Home News About us Comitato scientifico Iscriviti Utenti Etica Contenuti Guida Faq Stage Contatti
Logo Pharmamedix
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Clozapina

Leponex e altri

Effetti collaterali - Quali sono gli effetti collaterali di Clozapina?

La clozapina è un antipsicotico di seconda generazione. Si distingue dagli antipsicotici di prima generazione per la bassa incidenza di effetti extrapiramidali, ma possiede effetti a livello metabolico (iperglicemia, iperlipidemia, aumento del peso corporeo), circolatorio (ipotensione posturale, sincope), cardiaco (aritmia, miocardite), neurologico (convulsioni); provoca disfunzione sessuale e possiede attività anticolinergica. Le reazioni avverse che possono avere esito fatale comprendono agranulocitosi, polmonite, stipsi, aritmia, convulsioni e sincope.

Circa il 40% dei pazienti in terapia con clozapina interrompe la terapia entro due anni per mancata aderenza o per gli eventi avversi (Gee et al., 2018; Davis et al., 2014).

Cardiovascolari: (molto comune > 10%) tachicardia del seno (sinusale); (comuni: 1-10%) sincope, ipotensione posturale, ipertensione; (non comuni: 0,1-1%) miocardite (rari o molto rari < 0,01%) cardiomiopatia, tromboembolia, prolungamento dell’intervallo QTc, infarto del miocardio, morte improvvisa.
L’ipotensione posturale, cioè la caduta dei valori di pressione passando dalla posizione sdraiata alla posizione eretta, si manifesta in genere nelle prime due settimane di terapia, ma la maggior parte dei pazienti sviluppa tolleranza verso questo effetto collaterale in 4-6 settimane. Nei pazienti che non sviluppano tolleranza, l'ipotensione può richiedere una riduzione della dose di clozapina, con il rischio di una risposta inferiore al farmaco. La tolleranza all'ipotensione da clozapina viene persa in caso di sospensione della terapia per più di 2 giorni (Flanagan et al., 2020).
L’ipotensione ortostatica può causare sincope; nel Vigibase – database dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che dal 1968 raccoglie i rapporti sulle reazioni avverse ai farmaci (ADR) forniti da 134 agenzie mondiali - il tasso di casi fatali da sincope è il 7% (de Leon et al., 2020).
Se l'ipotensione posturale non si risolve evitando di alzarsi rapidamente e mantenendo una buona idratazione, può essere somministrato fludrocortisone a basso dosaggio (dose iniziale di 100 mcg al giorno) (Russo et al., 2018).
L'ipertensione da clozapina è molto meno frequente e si manifesta in genere con terapie prolungate (Flanagan et al., 2020).
La tachicardia del seno ha una frequenza di circa il 25% (un paziente su quattro) nelle prime 4 settimane di terapia. E’ una forma di aritmia piuttosto comune, ma non preoccupante; è causata da un aumento della frequenza del nodo senoatriale che porta ad un aumento dei battiti cardiaci (10-15 battiti/min in più). E' un effetto collaterale spesso correlato alla dose - per cui tende a diminuire riducendo la dose - che si risolve in genere in 4-6 settimane; normalmente, non richiede di interrompere la clozapina. In caso di persistenza della tachicardia può essere somministrato un beta bloccante cardioselettivo (bisoprololo, o ivabradina come farmaco di seconda scelta; l'atenololo non è indicato per gli effetti sulla glicemia). La somministrazione del beta bloccante dovrebbe essere evitata, però, nelle prime 6-8 settimane di terapia con clozapina, perchè potrebbe mascherare una miocardite (Flanagan et al., 2020).
Miocardite e cardiomiopatia possono essere potenzialmente fatali. La miocardite ha una frequenza che varia dallo 0,015% all’1,3% con il 50% dei casi che si manifesta nelle prime settimane di terapia e un tempo medio di insorgenza di 2 settimane, mentre la cardiomiopatia ha una frequenza compresa tra 1/1000 e 1/5000 estesa a tutto il priodo di trattamento, con un rischio maggiore per i trattamenti prolungati (Russo, 2018; Kamphius et al., 2010).
Nei pazienti con miocardite sono state osservate alterazioni dell'elettrocardiogramma quali depressione del segmento S-T e schiacciamento/inversione delle onde T. In alcuni casi di miocardite (14%) e di pericardite/versamento pericardico i pazienti hanno manifestato eosinofilia.
Il tasso di mortalità per la miocardite da clozapina varia a seconda della coorte di pazienti esaminata: i dati riferiti alla popolazione australiana riportano un tasso di mortalità del 2-3%, quelli riferiti a pazienti non australiani riportano valori attorno allo 0,3% (de Leon et al., 2020). Uno dei modelli proposti per spiegare la relazione tra clozapina e miocardite attribuisce ad una titolazione troppo rapida un ruolo causale perché determinerebbe uno stato di infiammazione che, se protratto, porterebbe alla formazione di autoanticorpi con conseguente infiammazione del tessuto cardiaco. Questo modello potrebbe essere applicato anche agli altri tipi di infiammazione indotti da clozapina che si osservano con una titolazione rapida del farmaco (de Leon et al., 2020). Sintomi di miocardite comprendono: riduzione dei leucociti (inferiori a 3500 cell/mm3), eosinofilia, sintomi simil influenzali, febbre senza apparente causa, affaticamento, letargia associata ad un vago fastidio toracico, angina pectoris, palpitazioni, tachipnea (aumento della frequenza respiratoria), dispnea (fatica a respirare), ortopnea (difficoltà di respirazione in posizione distesa), ipotensione, “pressione del polso ristretta” (differenza tra pressione sistolica e diastolica inferiore al 25%), tachicardia persistente a riposo, crepitii respiratori. La cardiomiopatia presenta un’ampia variabilità di sintomi clinici: può rimanere asintomatica a lungo così come presentarsi come insufficienza cardiaca progressiva. Possono manifestarsi alterazioni dell’elettrocardiogramma, tachicardia del seno, aritmie atriale o ventricolari, ipertrofia ventricolare sinistra, congestione venosa polmonare, edema polmonare e ipereosinofilia (Flanagan et al., 2020).
La clozapina può indurre prolungamento dell’intervallo QTc dell’elettrocardiogramma (corrispondente alla fase di depolarizzazione e ripolarizzazione ventricolare). Nella maggior parte dei casi l’effetto non ha rilevanza clinica e la torsione di punta, aritmia ventricolare pericolosa conseguente al prolungamento dell’intervallo QTc, è molto rara (più frequente nelle donne con età > 65 anni) (Grande et al., 2011; Kang et al., 2000).

