Sovradosaggio: in caso di sovradosaggio da buprenorfina il rischio maggiore è rappresentato dalla depressione respiratoria che può portare ad arresto respiratorio e morte. Pertanto è importante intervenire per mantenere la funzionalità respiratoria garantendo la pervietà delle vie respiratorie e il controllo della ventilazione. Altri sintomi che possono comparire in caso di concentrazioni troppo alte di buprenorfina, in analogia con quanto osservato con altri analgesici ad azione centrale, comprendono sedazione, sonnolenza, nausea, vomito, collasso cardiocircolatorio, miosi marcata. In caso di vomito, evitare la sua aspirazione nelle vie respiratorie.
Il sovradosaggio accidentale da buprenorfina nei pazienti non dipendenti è poco probabile: la somminsitrazione di una singola dose fino a 70 volte la dose analgesica raccomandata è risultata ben tollerata (effetto tetto: oltre una certa dose l’azione farmacologica si stabilizza e non aumenta ulteriormente) (Walsh et al., 1994).
Per antagonizzare gli effetti della buprenorfina può essere somministrato naloxone (2-12 mg per via endovenosa da ripetere ad intervalli regolari sotto monitoraggio e controllo medico). Data l’elevata affinità della buprenorfina per i recettori oppioidi, il naloxone può avere effetti limitati. Inoltre, poiché il naloxone viene eliminato dall’organismo più velocemente della buprenorfina, potrebbero ricomparire i sintomi da sovradosaggio anche dopo un iniziale controllo da parte del naloxone.
Attività mutagena: la buprenorfina non è risultata mutagena. Il test di Ames (test di mutazione batterica) ha dato esito negativo così come quelli in vitro su linfociti umani e il test del micronucleo del ratto (test che verificano la capacità di provocare anomalie sui cromosomi).
Cancerogenicità: negli studi sugli animali la buprenorfina non ha evidenziato effetti cancerogeni. L’associazione buprenorfina/naloxone (dosi corrispondenti a 3-75 volte l’esposizione sistemica calcolata sulla dose sublinguale di 16 mg nell’uomo) è stata associata nel ratto ad un aumento dell’incidenza di adenomi benigni delle cellule endocrini interstiziali di Leydig presenti nei testicoli.
Tossicità riproduttiva: negli animali (ratti, conigli) la buprenorfina è stata associata a fetotossicità (perdita post-impianto). In studi di tossicità peri e postnatale, la buprenorfina ha determinato un aumento della mortalità dei cuccioli, ridotto peso corporeo della prole e contemporaneo consumo di cibo della madre. La somministrazione di dosi elevate di buprenorfina in gravidanza e durante l’allattamento nel ratto ha determinato un lieve ritardo in alcune funzioni neurologiche della prole (riflesso di raddrizzamento e risposta di allarme).
DL50: dopo somministrazione orale: 261 mg/kg (topo) e 600 mg/kg (ratto); dopo somministrazione endovena: 26 mg/kg (topo) e 35 mg/kg (ratto); dopo somministrazione intraperitoneale: 94 mg/kg (topo) e 243 mg/kg (ratto).