Sovradosaggio: l’assunzione di simeprevir in dosi maggiori rispetto a quella terapeutica, fino a 600 mg (dose singola), 400 mg per 5 giorni consecutivi o 200 mg/die per 4 settimane, non ha comportato effetti avversi differenti da quelli segnalati anche con il dosaggio raccomandato in clinica. Poiché non si conosce un antidoto per il simeprevir, si consiglia, se viene assunto in sovradosaggio, di mantenere monitorate le condizioni cliniche del paziente.
Tossicità acuta: i saggi svolti in vitro hanno messo in evidenza lievi effetti irritanti di simeprevir sugli occhi e fototossicità in seguito all’esposizione a raggi UVA sui fibroblasti, che sono cellule molto presenti nei tessutti connettivi.
Gli studi condotti sugli animali, esposti a dosaggi maggiori rispetto a quelli utilizzati in clinica per l’uomo, hanno mostrato effetti tossici in fegato, pancreas e sistemagastrointestinale, con aumento dei livelli circolanti di transaminasi epatiche ALT e AST, fosfatasi alcalina e bilirubina.
Mutagenicità: il simeprevir non è risultato mutagenico nei saggi condotti sia in vitro che in vivo.
Cancerogenicità: il simeprevir non è stato sottoposto a studi di determinazione della cancerogenicità.
Tossicità riproduttiva: da studi condotti sugli animali è emerso che il simeprevir riesce a passare attraverso la placenta e che, a dosi 4 volte superiori rispetto a quelle terapeutiche, esercita effetti teratogeni sul sistema muscoloscheletrico del feto. Nei ratti è stato, inoltre, osservato che viene secreto nel latte materno.
Non si conosce se il simeprevir passa la barriera placentare anche nella donna, ma l’Agenzia americana del farmaco ha inserito il simeprevir in categoria C di utilizzo in gravidanza, che può essere, quindi, usato, solo se i benefici giustificano i rischi potenziali per il feto (Spera et al., 2016).