Centrali: sedazione/sonnolenza (10-58% dei pazienti, sviluppo di tolleranza nel tempo), capogiri, crisi convulsive (0,9-29% dipendentemente dalla dose); (comuni: 1-10%) sintomi extrapiramidali, irrequietezza motoria (acatisia), tremore, rigidità, cefalea, difficoltà nell'articolare le parole; (non comuni: 0,1-1%) sindrome neurolettica maligna; (rari: 0,01-0,1%) agitazione, confusione, delirium; (molto rari < 0,01%) discinesia tardiva, sintomi ossessivo-compulsivi severi; (segnalazione post-marketing) sindrome colinergica (sospensione improvvisa della terapia), alterazioni elettroencefalografiche, pleurototono (disturbo extrapiramidale raro che porta la persona ad assumere una postura inclinata/ruotata verso un lato).
La clozapina può favorire la comparsa di mioclono, convulsioni tonico cloniche (Gran Male), confusione, delirio soprattutto quando la concentrazione plasmatica è maggiore di 1 mg/L. Considerando il Vigibase, database dell’organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di mortalità in caso di convulsioni da clozapina è del 5% (de Leon et al., 2020).
La sindrome neurolettica maligna è un evento avverso raro associato ai farmaci antipsicotici o altri antagonisti del recettori D2 della dopamina. La sindrome si manifesta con confusione mentale, rigidità della muscolatura e febbre elevata. La maggior parte dei pazienti (92%) che hanno manifestato sindrome neurolettica maligna da clozapina, se riesposti al farmaco, hanno manifestato nuovamente l’evento avverso e una percentuale elevata di pazienti (79%) ha manifestato sindrome neurolettica maligna quando esposta a clozapina, anche se l’evento antecedente era stato scatenato da un altro antispicotico. Circa l’82% dei pazienti con sindrome neurolettica maligna da clozapina non ha avuto recidive invece quando ha assunto un altro antipsicotico. Nei 67 casi analizzati non ci sono stati esiti fatali (Lally et al., 2019).

