Abuso: il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è il composto psicoattivo più importante contenuto nella Cannabis sativa. Può indurre dipendenza fisica e psicologica e pertanto rientra fra le sostanze a rischio di abuso. L’analisi di 11 studi clinici, per un totale di 266 pazienti di cui 78 fruitori abituali di Cannabis, ha evidenziato come il 94% dei pazienti con un follow up prolungato (194 pazienti totali) abbia mantenuto un desiderio costante o ridotto verso la Cannabis, mentre un 3% abbia manifestato un aumento del desiderio nei confronti della droga (Carbuto et al., 2011). Valutare con attenzione l’opportunità di utilizzare a scopo terapeutico la Cannabis sativa in pazienti con anamnesi positiva per abuso di sostanze, incluso l’alcool.
Dipendenza: sebbene l’uso abituale di Cannabis (fumo) provochi dipendenza (comparsa di sintomi astinenziali con l’interruzione dell’assunzione della droga), nei trial clinici la somministrazione continuativa dell’estratto standardizzato di Cannabis (contenuto standardizzato in delta-9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo) è stato associato ad effetti collaterali riconducibili ad astinenza (insonnia, alterazione dell’umore e dell’appetito) in un numero limitato di pazienti. Nei trial clinici non è stata osservata tolleranza, cioè necessità di aumentare progressivamente la dose di farmaco per mantenere l’efficacia terapeutica.
Vertigini: all’inizio del trattamento con l’estratto standardizzato di Cannabis (contenuto standardizzato in delta-9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo), possono manifestarsi vertigini, in particolare nel periodo di tempo necessario al paziente per individualizzare il dosaggio ottimale.
Tossicità a carico della mucosa della bocca: la somministrazione dell’estratto standardizzato di Cannabis sativa (concentrazione standardizzata in delta-9- tetraidrocannabinolo e cannabidiolo) è stato associato a irritazione della mucosa della bocca (circa il 22% dei pazienti trattati). La somministrazione per 4 settimane come spray orale dell’estratto standardizzato di Cannabis a pazienti con sclerosi multipla ha provocato secchezza del cavo orale, bruciore, cattivo gusto, lesioni biancastre (leucoplachia) sul pavimento della bocca. E’ possibile che parte dell’irritazione sia dovuta anche all’elevato contenuto in etanolo del farmaco (Scully, 2007). Monitorare l’integrità della mucosa durante il trattamento con estratto standardizzato di Cannabis e in caso di irritazione e/o infiammazione sospendere il farmaco. A differenza di chi fuma la Cannabis a scopo voluttuario, non sono state evidenziate lesioni di tipo displastico e/o precanceroso nei pazienti trattati con Cannabis a scopo terapeutico (Cho et al., 2005).
Reazioni psicotiche: interrompere la somministrazione terapeutica di Cannabis sativa (estratto standardizzato in 9-tetraidrocannabinolo, THC, e cannabidiolo, CBD) se il paziente evidenzia reazioni psicotiche. La Cannabis infatti sembra associata ad un aumento del rischio di sviluppare, tardivamente, schizofrenia; tale rischio sembra presentare una predisposizione individuale e tenderebbe ad aumentare nei soggetti con un uso di Cannabis iniziato in età adolescenziale (Casadio et al., 2011). Nell’organismo umano sono stati individuati due recettori per i cannabinoidi, indicati con le sigle CB1 e CB2, e dei ligandi endogeni di questi recettori, gli endocannabinoidi. Nell’adolescente la sovrastimolazione del sistema endocannabinoide da parte del delta-9-tetraidrocannabinolo (uso abituale di marijuana, droga a base di Cannabis) può provocare dei cambiamenti neurobiologici con effetti successivi sul funzionamento del cervello e sul comportamento in età adulta (Parolaro, 2010). Alcuni studi hanno evidenziato una maggior frequenza di sintomi schizofrenici nei soggetti che hanno utilizzato abitualmente Cannabis fra i 15 e 18 anni rispetto a quelli che ne hanno fatto un uso saltuario (una o due volte) o che non hanno mai utilizzato la droga (Sugranyes et al., 2009; Barkus, Lewis, 2008; Ajdacic-Gross et al., 2007; Schifman et al., 2005; Macleod et al., 2004; Stefanis et al., 2004). La somministrazione di Cannabis sativa in pazienti affetti da schizofrenia o disturbi psicotici o con familiarità verso questo tipo di malattia potrebbe indurre comparsa o peggioramento dei sintomi neurologici.
