Antibiotici: possono aumentare il fabbisogno di vitamina K perché, riducendo la flora batterica intestinale, hanno un effetto indiretto sulla disponibilità di vitamina K di origine batterica. Gli antibiotici con il maggior effetto sulla vitamina K sono le cefalosporine perché, oltre all’azione diretta sui batteri intestinali, possono interferire con la reazione di carbossilazione dei fattori di coagulazione vitamina K-dipendenti per inibizione dell’enzima vitamina K epossido reduttasi (Hu, 2019).
Anticoagulanti cumarinici (warfarin e analoghi): la vitamina K antagonizza l’azione anticoagulante di questi farmaci (interazione farmacodinamica). Elevate quantità di vitamina K aggirano il blocco degli anticoagulanti sul ciclo della vitamina K epossido, fornendo una quantità aggiuntiva di vitamina per l’attivazione dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti.
Anticonvulsivanti potenti induttori enzimatici (fenobarbitale, fenitoina, carbamazepina): fenobarbitale, fenitoina, carbamazepina sono noti induttori degli enzimi del citocromo P450 e pertanto possono interferire con il metabolismo della vitamina K accelerando la sua degradazione. In letteratura sono riportati più di 40 casi di sanguinamento neonatale associato alla somministrazione in gravidanza di fenobarbital, fenitoina o carbamazepina (Moslet, Hansen, 1992; Mountain et al., 1970). Quando però questo rischio è stato valutato in uno studio clinico randomizzato, il risultato non ha confermato l’associazione con l’esposizione in utero a farmaci anticonvulsivanti induttori enzimatici. Nello studio sono state confrontate 662 gravidanze in donne con epilessia con 13334 gravidanze in donne non epilettiche. Nessuna donna è stata trattata con vitamina K1 durante la gravidanza, mentre tutti i bambini hanno ricevuto la profilassi con vitamina K1 intramuscolare alla nascita. Alla nascita, l’incidenza di complicanze emorragiche neonati è risultata sovrapponibile tra i bambini nati da donne epilettiche e bambini nati da donne non eplettiche (0,7% vs 0,4%; p =0,3). Il rischio emorragico è risultato associato alla prematurità (<32 settimane di gestazione) e al consumo di alcool, ma non all’esposizione ai farmaci anticonvulsivanti (Kaaja et al., 2002). Alla luce delle evidenze cliniche, l’eventuale supplementazione di vitamina K nell’ultimo periodo di gravidanza in donne in terapia antiepilettica deve essere valutata caso per caso (Rezvani, Koren, 2006).
Orlistat: la somministrazione cronica di orlistat potrebbe ridurre l’assorbimento di vitamine liposolubili, inclusa la vitamina K. In un paziente in trattamento cronico con warfarin, l’introduzione di orlistat nello schema farmacologico ha indotto una variazione dell’indice INR. La sospensione prima e la riduzione poi della dose di warfarin ha normalizzato l’indice INR. Poiché l’orlistat non modifica la farmacocinetica del warfarin, l’interazione osservata tra i due farmaci potrebbe essere indiretta e coinvolgere la disponibilità di vitamina K (MacWalter et al., 2003; Zhi et al., 1996).
Salicilati: ad alte dosi i salicilati agiscono da antagonisti della vitamina K perchè inducono una carenza di fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti. In vitro i salicilati inibiscono la riduzione della vitamina K epossido e della vitamina K chinone nella forma attiva idrochinonica (Roncaglioni et al., 1986; Hildebrandt, Suttie, 1983). In presenza di salicilati, quindi, potrebbe aumentare il fabbisogno di vitamina K1.
Sequestranti dei sali biliari (colestiramina, colestipolo): questi farmaci possono interferire con l’assorbimento intestinale di vitamina K, che richiede la presenza di sali biliari. In letteratura sono riportati casi di sanguinamento da ipoprotrombinemia dopo somministrazione prolungata di colestiramina (Vroonhof et al., 2003; Shojania, Grewar, 1986). Nei pazienti che devono assumere per periodi prolungati sequestranti biliari potrebbe essere indicata una supplementazione di vitamine liposolubili, tra cui la vitamina K (Shojania, Grewar, 1986).
Statine: in linea teorica, poiché la vitamina K e il colesterolo condividono un intermedio comune nel processo di sintesi intracellulare, il geranilgeranil pirofosfato (GGPP), le statine che bloccano la sintesi del colesterolo potrebbero interferire anche con il metabolismo della vitamina K, con ripercussioni nell’attivazione delle proteine vitamina K dipendenti (Tan, Li, 2024). L’uso di statine sembra associarsi ad una maggior incidenza di calcificazione coronarica e quest’osservazione potrebbe essere spiegata con l’inibizione di proteine vitamina K dipendenti coinvolte nella mobilitazione del calcio dal tessuto vascolare (Zhelyazkova-Savova et al., 2021).
Test di escrezione della bromosulfonaftaliena: la vitamina K può alterare il risultato del test perché aumenta la ritenzione di bromosulfonaftaleina (Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, 2019). Il test con la bromosulfonaftaleina serve per valutare la funzionalità epatica. La bromosulfonaftaleina viene iniettata in vena, captata dalle cellule del fegato e rilasciata nella bile coniugata con il glutatione. La concentrazione di bromosulfonaftaleina nel sangue dipende dalla funzionalità del fegato e dal flusso della bile.