 1-2 neonati su 1000 è presenta elevata morbilità e mortalità (20-30%). Il meccanismo ipotizzato prevede un’accumulo di serotonina a livello polmonare fetale come causa di proliferazione delle cellule muscolari lisce, tipica della PPHN (la serotonina oltre ad effetti di vasocostrizione, possiede anche effetti mitogeni sulle cellule muscolari lisce polmonari). Un altro meccanismo ha considerato l’effetto inibitorio degli SSRI sulla sintesi di ossido nitrico potente vasodilatatore fisiologico, che sembra svolgere un’azione di regolazione del tono e della reattività vascolare sia nel feto sia nel neonato (Chambers et al., 2006; Abman, 1999).
La serotonina è presente già nelle primissime fasi dello sviluppo fetale ed oltre al ruolo di neurotrasmettitore nervoso sembra svolgere anche un ruolo da fattore di crescita e di regolazione verso neuroni serotoninergici e non. E’ stato ipotizzato quindi che l’esposizione agli SSRI durante il periodo di gestazione possa avere effetti avversi sullo sviluppo del cervello fetale con conseguenti effetti neurologici e comportamentali nel neonato. I pochi dati clinici disponibili, non univoci, indicherebbero un indice più basso di sviluppo psico-motorio nei bambini tra i 6 e i 40 mesi di età rispetto ai bambini non esposti agli SSRI in gravidanza (Oberlander et al., 2002; Morag et al., 2004; Laine et al., 2003; Zeskind, Stephens, 2004; Zeskind et al., 2005; Nulman et al., 2002; Casper et al., 2003). In due studi condotti in bambini nati da madri che avevano ricevuto fluoxetina in gravidanza (nel primo studio 1/3 delle madri aveva ricevuto fluoxetina per tutta la gravidanza, mentre nel secondo studio tutte le madri) non è stata osservata alcuna differenza significativa per quanto riguarda quoziente intellettivo, sviluppo nel linguaggio e della personalità. Nel primo studio i bambini sono stati valutati ad un’età compresa fra 16 e 86 mesi (età media alla valutazione: 33 mesi), nel secondo studio ad un’età compresa fra 15 e 71 mesi (età media alla valutazione: 28 mesi) (Nulman et al:, 1997; Nulman et al., 2002).

DL50: dopo somministrazione orale: 248 mg/kg (topo); 452 mg/kg (ratto); 50 mg/kg (gatto); 100 mg/kg (cane). Dopo somministrazione e.v.: 44 mg/kg (topo); 34 mg/kg (ratto).