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Ipilimumab

Yervoy

Effetti collaterali - Quali sono gli effetti collaterali di Ipilimumab?

L’ipilimumab è un anticorpo monoclonale umano che esplica la sua attività farmacologica modulando la capacità di risposta del sistema immunitario. Questo comporta la comparsa di una sequela di effetti collaterali, dipendenti dal meccanismo d’azione del farmaco, comunemente chiamati effetti collaterali immuno-correlati e a carico soprattutto di pelle, tratto gastrointestinale, fegato, sistema nervoso centrale ed endocrino. Tali reazioni sembrano essere in correlazione con la risposta antitumorale nei pazienti con melanoma metastatico e con il prolungamento del tempo di ricaduta nei pazienti con melanoma resecato (Weber et al., 2008).

Nello studio clinico di riferimento, in cui l’ipilimumab (3 mg/kg) è stato somministrato a pazienti con melanoma non resecabile, gli effetti collaterali più frequenti sono stati: diarrea, rash, prurito, affaticamento, nausea, vomito, calo dell’appetito e dolore addominale (Hodi et al., 2010). Tali effetti sono stati osservati in almeno il 10% dei pazienti, ma nella maggior parte dei casi si sono presentati lievi o moderati (grado 1 e 2). Nello studio il 10% dei pazienti tratti con ipilimumab ha sospeso la terapia farmacologica a causa delle reazioni avverse. Nello stesso studio, sono inoltre stati osservati nefrite, polmonite, meningite, pericardite, uveite, irite e anemia emolitica.
In letteratura sono riportati una serie di case series o reports che segnalano manifestazione sporadiche di sindrome di Guillain-Barré, dovuta a neuropatia enterica occlusiva (Gaudy-Marqueste et al., 2013), di neuropatia  severa, miastenia gravis, neuropatia enterica, e alcuni casi di sarcoidosi da ipilimumab (Eckert et al., 2009).

Cardiovascolari: (comuni: 1-10%) ipotensione arrossamento, vampate di calore; (non comuni: 0,1-1%) aritmia, fibrillazione atriale, vasculite, angiopatia, ischemia periferica, ipotensione ortostatica; (rari: 0,01-0,1%) arterite temporale.

Centrali: (comuni: 1-10%) stato confusionale, neuropatia sensitiva periferica, capogiri, mal di testa (cefalea), letargia; (non comuni: 0,1-1%) alterazione dello stato mentale, depressione, sindrome di Guillain-Barré, meningite (asettica), neuropatia centrale autoimmune (encefalite), sincope, neuropatia cranica, edema cerebrale, neuropatia periferica, incoordinazione motoria dei muscoli volontari (atassia), tremore, spasmi muscolari involontari (mioclono), difficoltà nel formulare le parole (disartria); (rari: 0,01-0,1%) miastenia grave.

Dermatologici: (molto comuni: > 10%) rash, prurito; (comuni: 1-10%) dermatite, eritema, vitiligine, orticaria, eczema, alopecia, sudorazione notturna, secchezza della cute; (non comuni: 0,1-1%) necrolisi epidermica tossica, vasculite leucocitoclastica, esfoliazione cutanea, cambiamenti del colore dei capelli; (rari: 0,01-0,1%) eritema multiforme, psoriasi, reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS, Drug rash with Eosinophilia and Systemic Symptoms).
Le manifestazioni avverse dermatologiche risultano essere molto frequenti (secondo alcuni autori sono le più comuni), in particolar modo rash e prurito, che per la maggior parte dei casi sono di grado 1 o 2 e, quindi, facilmente trattabili con terapia sintomatica: corticosteroidi topici, crema base all’urea o antistaminici locali. Per le forme più gravi, può essere necessario la terapia sistemica o la sospensione, per lo meno temporanea, del trattamento. Il tempo di insorgenza generalmente è di 2-4 settimane dall’inizio del trattamento, di 8 settimane prendendo in considerazione solo le reazioni avverse dermatologiche importanti. Tra queste ultime, bisogna segnalare che, in letteratura, sono riportati casi di sindrome di Stevens-Johnson (rash complicati da ulcerazioni dermiche e necrotiche) (Weber et al., 2012).

Ematici: (comuni: 1-10%) anemia, linfopenia; (non comuni: 0,1-1%) anemia emolitica, trombocitopenia, eosinofilia, neutropenia.

Endocrini: (comuni: 1-10%) ridotta o assente secrezione ormonale dell’ipofisi anteriore (ipopituitarismo), ipotiroidismo; (non comuni: 0,1-1%) calo della libido, amenorrea, insifficienza della ghiandola surrenalica, insufficienza corticosurrenalica secondaria, ipertiroidismo, ridotto funzionamento delle gonadi (ipogonadismo); (rari: 0,01-0,1%) tiroidite autoimmune, tiroidite.
Le endocrinopatie sono una ristretta ma significativa porzione degli effetti collaterali immuno-correlati (nel trial clinico di fase III di riferimento condotto in pazienti con melanoma non resecabile le endocrinopatie sono state il 4-8%). In particolare, endocrinopatie severe (grado 3 o 4) si sono verificate nell’1,8% dei pazienti trattati, mentre endocrinopatie di grado 2 nel 2,3% dei pazienti. Rientrano in questa categoria patologie conseguenti all’infiammazione degli organi del sistema endocrino come l’ipotiroidismo, l’ipopituarismo l’insufficienza surrenalica e l’ipofisite. Quest’ultima è la più frequente e tipicamente si presenta a partire dalla terza dose di ipilimumab, con un’incidenza mediamente dell’1,5% (range: 0%–17%) (Ryder et al., 2014).
L’identificazione certa e definitiva delle endocrinopatie rimane una problematica fondamentale, per la difficoltà di diagnosi. Ad esempio, l’ipofisite si sospetta in presenza di alterazioni dei livelli di potassio, sodio, cortisolo, LH (ormone luteinizzante), FSH (ormone follicolo-stimolante), testosterone, in conseguenza delle quali nella pratica clinica viene interrotto il trattamento con l’anticorpo monoclonale e, eventualmente, attivata la terapia sistemica (idrocortisone, tiroxina, etc.).

