Dosaggio e durata del trattamento: il dosaggio dell'alprazolam deve essere individualizzato a seconda della necessità del paziente, riesaminata periodicamente. Il periodo di trattamento deve essere il più breve possibile: non superare le 8-12 settimane in caso di ansia con/senza sintomi depressivi e gli 8 mesi in caso di disturbo da attacchi di panico, compreso il periodo di riduzione graduale della dose. Qualora fosse necessario un incremento del dosaggio, questo deve essere effettuato progressivamente per ridurre il rischio di effetti collaterali. È consigliabile aumentare la dose serale prima di quella diurna e sospendere il trattamento farmacologico se dopo 4-7 giorni non si verifica risposta terapeutica. L'interruzione della terapia deve essere effettuata con gradualità, in alcuni pazienti anche in settimane o mesi, per ridurre il rischio di comparsa di una sindrome astinenziale.
Interruzione della terapia: la somministrazione deve essere sospesa lentamente. Ridurre il dosaggio giornaliero di non più di 0,5 mg ogni 3 giorni. Alcuni pazienti possono richiedere una sospensione ancora più graduale.
Tolleranza: l'uso cronico può provocare tolleranza ai diversi effetti (ipnotici, ansiolitici, anticonvulsivanti) delle benzodiazepine. La dose iniziale del farmaco riduce infatti progressivamente il suo effetto, rendendo necessario un dosaggio sempre più elevato per ottenere l'efficacia iniziale.
Dipendenza e sintomi astinenziali: l'utilizzo di alprazolam può portare allo sviluppo di dipendenza fisica e psichica che aumenta con la dose e la durata del trattamento, soprattutto in pazienti con una storia di abuso di alcool e droga. Una volta sviluppatasi la dipendenza fisica, l'interruzione della terapia provoca sintomi di astinenza, che comprendono cefalea, dolori muscolari, ansia estrema, tensione, irrequietezza, disforia, confusione e irritabilità. Nei casi più gravi si manifestano fenomeni di derealizzazione, depersonalizzazione, iperacusia, intorpidimento e formicolio delle estremità, ipersensibilità alla luce, al rumore e al contatto fisico, allucinazioni o scosse epilettiche, crampi muscolari e addominali, vomito, sudorazione, tremori e episodi convulsivi. Questi sintomi, soprattutto i più gravi, sono più frequenti nei pazienti trattati con dosi eccessive per periodi di tempo prolungati, o in seguito ad una brusca interruzione della somministrazione di dosaggi terapeutici di alprazolam.
Effetto rebound: all'interruzione della terapia, soprattutto se avviene in modo brusco, può presentarsi una sindrome transitoria i cui sintomi, che hanno condotto al trattamento con alprazolam, ricorrono in forma aggravata, accompagnati a volte da cambiamenti d'umore, ansia, irrequietezza o disturbi del sonno.
Amnesia: alprazolam può indurre amnesia anterograda, che si manifesta nella maggior parte dei casi parecchie ore dopo l'assunzione del farmaco; per ridurre il rischio i pazienti dovrebbero avere un sonno ininterrotto per 7-8 ore. Il rischio di amnesia aumenta all'aumentare del dosaggio. Gli effetti amnesici possono essere associati ad alterazioni del comportamento.
Reazioni psichiatriche e paradosse: la somministrazione di benzodiazepine, soprattutto nei pazienti anziani e pediatrici, può essere associata a reazioni come irrequietezza, agitazione, irritabilita', aggressivita', delusione, collera, incubi, allucinazioni, psicosi, alterazioni del comportamento. In presenza di questi sintomi l'uso del medicinale dovrebbe essere sospeso.
Cirrosi epatica: è opportuno dimezzare il dosaggio dell'alprazolam in pazienti con cirrosi epatica.
Depressione: sebbene l'alprazolam sia risultato efficace nel trattamento di sintomi depressivi associati ad ansietà, e sia relativamente privo di effetti anticolinergici e cardiovascolari, non si consiglia il suo impiego come farmaco di prima linea in questo tipo di indicazione, perchè provoca dipendenza anche dopo trattamento di breve durata e i sintomi dovuti alla sua sospensione sono particolarmente severi. Uno stato depressivo preesistente può essere smascherato dall'uso prolungato di benzodiazepine.
