L’escitalopram è indicato nel trattamento della depressione maggiore e di alcuni disturbi d’ansia. (leggi)
Riportiamo di seguito la posologia dell’escitalopram nelle diverse indicazioni terapeutiche. (leggi)
L’escitalopram è controindicato in caso di ipersensibilità, in associazione a MAO-inibitori. (leggi)
La sospensione del trattamento con escitalopram deve avvenire gradualmente per ridurre il rischio di sindrome da astinenza. (leggi)
Il potenziale di interazioni farmacocinetiche clinicamente significative dell’escitalopram è considerato basso. (leggi)
Gli effetti collaterali più frequenti associati all'uso degli inibitori della ricaptazione della serotonina, incluso escitalopram, nelle prime fasi della terapia comprendono nausea, cefalea, diarrea, irritabilità, insonnia, astenia. (leggi)
In caso di sovradosaggio da escitalopram (130 mg) sono stati segnalati frequentemente tachicardia, vertigini, ipertensione e vomito. (leggi)
L’escitalopram è un farmaco antidepressivo appartenente alla classe degli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI). E’ l’S-enantiomero del citalopram. (leggi)
Il profilo farmacocinetico di escitalopram dopo somministrazione singola e ripetuta è lineare e proporzionale alla dose nell'intervallo di 10-30 mg/die. (leggi)
La formula bruta di escitalopram è C20H21FN2O. (leggi)
Le informazioni contenute nella ricerca Pharmamedix dedicata a escitalopram sono state analizzate dalla redazione scientifica con riferimento alle fonti seguenti. (leggi)
Escitalopram è prescrivibile nelle specialità commerciali Amasci, Cipralex, Entact, Escertal, Escitalopram Alter, Escitalopram Pensa, Escitalopram, Giachela, Gomeisa, Prameffex. (leggi)
L’escitalopram è un farmaco appartenente alla classe degli SSRI, inibitori della ricaptazione della serotonina. É approvato per il trattamento nei pazienti adulti di depressione, disturbi da attacco di panico con o senza agarofobia, disturbi d’ansia generalizzato e disturbi d’ansia sociale (fobia sociale). La dose raccomandata è di 10 mg al giorno, che può essere incrementata fino ad un massimo di 20 mg/die. Nei pazienti con insufficienza epatica e in quelli che presentano un’attività bassa dell’isoenzima citocromiale CYP2C19 (metabolizzatori lenti), la terapia con escitalopram deve iniziare con un dosaggio minore, pari a 5 mg al giorno.
L’escitalopram non deve essere somministrato (controindicazioni all’uso) se è presente ipersensibilità al principio attivo, in pazienti in terapia con inibitori della monoamminossidasi (MAO-inibitori o MAO-I) (la controindicazione si estende anche ai 14 giorni che seguono la terapia con MAO-inibitori) o in terapia con farmaci con attività MAO-I come il linezolid o il blu di metilene (somministrato per via parenterale) per il rischio di sviluppare la sindrome serotoninergica, in pazienti che presentano prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma o in terapia con farmaci che prolungano l’intervallo QT per il rischio di gravi aritmie ventricolari.
La terapia con SSRI, incluso escitalopram, non è indicata nei bambini.
La terapia con SSRI deve essere interrotta gradualmente per evitare la comparsa di una sindrome da astinenza i cui sintomi comprendono agitazione, ansia, anoressia, confusione mentale, diminuita coordinazione, diarrea, cefalea, insonnia, disturbi sensoriali, sudorazione, tremori, vomito, sensazioni tipo scossa elettrica, malattia simil-influenzale. Tali sintomi si risolvono nella maggior parte dei pazienti in 2-3 settimane. La sindrome da astinenza può anche presentarsi quando si modifica il dosaggio di escitalopram o quando si passa da un farmaco ad un altro.
La terapia con SSRI può associarsi ad un aumento del rischio di sanguinamento gastrointestinale, a variazioni nel controllo della glicemia, ad effetti sul ritmo cardiaco (prolungamento dell’intervallo QT), ad un aumento del rischio di convulsioni nei pazienti con epilessia (l’escitalopram non è raccomandato in pazienti con epilessia instabile), ad un abbassamento della concentrazione di sodio nel sangue (iponatriemia), a sindrome da inappropriata secrezione di ADH, ad un aumento della sudorazione (diaforesi), ad un aumento del rischio di recidiva in pazienti affetti da mania/ipomania, ad una eventuale perdita di densità ossea (alcuni studi indicherebbero una correlazione fra SSRI e osteoporosi, ma la depressione stessa sembrerebbe favorire l’osteoporosi per effetti sull’asse ipofisi-surrene).