Ideazione/tentativo di suicidio: l’uso terapeutico di Cannabis sativa è stato associato a ideazione di suicidio/tentato suicidio (studio clinico di fase III) con un’incidenza sovrapponibile a quella riscontrata nei pazienti affetti da sclerosi multipla con follow up prolungato. Monitorare segni o sintomi riconducibili a ideazione suicidaria.
Epilessia/convulsioni: i cannabinoidi possiedono effetti sia anti- sia pro-convulsivi. Studi recenti sul sistema endocannabinoide hanno evidenziato come, in condizioni di stimolazione neuronale eccessiva, gli endocannabinoidi, rilasciati dall’organismo “su domanda“, sembrano attivare recettori CB1 presenti sui neuroni eccitatori glutamatergici, con effetti anticonvulsivanti. Recettori CB1 sono stato individuati anche su neuroni inibitori GABAergici. In alcuni modelli animali l’attivazione di questi recettori da parte di cannabinoidi esogeni sembrerebbe portare ad una riduzione del rilascio di GABA con conseguente aumento della suscettibilità convulsiva (attività pro-convulsiva dei cannabonoidi) (Lutz, 2004). Sulla base di queste osservazioni e della limitata esperienza clinica, la somministrazione dell’estratto standardizzato di Cannabis sativa (concentrazione titolata di delta-9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo) richiede cautela nei pazienti epilettici o con anamnesi positiva per convulsioni.
Incremento degli enzimi epatici: la somministrazione terapeutica di Cannabis sativa estratto standardizzato è stata associata ad un aumento degli enzimi epatici, in particolare dell’alanino-aminotransferasi (ALT). Gli aumenti segnalati nei trial clinici non hanno comunque superato il valore pari a tre volte il limite superiore massimo (ULN). Nei fumatori abituali di marijuana (droga a base di Cannabis) aumenti degli enzimi epatici e della fosfatasi alcalina possono arrivare ad interessare percentuali fra il 30% e il 50%, mentre ingrossamento di fegato e milza sono stati osservati, rispettivamente in circa il 60% e 70% de fumatori (Borini et al., 2004).
Nei pazienti trattati con cannabidiolo per la sindrome di Lennox-Gastaut e per quella di Dravet (trial clinici), l’aumento delle transaminasi epatiche (ALT e/o AST) oltre tre volte il limite normale superiore è stato del 13% (contro l’1% con placebo). Nella maggior parte dei pazienti questo aumento si è verificato nei primi due mesi di terapia, ma ci sono stati casi riscontrati fino a 18 mesi dopo l’inizio del trattamento, soprattutto in pazienti che assumevano anche valproato. In circa due terzi dei casi, la riduzione della dose di cannabidiolo o la sospensione del farmaco determina la normalizzazione degli enzimi epatici; in circa un terzo dei pazienti la normalizzazione si osserva con la continuazione della terapia. Fattori di rischio per l’aumento delle transaminasi (ALT) sono rappresentati dall’assunzione contemporanea di acido valproico (21% dei pazienti) o di clobazam (4%) o di entrambi (30% dei pazienti); dose elevata (17% dei pazienti con cannabidiolo 20 mg/kg/die; 1% dei pzienti con 10 mg/kg/die); livelli basali elevati di transaminasi. Dati gli effetti del cannabidiolo sul fegato, i livelli delle transaminasi e della bilirubina (indicatori di tossicità epatica) devono essere monitorati prima di iniziare il trattamento e periodicamente durante la terapia, ogni qualvolta la dose di farmaco viene modificata e quando si aggiunge al trattamento un farmaco con effetti potenzialmente epatotossici. Nei pazienti che manifestano segni o sintomi di disfunzione epatica, monitorare i valori delle transaminasi epatiche e della bilirubina e valutare la sospensione del cannabidiolo (Food and Drug Administration – FDA, 2018).
