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Clozapina

Leponex e altri

Farmacologia - Come agisce Clozapina?

La clozapina è un antipsicotico atipico, con struttura chimica dibenzodiazepinica. Blocca i recettori della dopamina: mostra elevata affinità per il recetto D4, bassa affinità per i recettori D1, D2, D3 e D5. Possiede marcati effetti antiserotoninergici (recettore 5HT2), anticolinergici, anti alfa-adrenergici e antistaminici (Agenzia Italiana del farmaco – AIFA, 2021).

Il primo studio clinico della clozapina risale al 1962. Nel 1967 Sandoz avvia la produzione del farmaco e nel 1971 l’antipsicotico sbarca in Europa. Nel 1975 dopo il primo caso di agranulocitosi da clozapina in Finlandia, la conferma di circa 50 casi di agranulocitosi nel mondo porta al ritiro dal mercato o restrizioni nell’uso del farmaco e ad una battuta d’arresto dello sviluppo negli USA. Nel 1980 il primo report su un altro importante evento avverso, la miocardite, per sovradosaggio. Dopo la pubblicazione nel 1988 di uno studio clinico sull’efficacia del farmaco nei pazienti con schizofrenia refrattaria, nel 1990 la clozapina è approvata negli USA. Nel 1995 la clozapina torna sul mercato italiano (de Leon et al., 2020).

Fin dalla sua introduzione nella pratica clinica, la clozapina è diventato il farmaco di riferimento per il trattamento della schizofrenia refrattaria, che interessa circa il 30% dei pazienti (Siskind et al., 2016; Stroup et al., 2015). Si parla di schizofrenia refrattaria quando il paziente continua a manifestare sintomi nonostante la terapia adeguata. Il 50-60% dei pazienti con schizofrenia refrattaria risponde alla clozapina; di questi un terzo risponde al farmaco dopo circa 6 settimane, due terzi dopo un anno (dati UK). I pazienti che non traggono benefici con la clozapina in monoterapia, nonostante un dosaggio adeguato e l'aderenza alla terapia, possono passare ad una terapia combinata aggiungendo alla clozapina un secondo farmaco antipsicotico, ad esempio amisulpiride o aripiprazolo oppure ricorrere alla terapia elettroconvulsivante per i sintomi positivi persistenti e alla combinazione di clozapina con un antidepressivo (fluoxetina, duloxetina, citalopram) per i sintomi negativi persistenti.

Sebbene la clozapina non sia approvata per bambini e adolescenti con età inferiore a 16 anni, evidenze scientifiche supportano l'uso in ambito pediatrico (bambini con più di 7 anni di età) nel trattamento della schizofrenia e dei disturbi schizoaffettivi. La prima segnalazione dell'impiego della clozapina in età pediatrica risale al 1992. Successivamente piccoli studi in doppio cieco hanno evidenziato la superiorità della clozapina verso aloperidolo e olanzapina nel trattamento della schizofrenia con insorgenza prima dei 13 anni (COS, childhood-onset schizophrenia), verso olanzapina in caso di schizofrenia con insorgenza prima dei 18 anni (early onset schizophrenia). Inoltre è stata osservata correlazione tra il miglioramento dei sintomi negativi (misurati secondo la Scale for the Assessment of Negative Symptoms, SANS) e la concentrazione plasmatica di clozapina e tra il miglioramento dello stato mentale (valutato con la scala Brief Psychiatric Rating Scale, BPRS) e dei sintomi positivi (valutati con la Scale for Assessment of Positive Symptoms, SAPS) e il rapporto N-desmetilclozapina/clozapina. Nei bambini l’incidenza di leucopenia e di reazioni avverse dose dipendenti (convulsioni, sindrome metabolica) è risultata più alta rispetto agli adulti, mentre il rischio di agranulocitosi sembrerebbe sovrapponibile. In uno studio retrospettivo canadese sull’impiego della clozapina in pediatria tra il 2000 e il 2014 in bambini ospedalizzati, l’evento avverso più frequente durante la titolazione della dose di clozapina è risultata la tachicardia (89,3%, 25/28 pazienti) in parte secondaria a ipotensione. Altri eventi avversi osservati sono stati sintomi extrapiramidali (64%, 18/25 pazienti), aumento dell’appetito (64,3%, 18/28 pazienti), ipertensione (60,7%, 7/28 pazienti), sedazione/fatigue (53,6%, 15/28 pazienti), riduzione della conta dei globuli bianchi e dei neutrofili (46,4%, 13/28 pazienti), capogiri/ipotensione (42,9%, 12/28 pazienti), ipersalivazione (42,9%, 12/28 pazienti), anomalie nella durata dell’intervallo QTc (variazione massima: +78 msec) (29%, 8/28 pazienti), enuresi (28,6%, 8/28), stipsi (25%, 7/28 pazienti), cefalea (17,9%, 5/28 pazienti), eosinofilia (14,3%, 4/28 pazienti), convulsioni (7,1%, 2/28 pazienti), anomalie nell’elettroencefalogramma (3,6%, 1/28 pazienti), anomalie nei parametri metabolici (glicemia, insulinemia, trigliceridi, colesterolo HDL) (10,7%, 3/28 pazienti e febbre (7,1%, 2/28 pazienti) (Komaryk et al., 2021).

La clozapina riduce la mortalità generale associata a schizofrenia, in parte diminuendo la tendenza al suicidio, e può limitare l’abuso di sostanze (negli USA il farmaco è approvato per prevenire il suicido nei pazienti adulti schizofrenici dal 2002).

Le linee guida internazionali raccomandano la prescrizione della clozapina ai pazienti con schizofrenia reffrattaria, che non hanno risposto ad almeno altri due farmaci antipsicotici. La clozapina non è indicata come farmaco di prima linea nel trattamento della schizofrenia non refrattaria perché a parità di efficacia è gravata da reazioni avverse importanti (agranulocitosi, miocardite, polmonite, convulsioni, sincope).

Rispetto agli antipsicotici classici, la clozapina causa meno effetti extrapiramidali (distonia acuta, effetti di tipo parkinsoniano, acatisia) e nessuno o scarso effetto di iperprolattinemia (incidenza bassissima per ginecomastia, amenorrea, galattorrea e impotenza).