Sovradosaggio: non sono riportati in letteratura episodi di sovradosaggio intenzionale con l’estratto standardizzato di Cannabis sativa (specialità medicinale Sativex) (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2015). In caso di sovradosaggio i sintomi attesi sono riconducibili a quelli osservati in seguito ad intossicazione da cannabinoidi: alterazione mentale (allucinazioni, sintomi psicotici, ansietà), alterazione del ritmo cardiaco (tachicardia/bradicardia), ipotensione posturale (Karschner et al., 2011). La dose letale nell’uomo per il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è pari a 30 mg/kg (corrispondente a 2100 mg per un uomo di 70 kg di peso). Il trattamento del sovradosaggio è sintomatico: benzodiazepine in caso di ansietà elevata (diazepam: 5-10 mg per os), posizione supina con le gambe alzate in caso di ipotensione posturale (questa manovra in genere è sufficiente a contrastare la caduta di pressione in posizione eretta).
Dipendenza: la Cannabis sativa provoca dipendenza psicofisica. Si ritiene che la componente psicologica sia predominante rispetto a quella fisica, ma è stato dimostrato come l’uso continuato comporti tolleranza verso diversi effetti, fra cui quelli sulla frequenza cardiaca, sulla pressione arteriosa e sull’elettrocardiogramma. La dipendenza è stata evidenziata sia dopo somministrazione per via inalatoria (fumo) sia orale (Haney et al., 1999; Haney et al., 1999a); provoca l’aumento della dose e/o della frequenza d’uso e la comparsa di una sindrome da astinenza, che benché comprovata sperimentalmente, è stata comunque oggetto di discussione.
In caso di astinenza, i sintomi comprendono agitazione, ansia, disforia, irritabilità, aggressività, insonnia, tremori, iperriflessia (Wiesbeck et al., 1996; Smith, 2002). La prevalenza dei sintomi da astinenza nei consumatori cronici di Cannabis è del 16-29%, mentre il rischio di sviluppare dipendenza negli utilizzatori saltuari è di circa il 10%.
Tossicità d’abuso: l’uso voluttuario della Cannabis (intossicazione acuta) produce variazioni dell’umore, di percezione, di motivazione, di euforia che vengono però descritte diversamente da quelle indotte da altri stimolanti o dagli oppiacei. L’effetto euforizzante è dovuto all’azione del tetraidrocannabinolo sul sistema limbico (sistema cerebrale “della gratificazione”) con conseguente rilascio di dopamina dal nucleo accumbens; quest’azione è comune con le altre sostanze che provocano piacere e determinano assuefazione (cocaina, amfetamina, eroina, nicotina, alcool). Altri sintomi da intossicazione acuta comprendono difficoltà d’attenzione, alterazioni della sfera cognitiva e psicomotoria (questi ultimi sono quelli più evidenti), euforia, confusione, disorientamento, delirio, variazioni dell’umore, disforia, incremento della frequenza cardiaca a riposo, xerostomia, incremento dell’appetito soprattutto verso i cibi al elevato contenuto di zuccheri, atassia, tremore, iperriflessia; meno spesso possono comparire cefalea, nausea e vomito.
Il consumo di Cannabis, soprattutto per os, può indurre panico e allucinazioni fino a psicosi acuta e coma. Il rischio di psicosi acuta e di schizofrenia è maggiore nei pazienti “predisposti” rispetto a quelli “non predisposti”. L’uso cronico è associato a ideazione paranoide e, nei soggetti con età compresa fra 14 e 21 anni, ad un incremento di comportamenti che portano a furto, crimini violenti, suicidio rispetto a chi non ne fa uso. Inoltre, l’uso frequente di Cannabis verso i 14-15 anni comporta un rischio più elevato di ansia verso i 20-21 anni, in particolare nei soggetti di sesso femminile. In caso di attacchi d’ansia o di panico gravi conseguenti all’assunzione di Cannabis, può essere somministrato diazepam; in caso di coma dopo ingestione, il flumazenil (Rubio et al., 1993).
In alcuni consumatori abituali di elevate quantità di hashish (droga a base di Cannabis) sono comparsi disturbi alla vista persistenti dopo la sospensione della droga (Laffi et al., 1993); in un giovane di 24 anni è stata segnalata ipertermia grave durante uno sforzo fisico (jogging) dopo aver fumato Cannabis (Walter et al., 1996).
L’uso cronico della Cannabis per inalazione (fumo) comporta effetti analoghi al tabagismo, cioé irritazione delle vie respiratorie, broncocostrizione e rischio di tumore polmonare. Il fumo di Cannabis infatti contiene gli stessi prodotti della combustione riscontrati nel fumo di tabacco: monossido di carbonio, catrame, sostanze mutagene e cancerogene (benzoantraceni e benzopireni a concentrazioni superiori a quelle del fumo di tabacco). Inoltre la deposizione di catrame a livello di epitelio delle alte e basse vie respiratorie è maggiore rispetto al fumo di tabacco per la diversa modalità con cui si fuma (aspirazioni più profonde e durature, assenza di filtri nelle sigarette).
Gli effetti dei due tipi di fumo, Cannabis e tabacco, sono additivi. E’ stato calcolato che i danni all’epitelio bronchiale in chi fuma abitualmente 3-4 sigarette di Cannabis siano paragonabili a quelli riscontrati in chi fuma 20 o più sigarette di tabacco (Wu et al., 1988).
