Modalità di somministrazione: la somministrazione di oxaliplatino avviene per infusione endovenosa. In caso di stravaso la somministrazione parenterale deve essere immediatamente sospesa. L’oxaliplatino può essere somministrato per mezzo di un catetere venoso centrale che viene inserito sotto cute nella vena cava superiore in prossimità della clavicola, oppure attraverso la linea PICC (Peripherally inserted central catheter) di solito inserita in vene periferiche (braccio) e utilizzata per trattamenti chemioterapici prolungati oppure, altra alternativa, per mezzo di una cannula inserita nella vena brachiale o ulnare in prossimità della mano (Benson et al., 2000).
Durata del trattamento: la durata massima raccomandata del trattamento con oxaliplatino è di sei mesi (12 cicli) salvo variazioni dovute ad una diversa valutazione rispetto al singolo paziente in seguito allo stato patologico in atto (Tournigand et al., 2004; Falcone et al., 2007).
Funzionalità renale: l’eliminazione di oxaliplatino correla con quella della creatinina. Con il peggioramento della funzionalità renale si osserva una riduzione progressiva della capacità del rene di eliminare l’oxaliplatino con il rischio di un aumento della sua tossicità. Sebbene non sia raccomandato un aggiustamento della dose di farmaco nei pazienti con insufficienza renale da lieve a moderata, potrebbe essere necessario in questi pazienti ridurre la dose di oxaliplatino a causa di una minore tollerabilità del farmaco.
Reazioni allergiche: i pazienti che in passato hanno evidenziato reazioni allergiche a composti del platino (ad esempio cisplatino, carboplatino), presentano un rischio maggiore di ipersensibilità (possibili reazioni crociate, anche fatali, tra i composti del platino). In caso di reazioni anafilattiche verso l’oxaliplatino interrompere l’infusione del farmaco ed iniziare un trattamento sintomatico. La risomministrazione di oxaliplatino in questo caso è controindicata.
Stravaso: in caso di stravaso la somministrazione di oxaliplatino deve essere interrotta e il paziente trattato in maniera sintomatica.
Neurotossicità: l’oxaliplatino è associato a tossicità neurologica e gli effetti collaterali a carico del sistema nervoso sono quelli che limitano la dose di farmaco tollerata dai pazienti. La tossicità neurologica dell’oxaliplatino deve essere tenuta sempre sotto controllo, in particolare se il paziente è pluritrattato con farmaci che presentano una specifica tossicità neurologica. Per precauzione si consiglia un esame neurologico prima di ogni somministrazione di oxaliplatino e con cadenza periodica successivamente.
La tossicità neurologica si manifesta principalmente come neuropatia sensitiva periferica caratterizzata da parestesia e/o disestesia delle estremità con o senza crampi. La comparsa di tali sintomi può richiedere un aggiustamento del dosaggio di oxaliplatino dipendentemente dalla gravità e/o durata della sintomatologia:
a) sintomi dolorosi che durano più di 7 giorni oppure parestesia senza disturbo funzionale che dura fino al ciclo successivo: diminuire la dose di oxaliplatino da 85 a 65 mg/m2 in caso di tumore metastatico o a 75 mg/m2 in caso di terapia adiuvante;
b) parestesia con disturbo funzionale che dura fino al ciclo successivo: interrompere la somministrazione di oxaliplatino.
Disestesia faringolaringea acuta: la disestesia faringolaringea acuta rientra fra i potenziali sintomi neurologici associati alla somministrazione di oxaliplatino. Si tratta di una sindrome acuta che si manifesta con difficoltà di deglutizione (disfagia), di respirazione (dispnea) e senso di soffocamento in assenza di cause oggettive (ad esempio laringospasmo o broncospasmo). La disestesia faringolaringea acuta può verificarsi durante l’infusione di oxaliplatino così come nelle prime ore dopo la somministrazione del farmaco. Poiché l’aumento della durata dell’infusione ne riduce il rischio, se compare disestesia faringolaringea acuta, l’infusione successiva di oxaliplatino deve avvenire in circa 6 ore.
Tossicità gastrointestinale: nausea e/o vomito devono essere trattati in maniera preventiva (profilassi) o terapeutica. Il vomito grave e la diarrea possono causare disidratazione, occlusione intestinale, ipokaliemia, ileo paralitico, acidosi metabolica e compromissione della funzionalità renale, soprattutto se si somministrano 5-fluorouracile e oxaliplatino in associazione. In caso di ischemia intestinale, l’oxaliplatino deve essere sospeso. Nel caso di comparsa di diarrea di grado 4, la dose di oxaliplatino deve essere ridotta da 85 a 65 mg/m2 in caso di tumore metastatico oppure a 75 mg/m2 per la terapie adiuvanti.
Tossicità ematica: nei pazienti in terapia con oxaliplatino che evidenziano una riduzione della conta di neutrofili (< 1,5x109/L) o piastrine (< 50x109/L) la somministrazione del farmaco antitumorale deve essere ritardata fino a quando i valori di neutrofili e piastrine non raggiungono una soglia accettabile. Nel caso di comparsa di neutropenia di grado 3 o 4 (neutrofili < 1,0x109/L) o di piastrinopenia o trombocitopenia di grado 3 o 4 (piastrine < 50x109/L) la dose di oxaliplatino deve essere ridotta da 85 a 65 mg/m2 in caso di tumore metastatico oppure a 75 mg/m2 per le terapie adiuvanti. In caso di grave e persistente mielosoppressione, infatti, il paziente può andare incontro ad infezioni gravi e ricorrenti fino a sepsi, sepsi neutropenica e shock settico che possono risultare fatali.
Tossicità respiratoria: se si manifestano sintomi respiratori quali tosse non produttiva, dispnea, crepitii senza una causa specifica, la terapia con oxaliplatino deve essere sospesa fino a quando non è possibile escludere un’eventuale malattia polmonare interstiziale.
Sindrome emolitico-uremica, coagulazione intravascolare disseminata: si tratta di rari effetti collaterali gravi associati ad oxaliplatino. In caso di sintomi riconducibili a queste due condizioni patologiche, il farmaco deve essere interrotto.
Rabdomiolisi: la rabdomiolisi è un effetto collaterale grave che interessa la muscolatura scheletrica e che si manifesta con dolore muscolare, gonfiore, febbre, debolezza e urine scure. In presenza di sintomi riconducibili a rabdomiolisi, la terapia con oxaliplatino deve essere sospesa. Il rischio di rabdomiolisi potrebbe aumentare in caso di co-somministrazione con farmaci noti per essere associati a rabdomiolisi.
Immunosoppressione: l’immunosoppressione indotta da oxaliplatino può aumentare la sensibilità verso vaccini vivi attenuati la cui somministrazione pertanto non è raccomandata. I vaccini uccisi o inattivi possono essere somministrati in pazienti trattati con oxaliplatino anche se l’effetto può risultare inferiore all’atteso.
Genotossicità: durante gli studi preclinici con oxaliplatino sono stati osservati dei casi di genotossicità, per questo gli uomini non dovrebbero procreare durante o nei sei mesi dopo il trattamento con oxaliplatino e le donne devono adottare misure di contraccezione efficaci fino a 4 mesi dopo il termine della cura con il farmaco.
Gravidanza: in vivo, negli animali, l’oxaliplatino è stato associato a tossicità riproduttiva. Il farmaco non è pertanto raccomandato nelle donne in gravidanza e in quelle che non adottano valide misure di contraccezione.
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