Insufficienza renale: la somministrazione di alprazolam richiede cautela in caso di insufficienza renale. Il farmaco infatti è escreto per via renale e una ridotta funzionalità dei reni potrebbe aumentare l'esposizione sistemica della benzodiazepina.
Sonnolenza: l'alprazolam può indurre sonnolenza, è quindi opportuno prestare cautela nello svolgimento di attività che richiedono uno stato di veglia e di coordinazione costanti.
Alcool e sostanze stupefacenti: i soggetti che abusano di alcool o di sostanze stupefacenti sono maggiormente predisposti alla comparsa di assuefazione e dipendenza; è quindi necessaria cautela nella somministrazione di alprazolam in questo gruppo di pazienti.
Digossina: l'alprazolam può modificare il profilo farmacocinetico della digossina. Quando somministrati in associazione monitorare segni e/o sintomi riconducibili a tossicità da digossina.
Carbamazepina: la concentrazione di alprazolam deve essere monitorata quando somministrato in associazione con carbamazepina.
Erbe medicinali: è necessaria cautela nella co-somministrazione di alprazolam, e delle benzodiazepine in generale, con alcune erbe medicinali (kava, valeriana, passiflora, luppolo), poichè alcuni studi ne hanno evidenziato interazioni nocive (Almeida, Grimsley, 1996; Wong et al., 1998).
Pazienti con età < 18 anni: l'alprazolam non deve essere somministrato a questo gruppo specifico di pazienti perchè la sicurezza e l'efficacia non è stata stabilita.
Pazienti anziani: l'alprazolam deve essere impiegato con cautela in caso di pazienti anziani o defedati, poichè in questi pazienti gli effetti collaterali si manifestano più frequentemente.
Gravidanza: a causa di potenziali rischi di malformazioni congenite già associati ad altre benzodiazepine, si raccomanda di non somministrare alprazolam nel primo trimestre di gravidanza. L'assunzione di alprazolam durante l'ultimo periodo della gravidanza o durante il travaglio, soprattutto a dosi elevate, può indurre nel neonato ipotermia, ipotonia e moderata depressione respiratoria. Inoltre i neonati nati da madri in terapia cronica con benzodiazepine durante le fasi terminali della gravidanza possono sviluppare dipendenza fisica e possono presentare un rischio maggiore di sviluppare una sindrome da astinenza nel periodo postnatale (Floppy Infant Syndrome) caratterizzata da basso indice di Afgar, tremori, bradicardia, ipertonia, iperiflessia, diarrea, vomito, tachipnea, cianosi, pianto irrefrenabile. Questa sintomatologia può insorgere entro alcuni giorni o settimane dal parto e la durata dipende dall'emivita della benzodiazepina, dalla concentrazione plasmatica nel neonato e dal tempo di esposizione. La riduzione graduale del dosaggio della benzodiazepina prima del parto riduce il rischio di sindrome simil-astinenziale nel neonato.
Secondo la Food and Drug Administration (FDA) l'alprazolam non è un farmaco controindicato in senso assoluto in gravidanza (il potenziale beneficio dovuto all'uso dell'alprazolam nelle donne in gravidanza può essere accettabile nonostante il rischio potenziale) ma il suo impiego deve essere giustificato da condizioni cliniche per le quali non siano disponibili trattamenti alternativi a quello farmacologico (U.S. FDA, 2003). Nel caso si rendesse necessario l'impiego di alprazolam nel primo trimestre di gravidanza, si raccomanda di eseguire un'ecografia morfologica alla ventesima settimana, periodo in cui è possibile indagare le caratteristiche del viso del feto e rilevare eventuali malformazioni. Nel caso non sia possibile sospendere la somministrazione della benzodiazepina durante la gravidanza, si raccomanda la contemporanea assunzione di acido folico (4 mg/die), vitamina che esplica un effetto protettivo verso malformazioni a carico del tubo neurale (spina bifida) e della bocca (labio e palatoschisi).
Allattamento: le benzodiazepine non dovrebbero essere somministrate nelle mamme che allattano poichè vengono escrete nel latte materno. Se l'assunzione dell'alprazolam è intermittente, esiste un piccolo rischio per il neonato, mentre un uso regolare può causare l'accumulo del farmaco e dei suoi metaboliti. E' stato riportato il caso di una sindrome d'astinenza in un neonato allattato al seno materno, dopo la sospensione del trattamento farmacologico da parte della madre (Anderson, McGuire, 1989).
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