Durata della terapia con amitriptilina: la durata della terapia dovrebbe essere la minima efficace. In genere è indicativo un periodo di circa un mese per i disturbi del sonno e di circa 3 mesi per il trattamento di stati ansioso-depressivi. Al termine del periodo indicato, è raccomandata una nuova valutazione del paziente per verificare l’opportunità di continuare o modificare la terapia con amitriptilina.
Cardiopatia: l’amitriptilina, e in generale gli antidepressivi triciclici, non sono raccomandati per i loro effetti aritmogeni nei pazienti con cardiopatia nota. Gli antidepressivi triciclici infatti tendono ad aumentare la frequenza del battito cardiaco a riposo (+10-20 battiti/minuto) e a rallentare la conduzione cardiaca (Coupland et al., 1997; Roose, Glassman, 1994). L’amitriptilina tende inoltre a indurre prolungamento dell’intervallo QT (che corrisponde alla fase di sistole elettrica, cioè depolarizzazione e ripolarizzazione dei ventricoli). Gli effetti sul cuore sono dose-dipendenti e aumentano notevolmente in caso di sovradosaggio. L’amitriptilina è controindicata nei pazienti con disturbi del ritmo cardiaco e nel post-infarto.
Ipotensione ortostatica: gli antidepressivi triciclici, inclusa amitriptilina, causano ipotensione posturale per azione antagonista sui recettori adrenergici alfa1.
Ideazione/tendenza al suicidio: gli antidepressivi sono risultati aumentare il rischio di ideazione suicidaria e di comportamenti tendenti al suicidio, in studi clinici a breve termine, in pazienti pediatrici e nei giovani adulti affetti da depressione. La depressione stessa è un fattore indipendente di rischio di suicidio. La somministrazione di amitriptilina in ambito pediatrico o in pazienti adulti giovani richiede il monitoraggio attento dei segni o sintomi riconducibili all’ideazione/tendenza al suicidio. L’aumento del rischio di suicidio è meno frequente nei pazienti anziani.
Psicosi: gli antidepressivi triciclici possono attivare stati psicotici in pazienti paranoici; i pazienti affetti da depressione bipolare possono passare alla fase maniacale.
Epilessia: gli antidepressivi triciclici, inclusa l’amitriptilina, abbassano la soglia convulsiva, pertanto la loro somministrazione a pazienti con epilessia o predisposizione a sviluppare convulsioni richiede cautela.
Parkinson: la somministrazione di amitriptilina a pazienti con parkinson richiede cautela perchè potrebbe verificarsi un peggioramento dei sintomi extrapiramidali.
Diabete: l’amitriptilina è stata associata a variazioni della glicemia. La somministrazione dell’antidepressivo a pazienti diabetici richiede un controllo supplementare della concentrazione plasmatica di glucosio.
Feocromocitoma: il trattamento con amitriptilina può rendere manifesto un feocromocitoma latente. In letteratura è stata riportata comparsa di feocromocitoma dopo aumento della dose dell’antidepressivo (da 75 a 150 mg/die). I sintomi più frequenti che rivelano il feocromocitoma sono cefalea, ipertensione acuta e intensa sudorazione; meno frequentemente possono comparire ipotensione e/o collasso cardiocircolatorio, sintomi psichici (confusione, agitazione, delirio), febbre, difficoltà respiratoria. Il feocromocitoma è un tumore che provoca un aumento delle catecolamine circolanti (adrenalina e noradrenalina); questo effetto viene potenziato dai farmaci che inibiscono la ricaptazione delle catecolamine a livello del sistema nervoso centrale come l’amitriptilina (Kuhs, 1998).
Pazienti con patologie a carico del sangue: monitorare la crasi ematica perchè l’amitriptilina è stata associata ad alterazioni dell’emopoiesi. La comparsa di febbre, sintomi influenzali e angina potrebbe indicare un quadro di agranulocitosi.
MAO-inibitori: la somministrazione di farmaci inibitori della MAO deve essere sospesa almeno 14 giorni prima dell’impiego di amitriptilina.
Pazienti pediatrici e pazienti anziani: si consiglia di ridurre le dosi di amitriptilina nei pazienti anziani e in quelli di età pediatrica perché più sensibili agli effetti collaterali del farmaco. I pazienti più anziani sono più sensibili agli effetti anticolinergici dell’amitriptilina e manifestano più facilmente confusione mentale o stato confusionale acuto.
Sindrome da sospensione: la sospensione di un antidepressivo triciclico, inclusa l’amitriptilina, è accompagnata dalla comparsa di sintomi quali disturbi gastrointestinali, ansia, irrequietezza, disturbi del sonno. Fattori predisponenti comprendono interruzione improvvisa della terapia antidepressiva e terapia a lungo termine. In genere la sindrome da sospensione ha un esordio improvviso e tende a risolversi rapidamente (entro 24 ore) alla risomministrazione del farmaco. Si distingue da un’eventuale recidiva della depressione perchè quest’ultima tende a manifestarsi con maggiore latenza (la sindrome da sospensione compare dopo alcuni giorni dall’interruzione dell’amitriptilina) e a risolversi molto più lentamente. Non sempre comunque recidiva del disturbo depressivo e sindrome da sospensione sono facilmente distinguibili, anche perchè la sintomatologia tende a sovrapporsi.
L’interruzione della terapia con amitriptilina richiede una riduzione graduale del dosaggio per ridurre il rischio di sintomi da rimbalzo.
Intervento chirurgico: l’amitriptilina dovrebbe essere sospesa precocemente prima di un intervento chirurgico, perchè può accentuare gli effetti farmacologici degli anestetici.
Attività che richiedono attenzione e coordinazione costante: l’amitriptilina può provocare sonnolenza e riduzione dei riflessi (specie se associata ad altri psicofarmaci); cautela nello svolgimento di attività che richiedano stati di veglia e coordinazione costanti.
Ipersensibilità: sospendere il trattamento con amitriptilina in caso di reazioni allergiche. Sono stati riportati episodi di ipersensibilità crociata fra differenti antidepressivi triciclici.
Gravidanza: l’amitriptilina è inserita in classe C per l’uso in gravidanza (a questa classe appartengono i farmaci i cui studi sugli animali hanno rilevato effetti dannosi sul feto (teratogenico, letale o altro) e per i quali non sono disponibili studi controllati in donne oppure i farmaci per i quali non sono disponibili studi né sull'uomo né sull'animale). Prima di somministrare l’amitriptilina in donne in gravidanza valutare con attenzione il rapporto fra i benefici attesi per la madre e i potenziali rischi per il feto.
Allattamento: sebbene l’amitriptilina sia escreta nel latte materno, la quantità di amitriptilina presente nel sangue del bambino è risultata trascurabile. Valutare, a fini precauzionali, l’opportunità dell’allattamento al seno durante la terapia con amitriptilina.
Nota:
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