L’ossitocina è un ormone peptidico naturale sintetizzato nell’ipotalamo e secreto nella parte posteriore dell’ipofisi (neuroipofisi) da dove raggiunge il circolo sanguigno.
L’ossitocina è formata da 9 aminoacidi; la sua struttura è molto simile a quella di un altro ormone endogeno secreto dalla neuroipofisi, la vasopressina, da cui si differenza per un solo aminoacido. La vasopressina, anche nota come ormone antidiuretico, è attiva a livello renale nell’aumentare la permeabilità e il riassorbimento di acqua.
L’ossitocina è stata sintetizzata per la prima volta nel 1953.
L’ossitocina endogena stimola la contrazione delle fibre di muscolatura liscia che circondano le cellule secernenti il latte materno favorendone la fuoriuscita verso i dotti galattofori. L’ossitocina quindi stimola la lattazione, ma non aumenta la quantità di latte prodotta. L’azione di stimolo dell’ossitocina sulla ghiandola mammaria avviene in risposta alla suzione del neonato; in assenza di ossitocina, la normale lattazione non può avvenire (Katzung, 1992).
Sebbene l’ossitocina sia un ormane essenziale per il riflesso della lattazione, la somministrazione terapeutica del farmaco a donne che hanno difficoltà ad allattare o che presentano ingorgo mammario non è associata a benefici clinici chiari ed evidenti (Ruis et al., 1981; Fewtrell et al., 2006; Ingelman-Sundberg, 1953; Mangesi, Dowswell, 2010). Gli studi clinici disponibili infatti hanno dato esiti clinici contrastanti: in uno studio condotto su 8 donne primipare con gravidanza pretermine (meno di 38 settimane), la somministrazione intranasale di ossitocina (3 unità) è stata associata ad un aumento significativo nella produzione di latte nei 2-5 giorni dopo il parto non riscontrato nelle donne primipare trattate con placebo e nelle donne trattate con ossitocina ma che avevano già avuto altri figli (multipare) (Ruis et al., 1981). In un altro studio, condotto con un campione più numeroso di donne (27 trattate con ossitocina e 24 con placebo), con gravidanza pretermine (meno di 35 settimane), la somministrazione intranasale di ossitocina non ha evidenziato differenze significative rispetto al placebo nei primi 5 giorni dopo il parto (produzione media di latte materno: 667 ml vs 530 ml rispettivamente con ossitocina e placebo) (Fewtrell et al., 2010).
La somministrazione di ossitocina esogena durante il travaglio è stata associata ad un aumento del rischio (3,3 volte) di ritardare l’inizio della lattazione e ad un effetto inibitorio sul riflesso neonatale alla suzione (Garcia-Fortea et al., 2014; Olza Fernandez et al., 2012).
L’ossitocina agisce anche sulla muscolatura liscia (miometro) dell’utero inducendone la contrazione. Durante il parto gli estrogeni inducono un aumento dei recettori dell’ossitocina a livello uterino e l’organo diviene più sensibile agli effetti dell’ormone. L’ormone esogeno viene utilizzato in terapia per indurre e mantenere il travaglio in acune specifiche condizioni (gravidanza oltre il termine, rottura prematura delle membrane, pre-eclampsia). L’azione uterotonica indotta dal’ossitocina è inibita dagli agonisti beta-adrenergici, dal solfato di magnesio e dagli anestetici inalatori (Katzung, 1992).
L’ossitocina possiede una debole azione antidiuretica sullo stesso tratto del tubulo renale su cui è attiva la vasopressina.
L’ossitocina è anche un importante ormone neuromodulatorio che interviene in alcuni dei processi sottesi alla sfera sociale ed emozionale, in particolare quelli di decodificazione delle espressioni visive legate alle emozioni (riconoscimento di sentimenti di affettività o paura dai lineamenti del viso) (Shahrestani et al., 2013).
L’ossitocina è stata anche chiamata “ormone dell’amore” proprio perché coinvolta nei comportamenti sociali di attaccamento. Alcuni studi preliminari suggeriscono un possibile ruolo dell’ossitocina nei processi che regolano i comportamenti sociali quali decision-making sociale, valutazione e risposta a stimoli sociali, mediazione delle interazioni sociali e formazione di memorie sociali (Macdonald, Macdonald, 2010).
L’ossitocina inoltre è risultata implicata in un’ampia gamma di funzioni neuropsichiatriche e potrebbe, pertanto, rappresentare un fattore comune in diversi disturbi psichiatrici che impattano sulla relazione sociale dell’individuo quali l’autismo, la schizofrenia, l’ansia e i disturbi dell’umore. Ma i dati in questo ambito sono ancora frammentari e supportati da evidenze scientifiche limitate. Infatti se, da un lato, l’ossitocina sembra intervenire su alcuni degli aspetti più significativi in caso di autismo (miglioramento delle competenze sociali) e di schizofrenia (riduzione dei sintomi positivi e negativi), dall’altro, le indicazioni di possibili benefici terapeutici in caso di disturbi d’ansia sociale e di depressione maggiore sono decisamente scarse (Cochran et al., 2013).
L’ossitocina è stata anche valutata come potenziale trattamento in caso di anoressia nervosa, sulla base delle implicazioni “sociali” sottese da questo tipo di patologia (l’ossessione verso il cibo come sintomo di inadeguatezza verso se stessi e/o verso le aspettative del mondo esterno, che ostacola la formazione di un sistema relazionale idoneo allo sviluppo armonico ed equilibrato della persona). In uno studio preliminare, i pazienti trattati con ossitocina somministrata per via nasale (spray), hanno evidenziato una minore inclinazione verso immagini legate a cibo od obesità (You-Ri et al., 2014).