I farmaci che inibiscono la ricaptazione della serotonina presentano inoltre numerose interazioni farmacologiche: farmaci con attività serotoninergica (rischio di sindrome serotoninergica), acido acetilsalicilico e farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) (rischio di sanguinamento gastrointestinale), antipsicotici atipici (rischio di ipertensione), antiepilettici (rischio di un abbassamento della soglia convulsiva), litio (aumento tossicità), anticoagulanti cumarinici (rischio di sanguinamento non gastrointestinale). La co-somministrazione con SSRI non è raccomandata con sibutramina, pomozide e tioridazina.
Gli effetti collaterali più frequenti associati alla somministrazione degli SSRI nella fase iniziale della terapia comprendono nausea, cefalea, diarrea, irritabilità, insonnia, astenia. Questi effetti, dose-dipendenti, tendono a regredire nel giro di qualche settimana. Nei trattamenti a lungo termine, l’evento avverso più comune è rappresentato dalla disfunzione sessuale (riduzione della libido, eiaculazione tardiva, anorgasmia).
Nei trial clinici gli effetti collaterali di escitalopram che hanno presentato un’incidenza di almeno il 2% e doppia rispetto al placebo sono stati: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, atteggiamento ostile, agitazione, labilità emotiva, incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, ideazioni suicidarie, queste ultime soprattutto in pazienti con depressione maggiore.
Nei bambini e nei ragazzi, la somministrazione di SSRI è risultata associata ad un aumento delle reazioni avverse e ad una maggiore “gravità”.
La somministrazione di escitalopram in gravidanza richiede un’attenta valutazione dei “pro” e dei “contro”. In gravidanza, la depressione può interessare fino ad un quinto delle donne ed è stata associata a ritardo di crescita uterina e basso peso alla nascita del bambino. La depressione non trattata inoltre può avere effetti negativi sulla capacità, ena della mamma di gestire il neonato (scarsa capacità genitoriale).
Gli studi clinici relativi all’impiego degli SSRI (come classe terapeutica) hanno evidenziato un basso rischio di anomalie congenite. L’esposizione agli SSRI durante il terzo trimestre di gravidanza è stata associata a sindrome da astinenza da SSRI nel neonato e a ipertensione polmonare persistente.
Poiché la serotonina, presente già nelle primissime fasi di sviluppo fetale, sembrerebbe svolgere oltre al ruolo, noto, di neurotrasmettitore anche un ruolo da fattore di crescita e di regolazione neuronale, è stato ipotizzato che l’assunzione di farmaci SSRI durante la gestazione possa avere ripercussioni sullo sviluppo neurologico-comportamentale del neonato, ma i pochi studi disponibili danno esiti non univoci.
Ma come agisce l’escitalopram? L’escitalopram, S-enantiomero del citalopram, è un inibitore selettivo della ricaptazione del neurotrasmettitore serotonina. I neuroni comunicano fra di loro attraverso molecole chiamate neurotrasmettitori. Queste molecole sono rilasciate da un neurone (presinaptico) e vanno ad interagire su recettori di membrana di un secondo neurone (postsinaptico). I due neuroni, pre- e postsinaptico, sono separati da un piccolo spazio noto come sinapsi. Una volta esaurita l’azione del neurotrasmettitore, questo viene sequestrato (ricaptato) dal neurone presinaptico. L’escitalopram impedisce la ricaptazione della serotonina prolungando la permamenza del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico e favorendone l’interazione con i recettori postsinaptici.
L’escitalopram è l’SSRI più selettivo per il sistema serotoninergico. In vitro e in vivo, evidenzia effetti minimi sulla ricaptazione di altri due neurotrasmettitori, noradrenalina e dopamina; non possiede o possiede in modo trascurabile affinità per i recettori della serotonina, i recettori alfa e beta adrenergici, i recettori della dopamina, i recettori dell’istamina, i recettori muscarinici e delle benzodiazepine. L’escitalopram non influenza l’attività dei canali ionici per sodio, potassio, cloro e calcio.
In clinica, gli effetti antidepressivi dell’escitalopram si manifestano dopo 2-4 settimane dall’inizio della terapia.
Dopo somministrazione orale, l’assorbimento di escitalopram è rapido e non risente della presenza di cibo. Il tempo di picco plasmatico è raggiunto dopo 3-4 ore e lo steady state (stato stazionario) dopo 7 giorni. Il legame sieroproteico basso (56%) esclude il rischio di interazioni con farmaci caratterizzati da un elevato legame con le proteine plasmatiche.
L’escitalopram subisce metabolismo epatico ad opera degli enzimi citocromiali CYP2C19, 2D6, 3A4: i metaboliti non possiedono attività farmacologica significativa.
L’escitalopram è escreto principalmente con le urine sotto forma di metaboliti e in minima parte come farmaco tal quale. L’emivita è di 27-35 ore.