Intervento chirurgico: valutare con attenzione la procedura da utilizzare in caso di intervento chirurgico nei pazienti in terapia con Cannabis sativa estratto standardizzato, soprattutto per quanto riguarda gli eventuali farmaci utilizzabili nelle diverse fasi peri-operative (valutazione degli effetti neurologici centrali e periferici e degli effetti sul sistema cardiovascolare).
Pazienti anziani: i dati clinici relativi all’impiego dell’estratto di Cannabis sativa (standardizzato per il contenuto in 9-tetraidrocannabinolo, THC, e cannabidiolo, CBD) nel trattamento della sclerosi multipla in pazienti anziani sono limitati. In questa classe di pazienti l’estratto standardizzato di Cannabis sativa deve essere somministrato con cautela.
Pazienti pediatrici: l’estratto standardizzato (per contenuto di 9-tetraidrocannabinolo, THC, e di cannabidiolo, CBD) di Cannabis sativa non è raccomandato nei pazienti con meno di 18 anni per insufficienti dati clinici relativi ad efficacia e sicurezza.
Attività che richiedono attenzione e coordinazione costante: poichè la Cannabis sativa possiede effetti neurologici e psichici, evitare di guidare o utilizzare macchinari che richiedono attenzione e coordinazione motoria costante.
Rischio di caduta accidentale: negli studi clinici relativi all’impiego dell’estratto standardizzato di Cannabis sativa (concentrazione standardizzata in delta-9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo) è stato osservato un aumento delle cadute accidentali. Non è stato indagato se tali cadute siano dipese da capogiri, ipotensione ortostatica o ridotta spasticità. In via teorica l’associazione con farmaci ad azione miorilassante (baclofene e benzodiazepine) potrebbe aumentare il rischio di caduta. Sulla base di queste osservazioni l’impiego terapeutico della Cannabis richiede particolare cautela e attenzione sotto questo aspetto.
Presenza di cannabinoidi in sangue/urine: nel sangue e nelle urine di pazienti trattati con estratto standardizzato di Cannabis sativa (concentrazione standardizzata in delta-9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo) possono persistere tracce di cannabinoidi per diverse settimane, dopo la fine della cura farmacologica. I cannabinoidi infatti tendono ad accumularsi nel tessuto lipidico (grasso corporeo) da dove poi sono rilasciati lentamente nel torrente circolatorio.
Farmaci attivi sul sistema nervoso centrale (SNC): gli effetti della Cannabis sativa sul sistema nervoso centrale possono essere potenziati in caso di somministrazione concomitante con farmaci ipnotici/sedativi, farmaci deprimenti/eccitanti il sistema nervoso, farmaci oppioidi.
Etanolo: la specialità medicinale Sativex, estratto standardizzato di Cannabis sativa, contiene etanolo pari al 50% v/v. La somministrazione quindi della dose giornaliera raccomandata nel trattamento della sclerosi multipla, corrisponde a circa 0,2 g di etanolo al giorno. Valutare l’apporto di etanolo in caso di pazienti con alcolismo e in caso di pazienti con rischio elevato di malattia epatica.
Gravidanza: poichè la Cannabis sativa può avere effetti tossici sullo sviluppo fetale, la terapia con l’estratto standardizzato richiede l’uso di un valido metodo contraccettivo, che deve essere continuato per almeno tre mesi dopo l’interruzione della terapia. In caso di gravidanza interrompere immediatamente l’assunzione della Cannabis.
Doping: la cannabis è inserita nell’elenco delle sostanze proibite durante le competizioni sportive redatto dalla World Anti-Doping Agency (WADA) (edizione 2019). E’ inserita nella classe S8, che raggruppa oltre alla cannabis anche hashish e marijuana, e i cannabinoidi sintetici, con l’esclusione del cannabidiolo (The World Anti-Doping Code International Standard, Prohibited list, 2019).
Conservazione: lo spray buccale a base di estratto standardizzato di Cannabis sativa (contenuto standardizzato in THC e CBD) deve essere conservato a temperature comprese fra 2-8°C. Non deve essere congelato. Una volta aperto, lo spray orale può essere mantenuto a temperatura ambiente, ma deve essere consumato entro un mese.
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