Dermatologici: (molto rari < 0,01%) reazioni cutanee; (segnalazione post-marketing) disturbi della pigmentazione.

Ematici: (comuni: 1-10%) diminuzione della conta leucocitaria (globuli bianchi), aumento transitorio dei neutrofili, neutropenia, eosinofilia, leucocitosi; (non comuni: 0,1-1%) agranulocitosi; (rari: 0,01-0,1%) anemia; (molto rari < 0,01%) bicitopenia (trombocitopenia associata ad anemia non rigenerativa o neutropenia), linfopenia, trombocitopenia (Manu et al, 2016).
La maggior parte dei pazienti manifesta un aumento transitorio dei granulociti neutrofili all'inizio della terapia con clozapina; questo aumento tende rapidamente a normalizzarsi o a mantenersi sotto al valore di riferimento (valore basale) (Flanagan et al., 2020).
La neutropenia è la carenza grave di granulociti neutrofili, mentre l’agranulocitosi è la carenza grave di granulociti, una tipologia di globuli bianci che comprende oltre ai granulociti neutrofili, i granulociti basofili e eosinofili. Nella pratica clinica neutropenia e agranulocitoi spesso sono usati come sinonimi. L’agranulocitosi da clozapina si manifesta in genere nelle prime 18 settimane di terapia, anche se sono stati segnalati casi oltre i 6 mesi. I dati di letteratura riportano un’incidenza di agranulocitosi (conta dei neutrofili < 500 cell/mm3) variabile tra lo 0,38% e lo 0,91%. La percentuale più bassa, 0,38%, corrisponde a poco meno di una persona ogni 250, valore che supera largamente l’incidenza di agranulocitosi da farmaci nella popolazione generale, pari a 1,6-7 persone per milione. La mortalità da agranulocitosi indotta da clozapina è stimata pari al 2,7-3,1%, più bassa rispetto a quella riportata per tutte le agranulocitosi indotte da farmaci, pari al 7-10% (Mijovic, MacCabe, 2020). Sulla base dei dati raccolti su VigiBase, i casi fatali di agranulocitosi da clozapina sono circa il 2%.
Fattori di rischio per l’agranulocitosi da clozapina sono l’età, il sesso femminile (non confermato in alcuni studi), l’appartenenza alla popolazione asiatica rispetto a quella caucasica (rischio più alto di 2,4 volte). Sembra inoltre che polimorfismi genetici a carico di alcuni geni (HLA-DBQ1, HLA-B, SLCO1B3/1B7) possano aumentare il rischio di agranulociosi da clozapina.
L’agranuocitosi è una reazione idiosincrasica al farmaco, non correlata alla dose, il cui meccanismo non è stato ancora chiarito. Dati preliminari attribuiscono un ruolo chiave all’associazione di due derivati metabolici della clozapina, la N-desmetilclozapina e lo ione nitrenio, un intermedio reattivo con breve emivita, caratterizzato da un atomo di azoto con una coppia libera di elettroni. Lo ione nitrenio provocherebbe l’innesco del processo di apoptosi (morte programmata) dei granulociti nelle persone che, per caratteristiche genetiche individuali, sarebbero più suscettibili all’apoptosi cellulare. Secondo un’altra ipotesi, lo ione nitrenio si legherebbe alla membrana dei granulociti formando un “neo-antigene” in grado di scatenare una risposta immunitaria diretta verso gli stessi granulociti (Mijovic, MacCabe, 2020).
L'eosinofilia (conta degli eosinofli circolanti > 500/mm3) si manifesta preferenzialmente dopo 3-5 settimane di terapia e si risolve spontaneamente; potrebbe però essere sintomo di danno tissutale, ad esempio miocardite. Sembrerebbe essere più frequente nelle donne anche se il sistema italiano di monitoraggio della clozapina (ICLOS) non riporta differenze legate al sesso (Lambertenghi Deliliers, 2000).

