La nausea è l’effetto collaterale più frequente associato alla terapia con fluvoxamina: l’analisi dei dati di tollerabilità relativi a 66 studi clinici post-marketing per un totale di 34.587 pazienti trattati con fluvoxamina (50-300 mg/die), per periodi compresi da 4 a 52 settimane ha mostrato un’incidenza pari al 15,7% (Irons, 2005). La nausea tende a diminuire nelle prime settimane di terapia. Tra gli eventi avversi frequenti compaiono anche sonnolenza e stipsi. In uno studio “real world” sull’uso della fluvoxamina a lungo termine nel trattamento dei disturbi d’ansia (nello specifico, disturbo d’ansia sociale), il 50% degli eventi avversi si sono manifestati nelle prime quattro settimane di terapia; l’incidenza complessiva di eventi avversi correlati al trattamento (ADR, adverse drug reaction) è risultata pari al 18,2%, ma solo lo 0,8% dei pazienti, quindi meno di 1 paziente su 100, ha manifestato un evento avverso grave (Asakura et al., 2014).
A differenza di molti antidepressivi, la fluvoxamina non è risultata associata ad un aumento del rischio di iperidrosi (sudorazione eccessiva). In una meta-analisi che indagava il rischio di iperidrosi con gli antidepressivi inibitori della captazione di serotonina-noradrenalina (SNRI) e gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), classe a cui appartiene la fluvoxamina, solo fluvoxamina, bupropione e vortioxetina hanno evidenziato un rischio inferiore al placebo (rischio relativo (RR) 3,17 per SNRI; RR 2,93 per SSRI; RR fluvoxamina 056; RR 1,30 per bupropione; RR 1,35 per vortioxetina). Il rischio di iperidrosi è risultato associato all’affinità dei farmaci per il trasportatore di dopamina (Beyer et al., 2017).
In uno studio che analizzava gli eventi avversi in relazione al metabolismo degli SSRI, l’ansia è risultato l’effetto avverso più comune. Inoltre, i farmaci metabolizzati principalmente dall’enzima citocromiale CYP2D6, come la fluvoxamina, rispetto agli SSRI metabolizzati principalmente dal CYP2D19, sono risultati associati ad una maggior incidenza di reazioni avverse correlate a incubi, sindrome da astinenza e derealizzazione dei processi cognitivi (tendenza a percepire l’ambiente circostante come non familiare/non reale) (Eugene, 2019).
L’interruzione improvvisa della terapia con fluvoxamina causa la comparsa di sintomi da sospensione a carico del sistema nervoso (insonnia/sonnolenza, ansia, nervosismo, confusione, instabilità emotiva, cefalea, tremore, sudorazione), del tratto gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea) e del cuore (palpitazioni). Nella maggior parte dei pazienti i sintomi sono lievi o moderati e tendono a risolversi spontaneamente.
Cardiovascolari: (comuni: 1-10%) palpitazioni, tachicardia; (non comuni: 0,1-1%) ipotensione ortostatica; (frequenza non nota) emorragia, cardiomiopatia dilatativa.
La fluvoxamina è risultata nel gruppo di farmaci potenzialmente associati a cardiomiopatia dilatativa sulla base dei dati raccolti nel database di farmacovigilanza francese (French PharmacoVigilance Database, FPVD) (Montastruc et al., 2010).
Centrali: (comuni: 1-10%) anoressia, secchezza della bocca, agitazione, nervosismo, ansia, disturbi del sonno, tremore, cefalea, capogiri stanchezza, malessere; (non comuni: 0,1-1%) allucinazioni, confusione mentale, aggressività, disturbi extrapiramidali (distonia, parkinsonimo, discinesia, acatisia), atassia; (rari: 0,01-0,1%) convulsioni, mania; (frequenza non nota) sindrome da astinenza, sindrome di Tourette. ideazione suicidaria, sindrome serotoninergica, sindrome neurolettica maligna, parestesia, disgeusia, sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico.
