Sovradosaggio: la vitamina D (colecalciferolo) è liposolubile e tende ad accumularsi nell’organismo, pertanto l’assunzione di dosi elevate di vitamina D può causare ipervitaminosi con conseguente ipercalcemia o ipercalciuria, calcolosi renale (nefrolitiasi) e disordini gastrointestinali (nausea, vomito, sete molto intensa, disidratazione). Si possono inoltre avvertire dolori alle ossa, mal di testa, sonnolenza e urinazione frequente. In caso di sovradosaggio si consiglia un trattamento di reidratazione dell’organismo (Koul et al., 2011).
Tossicità cronica: un dosaggio cronico inferiore a 10000 UI/die non è tossico; in uno studio clinico in cui sono stati somministrati 4000 UI/die di vitamina D per cinque mesi non sono stati evidenziati effetti tossici.
Mutagenicità: nel test di Ames condotto con dosi di vitamina D fino a 10 mg, in presenza o in assenza di enzimi microsomiali, non sono state rilevate proprietà mutagene (Mortelmans et al., 1986).
Cancerogenicità: non sono note potenziali proprietà cancerogene della vitamina D.
Tossicità riproduttiva: l’assunzione di vitamina D a dosi elevate (superiori a 10000 UI/die), soprattutto nei primi mesi di gestazione, può essere teratogena e provocare malformazioni nello sviluppo del feto.
LD50: la DL50 della vitamina D in seguito ad assunzione per via orale nel topo è pari a 5416000 UI/kg.