Endocrini: (segnalazione post-marketing) pseudofeocromocitoma.

Epatici: (molto comuni > 10%) incremento delle transaminasi epatiche; (rari: 0,01-0,1%) epatite (0,06%), pancreatite acuta (0,01-0,1%), ittero colestatico; (molto rari < 0,01%) epatite necrotica fulminante (0,001%); (segnalazione post-marketing) steatosi epatica, necrosi epatica, epatotossicità, fibrosi epatica, cirrosi epatica, trapianto di fegato.
Il 30-50% dei pazienti in terapia con clozapina manifesta aumento asintomatico delle transaminasi epatiche AST (aspartato aminotransferasi) e ALT (alanino aminotransferasi), che si risolve in 6-12 settimane (Wu Chou et al., 2014). Non è noto il meccanismo con cui la clozapina causa tossicità epatica.

Gastrointestinali: (molto comuni > 10%) stipsi scialorrea (ipersalivazione) (> 30), difficoltà di digestione (dispepsia), malattia da reflusso gastroesofageo (GERD); (comuni: 1-10%) nausea, vomito, riduzione dell'appetito, bocca secca; (rari: 0,01-0,1%) disfagia (difficoltà di deglutizione); (molto rari < 0,01%) occlusione intestinale, ileo paralitico, fecaloma, ingrossamento della ghiandola parotide; (segnalazione post-marketing) diarrea, colite.
Il problema che i pazienti in terapia con clozapina riportano con maggior frequenza è la stipsi che dipende dall’azione anticolinergica sulla motilità intestinale del farmaco. L’ipomotilità gastrointestinale da clozapina interessa almeno il 75% dei pazienti in terapia. In uno studio che ha confrontato la clozapina con altri antipsicotici, il tempo mediano di transito intestinale nei pazienti trattati con clozapina era superiore di 4 volte a quello riscontrato nei pazienti trattati con altri antipsicotici (104,5 ore vs 23 ore) (Every-palmer et al., 2016). Questo effetto collaterale può manifestarsi in qualsiasi momento e può causare complicanze gravi (4-8/1000 pazienti trattati per un anno): ostruzione intestinale, fecaloma, ileo paralitico, perforazione del colon, megacolon tossico, morte (il tasso di mortalità per ipomotilità intestinale è pari al 15-27,5%) (Cohen et al., 2012). E’ importante, pertanto, che l’ipomotilità gastrointestinale venga diagnosticata e trattata. Anche la disfagia può essere una conseguenza dell’ipomotilità gastrointesinale causata dalla clozapina. La disfagia può causare soffocamento o polmonite da ingestione (polmonite causata da particelle di cibo che passano nei polmoni) (Cicala et al., 2019).
La scialorrea può essere dovuta alla stimolazione dei recettori muscarinici, al blocco dei recettori alfa-2 adrenergici o all'inibizione del riflesso della deglutizione: la sua gestione diventa difficile soprattutto di notte. Spesso si sviluppa tolleranza con il procedere della terapia. Se la scialorrea non risponde a terapie non farmacologiche, si può valutare l’uso di farmaci anticolinergici per via sub linguale (Flanagan et al., 2020; Russo et al., 2018).
La dispepsia e il reflusso gastroesofageo possono coinvolgere un paziente su cinque (20%) nelle prime 6 settimane di terapia con clozapina. Può essere indicato un trattamento con inibitori di pompa protonica (tenendo presente che l’omeprazolo può ridurre la concentrazione plasmatica della clozapina) (Russo, 2018).