Epatici: (comuni: 1-10%) alterazione della funzionalità del fegato; (non comuni: 0,1-1%) insufficienza epatica, epatite, ingrossamento del fegato (epatomegalia), ittero.
La tossicità di tipo epatico interessa circa il 3% dei pazienti trattati con ipilimumab. In letteratura la maggior parte dei casi riportati sono di tossicità elevata (grado 3 o 5), tale da indurre la sospensione precoce del trattamento. Negli studi clinici le forme di epatopatia più gravi si sono riscontrate in circa l’1,6% dei pazienti (quelle fatali sono state lo 0,2%). Il tempo medio di insorgenza va dalle 3 alle 9 settimane e il tempo di risoluzione è di circa 2 settimane. Il riconoscimento di questo tipo di eventi avversi è facilmente riscontrabile a causa dei livelli elevati dell’alanina transaminasi (ALT), dell’aspartato aminotransferasi (AST) e della bilirubina (anche se in alcuni casi la variazione di tali valori si verifica in assenza di manifestazioni cliniche). I livelli ematici delle transaminasi epatiche e della bilirubina devono essere indagati prima di ogni infusione di ipilimumab, per verificare lo stato di funzionalità d’organo del paziente (Weber et al., 2012).

Gastrointestinali: (molto comuni: > 10%) diarrea, vomito, nausea; (comuni: 1-10%) emorragia gastrointestinale, colite, stipsi, malattia da reflusso gastroesofageo, dolore addominale, infiammazione mucosale; (non comuni: 0,1-1%) perforazione dell’intestino crasso, perforazione intestinale, peritonite, gastroenterite, diverticolite, pancreatite, enterocolite, ulcera gastrica, ulcera dell’intestino crasso, esofagite, ileo; (rari: 0,01-0,1%) proctite.
Tra le manifestazioni più frequenti durante il trattamento con ipilimumab ci sono quelle che riguardano il tratto gastrointestinale, che possono comprendere una grande varietà di fenomeni di diversa gravità fino a gravi coliti o a un decesso dovuto a perforazione intestinale (Mitchell et al., 2013). Gli effetti collaterali gastrointestinali più frequenti comprendono diarrea, riportata generalmente in letteratura nel 20-30% dei pazienti (nel 44% dei pazienti trattati con 10 mg/kg), coliti, dolori addominali, aumento della frequenza dei movimenti intestinali e perforazioni intestinali (generalmente meno dell’1%) (Weber et al., 2008). In generale, le forme più lievi di diarrea possono essere affrontate con un trattamento sintomatico a base di loperamide, idratazione o corticosteroidi, mentre le forme più severe (grado 3 o 4) necessitano di una momentanea o definitiva interruzione del trattamento e terapia sistemica corticosteroidea. Nel trial di fase III utilizzato per l’approvazione del farmaco, gli effetti collaterali gastrointestinali sono incorsi dalle 5 alle 12 settimane dalla prima infusione e comunque, grazie agli specifici protocolli di gestione delle tossicità sopra menzionati, mediamente sono stati risolti nell’arco di 4 settimane dall’esordio dell’evento (Hodi et al., 2010).

Metabolici: (molto comuni: > 10%) riduzione dell’appetito; (comuni: 1-10%) disidratazione, ipopotassiemia (o ipokaliemia); (non comuni: 0,1-1%) riduzione della concentrazione nel sangue di sodio (iponatriemia), fosfato (ipofosfatemia), calcio (ipocalcemia), alcalosi, sindrome da lisi tumorale.

Muscoloscheletrici: (comuni: 1-10%) artralgia, mialgia, dolore muscoloscheletrico, spasmi muscolari; (non comuni: 0,1-1%) polimialgia reumatica, miosite, artrite, debolezza muscolare; (rari: 0,01-0,1%) poliomiosite.

Oftalmici: (comuni: 1-10%): vista annebbiata, dolore agli occhi; (non comuni: 0,1-1%) uveite, emorragia vitreale, irite, edema oculare, blefarite, riduzione dell’acuità visiva, sensazione di corpo estraneo negli occhi, congiuntivite; (segnalazione postmarketing) sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada.

Renali: (non comuni: 0,1-1%) insufficienza renale, glomerulonefrite, nefrite autoimmune, acidosi renale tubulare, ematuria; (rari: 0,01-0,1%) proteinuria.

Respiratori: (comuni: 1-10%) dispnea, tosse; (non comuni: 0,1-1%) insufficienza respiratoria, sindrome da distress respiratorio acuto, infiltrazione polmonare, edema polmonare, polmonite, rinite allergica.

Sistemici: (molto comuni: > 10%) affaticamento, reazioni al sito d’iniezione, febbre; (comuni: 1-10%) brividi, astenia, edema, dolore, sindrome simil influenzale, dolore in sede tumorale; (non comuni: 0,1-1%) ipersensibilità, sepsi, shock settico, sindrome paraneoplastica scompenso multiorgano, sindrome da risposta infiammatoria sistemica, reazione correlata all’infusione; (molto raro < 0,01%) reazione anafilattica.