Gli effetti collaterali del diclofenac compaiono in circa il 20% dei pazienti trattati; provocano la sospensione del trattamento nel 2%.
Cardiovascolari: edema periferico (3-9% dei pazienti), insufficienza cardiaca (meno dell’1% dei pazienti).
Sulla base degli ultimi dati di letteratura relativi al rischio cardiovascolare associato all’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), il diclofenac ha evidenziato un aumento del rischio trombotico superiore a quello degli altri FANS non selettivi (inibitori dell’enzima cicloossigenasi 1 e 2) e sovrapponibile a quello dei coxib, FANS selettivi (inibitori della cicloossigenasi-2). L’aumento del rischio trombotico è stato osservato soprattutto quando il diclofenac è somministrato a dosi elevate (150 mg al giorno) e per terapie prolungate (Jick et al., 2006; McGettigan, Henry, 2011; EMEA, 2013; Lancet, 2013).
Centrali: gli effetti collaterali del diclofenac a livello del sistema nervoso centrale più frequenti comprendono cefalea (3-9% dei pazienti), tinnito (3% dei pazienti), capogiri (1-3% dei pazienti); (rari) eccitazione, irritabilità, insonnia, sonnolenza, astenia, convulsioni, disturbi sensori o della visione; meningite asettica farmaco-indotta (DIAM) (Nguyen, Juurlink, 2004).
Dermatologici: prurito, dermatiti e bruciore, causati dai cerotti di diclofenac nella sede di applicazione, alopecia (trattamento prolungato), dermatosi bollosa con IgA lineari, aggravamento del decorso della psoriasi, sindrome di Stevens-Johnson e di Lyell, edema facciale, malattie bollose autoimmuni, eruzioni cutanee orticarioidi (Suzuki et al., 2003); vasculite.
Nel trattamento topico, il diclofenac può provocare irritazioni cutanee nella sede di applicazione (prurito, secchezza della pelle ed eritema) (McEwan, Smith, 1997).
La dermatosi bollosa con IgA lineari (LABD) è un disordine immunobolloso idiopatico in cui gli anticorpi IgA si depositano entro la membrana basale, causando vescicole e bolle: tale tipo di eruzione è stata riportata in associazione con alcuni farmaci, tra cui diclofenac (Cohen, Ugent, 2002).
La sindrome di Stevens-Johnson (SJS) e la sindrome di Lyell, o necrolisi tossica epidermica (TEN), sono entità cliniche tra loro correlate, caratterizzate da eritema, lesioni bollose, con aree di distacco dermo-epidermico e frequente interessamento delle mucose. Il diclofenac rientra tra i farmaci associati ad un più alto rischio di necrolisi epidermica.
L’impiego prolungato di diclofenac può provocare i seguenti effetti collaterali: eritema essudativo multiforme, orticaria e rash maculopapulare (1-3% dei pazienti). Sono stati segnalati casi in cui il diclofenac ha provocato papule anulari sulle aree esposte delle braccia, dopo 9 anni dall’inizio del trattamento, e con miglioramento dopo 8 settimane dalla sospensione del trattamento (Lim et al., 2002).
La vasculite indotta dai farmaci interessa prevalentemente i vasi sanguigni di piccola dimensione della cute; raramente può interessare organi interni, fra questi quello più coinvolto è il rene. Nello sviluppo della vasculite da farmaci un ruolo importante è giocato dalle reazioni immunitarie, cellulo-mediate e umorali (Adverse Drug Reaction Bulletin, 2013)
Ematici: pancitopenia, leucopenia, trombocitopenia, agranulocitosi, porpora, anemia emolitica, anemia aplastica (meno dell’1% dei pazienti), alterazione della funzionalità piastrinica.
Porpora trombotica trombocitopenica-sindrome emolitico-uremica (PTT-SEU): sindrome comprendente trombocitopenia, anemia, deficit neurologici, insufficienza renale e febbre (Medina et al., 2000).
Endocrini: sono emersi diversi casi di amenorrea dovuti all’uso di antinfiammatori e case-reports riguardanti alterazioni del ciclo mestruale.
Epatici: incremento delle transaminasi (15% dei pazienti affetti da osteoartrite, artrite reumatoide), ittero, epatite (1% dei pazienti), epatopatia cronica, fibrosi epatica (Zakim, Boyer, 1996).
Il diclofenac insieme a nimesulide, indometacina e sulindac presenta la maggiore incidenza di reazioni avverse epatotossiche.
Gastrointestinali: gli effetti avversi del diclofenac a livello del distretto gastrointestinale, nei trial clinici, sono stati segnalati in circa l’8% dei pazienti e comprendono nausea, vomito, costipazione, diarrea (insorge nel 3-9% dei pazienti trattati con diclofenac), flatulenza, dolore epigastrico, feci scure (melena), ulcera peptica, sanguinamento gastrointestinale (2% dei pazienti), perforazione del piccolo intestino, colite pseudomembranosa, pancreatite (1% dei pazienti), coliche addominali, meteorismo, ulcera duodenale perforata.
L’uso delle supposte contenenti diclofenac può provocare fenomeni irritativi locali e transitori (bruciori, tenesmo).
Metabolici: aumento della bilirubina totale, iperkaliemia.
Il diclofenac può causare iperkaliemia attraverso l'insorgenza di una sindrome di ipoaldosteronismo iporeninemico (iperkaliemia e acidosi metabolica) e l'inibizione del rilascio di renina. La paralisi iperkaliemica da FANS è una complicanza rara nei pazienti anziani (Patel, Mandal, 2001).
Oftalmici: diplopia, cecità, cecità temporanea, cromatopsia.
Un probabile meccanismo per le alterazioni visive da diclofenac è rappresentato dall’inibizione della sintesi di prostaglandine e di altri composti correlati che controllano il flusso ematico della retina (Coulter et al., 2003). Sono stati riscontrati casi di tossicità corneale di colliri a base di diclofenac.
Orecchio: tinnito, peggioramento dell’udito.
Polmonari: polmonite eosinofila (Kalhil et al., 1993).
Renali: azotemia, nefrite interstiziale, insufficienza renale acuta, sindrome nefrotica, ematuria, proteinuria (meno dell’1% dei pazienti sottoposti a terapia a lungo termine).
Gli effetti collaterali a carico del rene rappresentano una caratteristica comune a tutta la classe degli antinfiammatori non steroidei.
Sistemici: reazioni allergiche (0,4% dei pazienti): l’ipersensibilità da diclofenac si può manifestare con rash cutaneo, prurito, edema, asma, reazioni anafilattiche o anafilattoidi, accompagnate o meno da ipotensione, broncospasmo, edema alla laringe.
Dai dati disponibili in letteratura l’uso dei farmaci anti-infiammatori non steroidei sembra essere associato ad un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin (Cerhan et al., 2003). E’ stato condotto uno studio prospettico di coorte che ha coinvolto 27290 donne in post-menopausa nello stato dello Iowa (USA) e che ha identificato 131 casi di linfoma non-Hodgkin in 7 anni di follow-up. Rispetto alle non utilizzatrici, le donne utilizzatrici di FANS avevano un rischio aumentato di linfoma non-Hodgkin, con un rischio relativo di 1,71 per le utilizzatrici di ASA, di 2,39 per le utilizzatrici di un FANS diverso dall’ASA e di 1,97 per le utilizzatrici di entrambi i tipi di FANS. Anche se la diagnosi di artrite reumatoide è risultata associata al rischio di linfoma non-Hodgkin, l’associazione positiva tra uso di FANS e linfoma non-Hodgkin era indipendente dalla storia di artrite reumatoide (Cerhan et al., 2003).