Metabolici: (comuni: 1-10%) incremento del peso corporeo; (rari: 0,01-0,1%) alterazioni della tolleranza al glucosio, sviluppo/peggioramento del diabete; (molto rari < 0,01%) coma iperosmolare, chetoacidosi diabetica, iperglicemia grave, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia.
L’aumento del peso corporeo può arrivare al 10% in un paziente su cinque (20% dei pazienti) nel primo anno di terapia. L’aumento di peso può essere contrastato con un adeguato regime alimentare e svolgendo regolarmente attività fisica; come seconda opzione può essere valutata la somministrazione di metformina a rilascio controllato (1 g al giorno) (Russo, 2018).
La maggior parte dei pazienti che ha manifestato iperglicemia con clozapina aveva fattori di rischio per diabete, ma l'iperglicemia è stata segnalata anche in pazienti senza fattori di rischio. Nella maggior parte dei casi, comunque, la sospensione della clozapina ha ripristinato la normalizzazione dei valori di glicemia. Molto raramente, l'iperglicemia grave ha portato a chetoacidosi o coma iperosmolare. Secondo l'analisi di 16 studi clinici pubblicati tra il 1976 e il 2010, l’incidenza di chetoacidosi diabetica indotta da clozapina è pari a 1,2-3,1 casi per 1000 persone che usano il farmaco, con un tasso di mortalità del 20-31% (Cohen et al., 2012).

Muscoloscheletrici: (segnalazione post-marketing) debolezza muscolare, spasmi muscolari, dolore muscolare, lupus eritematoso sistemico.

Oftalmici: visione offuscata.

Organi riproduttivi: (molto rari < 0,01%) priapismo; (segnalazione post-marketing) eiaculazione retrograda.

Renali: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria, enuresi notturna; nefrite interstiziale acuta (casi isolati).
Circa il 20% dei pazienti che assumono clozapina può manifestare enuresi notturna. Per trattare questo effetto collaterale evitare di bere liquidi e di assumere caffeina prima di coricarsi; può essere indicato somministrare desmopressina spray nasale (10-20 mcg alla sera) (Russo, 2018).

Respiratori: (rari < 0,01%) broncopolmonite, polmonite, polmonite da aspirazione, embolia polmonare, depressione/arresto respiratorio.
La clozapina è associata ad un aumento del rischio di polmonite dose-dipendente. Tra le possibili cause alcuni effetti collaterali del farmaco: la scialorrea, la cui gestione di notte è più complicata ed è più facile il passaggio di saliva nei polmoni; la disfagia, secondaria a ipomotilità intestinale; la sedazione soprattutto di notte, perché, per contenere l’effetto sedativo del farmaco nelle ore diurne, si tende a somministrare una dose maggiore di clozapina alla sera; deficit di immunoglobuline che aumenta il rischio di infezione, Il rischio di polmonite inoltre aumenta anche quando la clozapina è somministrata in associazione ad altri antipsicotici (Kaplan et al., 2018; Kuo et al., 2013).
La clozapina è associata ad un aumentato rischio di embolia polmonare. I meccanismi coinvolti sono diversi: aumento di peso, sindrome metabolica, aumentata aggregazione piastrinica. L’evento avverso è raro, ma la mortalità è elevata (circa 30%) (Poudyal, Lohani, 2019; Sarvaiya et al., 2018).

Sistemici: febbre (5% dei pazienti nella fase iniziale della terapia) (Flanagan et al., 2020), alterazioni della regolazione della temperatura/sudorazione, ipertermia benigna, stanchezza; (segnalazione post-marketing) angioedema, vasculite leucocitoclastica, polisierosite, sindrome DRESS (Drug reaction with eosinophilia and systemic symptoms, reazione a farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici).
La sindrome DRESS è una reazione di ipersensibilità farmaco-indotta, potenzialmente letale (incidenza nella popolazione generale: 0,4 casi/100mila persone; mortalità stimata: 10%) (Sanader et al., 2019; Husain et al., 2013). Uno studio dei casi riportati in letteratura che potevano rispondere ai criteri per la sindrome DRESS ha evidenziato come il 44,4% dei pazienti (20 pazienti) erano in monoterapia con clozapina. I sintomi della sindrome erano comparsi dopo circa un mese dall'inizio della terapia e avevano interessato soprattutto polmoni e fegato. In 4 casi la risomministrazione della clozapina aveva innescato nuovamente la comparsa dei sintomi. La mortalità è risultata pari al 7,4% (de Filippis et al., 2021).