L’ideazioni di suicidio è strettamente correlata al disturbo depressivo maggiore e uno degli aspetti più preoccupanti della terapia con antidepressivi è l’insorgenza o il peggioramento di pensieri suicidi. Sulla base di evidenze cliniche, a partire dalla metà degli anni 2000 le agenzie regolatorie hanno raccomandato cautela nell’uso degli antidepressivi in bambini, adolescenti e giovani adulti (età <25 anni) per un possibile aumento del rischio di ideazione suicidaria. Uno studio, condotto in pazienti adulti ospedalizzati per disturbo depressivo maggiore, che indagava eventuali fattori di rischio per l’insorgenza di ideazione suicidaria in corso di terapia antidepressiva, ha individuato nell’età inferiore a 45 anni un fattore di rischio specifico (Seemuller et al., 2009). Viceversa, nei bambini e negli adolescenti (età <18 anni) uno studio di coorte retrospettivo condotto in USA e uno studio multicentrico europeo in doppio cieco non hanno evidenziato un aumento dell’ideazione suicidaria associata all’uso di SSRI (Cooper et al., 2014; von Knorring et al., 2006).
Dermatologici: (comuni: 1-10%) aumento della sudorazione, rash cutaneo; (non comuni: 0,1-1%) ipersensibilità cutanea (prurito, orticaria, angioedema); (rari: 0,01-0,1%) fotosensibilità, alopecia, necrolisi tossica epidermica, sindrome di Stevens-Johnson; ulcera da pressione (Mizokami et al., 2016).
Endocrinologici: (non comuni: 0,1-1%) eiaculazione ritardata; (rari: 0,01-0,1%) galattorrea; (frequenza non nota) aumento dei livelli di prolattina, ritardo nella produzione del latte, alterazioni nella secrezione dell’ormone antidiuretico, anorgasmia, disturbi mestruali (ipomenorrea, amenorrea, metrorragia, menorragia).
L’analisi dei dati di farmacovigilanza raccolti in Francia tra il 1985 e il 2009 ha evidenziato per la fluvoxamina un aumento del rischio di iperprolattinemia di 4,5 volte (rischio complessivo per la classe degli inibitori della ricaptazione della serotonina: 3,3) (Trenque et al., 2011).
In un piccolo studio prospettico, la fluvoxamina è risultata ritardare la montata lattea - la produzione abbondante di latte che generalmente si verifica 2-4 giorni dopo il parto - di circa 16 ore. Nello studio non sono emerse differenze statisticamente significative tra le donne trattate con SSRI (8) e i controlli (423 donne non trattate con SSRI) in termini di difficoltà di allattamento dopo il 4° giorno dal parto (Marshall et al., 2010).
Epatici: (rari: 0,010,1%) tossicità epatica.
Gastrointestinali: (comuni: 1-10%) nausea, vomito, dolore addominale, stipsi, diarrea, bruciore di stomaco (dispepsia).
Metabolici: (frequenza non nota) iponatriemia, alterazioni del peso corporeo.
Muscoloscheletrici: (non comuni: 0,1-1%) dolore ai muscoli e/o alle articolazioni; (frequenza non nota) aumento delle fratture ossee, rabdomiolisi.
Nelle persone con più di 50 anni, l’uso di SSRI e antidepressivi triciclici è stato associato ad un aumento delle fratture ossee (effetto avverso di classe).
Rabdomiolisi (particolare tipo di lesione del muscolo striato) è stata riportata in un adolescente in monoterapia con fluvoxamina per disturbo ossessivo-compulsivo (Zhang et al, 2022).
Oftalmici: (frequenza non nota) glaucoma, midriasi; alcuni studi suggeriscono un’associazione tra rischio di cataratta e uso prolungato di SSRI (Becker et al., 2020; Karaküçük et al., 2019; Chou et al., 2017).
Renali: (frequenza non nota) ritenzione urinaria, incontinenza urinaria, aumento della frequenza della minzione (pollachiuria), necessità di urinare di notte (nicturia), perdita di urina (enuresi).
Sistemici: ipersensibilità.