A livello cardiovascolare, il tetraidrocannabinolo (THC) causa marcata tachicardia, vasodilatazione periferica e aumento della gittata cardiaca e il monossido di carbonio contenuto nel fumo determina un aumento della concentrazione di carbossiemoglobina maggiore rispetto a quello riscontrato con il tabacco (sigarette).
Tossicità acuta/cronica: dopo somministrazione singola di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e cannabidiolo (CBD) la tossicità acuta in vivo è risultata contenuta. Dopo somministrazione ripetuta gli effetti tossici osservati sono risultati dipendere da un processo di accumulo dei cannabinoidi. Le due molecole presentano un profilo tossicologico simile negli animali da laboratorio, anche se la somministrazione di dosi ripetute fino a 300 mg/kg/die di CBD non è stata associata ad effetti tossici di tipo comportamentale nel ratto e nella scimmia. Sia il THC sia il CBD hanno determinato una riduzione del peso degli organi riproduttivi (utero, testicoli), più pronunciata per il tetraidrocannabinolo e dipendente, probabilmente, da alterazioni funzionali mediate da una riduzione (effetto inibitorio) del rilascio di ormoni sessuali. Entrambi i cannabinoidi sono stati associati ad un aumento del volume del fegato e delle ghiandole adrenaliche, in assenza comunque di alterazioni del tessuto di natura patologica. Nell’uomo la somministrazione di tetraidrocannabinolo e cannabidiolo, ciascuno alla dose di 2 mg/kg/die, non ha determinato effetti tossici sistemici.
Cancerogenicità: sulla base dei dati di letteratura disponibili, il rischio che il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD) possano provocare genotossicità nell’uomo è considerato basso (Scheda prodotto Sativex, 2006).
Tossicità riproduttiva: il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD), da soli o in associazione (estratto di Cannabis) hanno determinato in vivo riduzione del numero, del peso e della sopravvivenza della prole; diminuzione del peso degli organi riproduttivi, utero e testicoli, e alterazioni funzionali quali aumento della durata del ciclo mestruale e inibizione della spermatogenesi. Gli effetti tossici sono risultati dose-dipendenti e sono stati osservati a dosaggi relativamente bassi (THC: la somministrazione di 1,25 mg per via sottocutanea 3 volte/settimana ha determinato alterazione del ciclo mestruale nella scimmia; la somministrazione di una dose di 2 mg/kg per via intraperitoneale nel ratto ha ritardato l’ovulazione e soppresso l’aumento degli ormoni sessuali nel periodo che precede l’estro nel ratto). Il delta-9-tetraidrocannabinolo è stato associato ad un aumento della mortalità embrio-fetale in diverse specie animali, ma effetti teratogenici sono stati riscontrati esclusivamente nel ratto.
Nell’uomo, l’uso di Cannabis per inalazione (fumo) comporta degli effetti tossici sul feto con conseguenze tardive sia a livello cardiovascolare (effetti mediati dalla carbossiemoglobina) sia neurologici a carico sopratutto della memoria.
Nel feto, l’aumento della carbossiemoglobina causata dal monossido di carbonio prodotto dalla combustione della sigaretta, provoca una diminuzione della saturazione di ossigeno del sangue che può indurre danni sia a livello del sistema nervoso centrale, le cui cellule sono particolarmente sensibili al deficit di ossigeno, sia a livello cardiovascolare. In quest’ultimo caso, l’ipossia da carbossiemoglobina è stata correlata, in vivo, ad alterazioni elettriche del potenziale d’azione dei miociti, che perdurano dopo la nascita e che sono risultate aritmogene.
In vivo, il consumo ripetuto di Cannabis è stato associato a compromissione dell’apprendimento a livello labirintico. Inoltre la somministrazione in epoca prenatale di un potente cannabinoide (composto sintetico che mima gli effetti della Cannabis) ha indotto modificazioni persistenti in una delle zone del cervello deputate ai processi mnemonici (ippocampo).
Le dosi di cannabinoide sintetico utilizzate nello studio sono state opportunamente individuate per non indurre nell’animale effetti tossici o teratogeni. Gli effetti nella progenie (ratti di 12 e 40 giorni) hanno compreso iperattività motoria, regredita nell’animale adulto, e alterazioni nei processi mnesici (incapacità di mantenere i ricordi), persistenti nell’animale adulto.
I dati raccolti nei test in vivo concordano con quelli clinici osservati: i bambini nati da madri che avevano fumato Cannabis in gravidanza, oltre a presentare un basso peso alla nascita ed eccitazione psicomotoria, mostravano, sul lungo periodo, difficoltà nei processi di memoria quando sottoposti a test visivi.
DL50: dopo somministrazione orale (veicolo: olio di sesamo) pari a 1270 mg/kg (ratto maschio) e a 730 mg/kg (ratto femmina) (delta 9-tetraidrocannabinolo, delta 1-tetraidrocannabinolo); (veicolo: olio di sesamo, polisorbato 80 1%,emulsione salina) pari a 800 mg/kg (ratto maschio) (delta 9-tetraidrocannabinolo, delta 1-tetraidrocannabinolo); dopo somministrazione e.v. pari a 40 mg/kg (ratto maschio e femmina) (delta 9-tetraidrocannabinolo, delta 1-tetraidrocannabinolo), pari a 27,5 mg/kg (topo) (delta 6-tetraidrocannabinolo, delta 8-tetraidrocannabinolo); dopo somministrazione per inalazione pari a 105,7 mg/kg (ratto maschio e femmina) (corretto per perdita di particolato e assorbimento polmonare fino a 42 mg/kg) (delta 9-tetraidrocannabinolo, delta 1-tetraidrocannabinolo).