Tossicità cronica: la somministrazione di clomifene in vivo (ratto, cane, porcellino d’India) a dosi superiori a quelle utilizzate nell’uomo è stata associata ad effetti collaterali correlati al meccanismo d’azione del farmaco (alterazioni del peso corporeo e alopecia riconducibili all’attività estrogenica). E’ stata osservata una diminuzione del tasso di crescita e di consumo di cibo nel ratto (tutte le dosi), ma non nel cane. Solo nel ratto è stato riportata cataratta subcapsulare (4 animali su 29 trattati) dopo somministrazione di clomifene 40 mg/kg/die per 53 giorni. Lo sviluppo di cataratta potrebbe dipendere dall’azione del clomifene sul metabolismo del colesterolo con aumento del desmosterolo (Newberne et al., 1966).
Tossicità riproduttiva: in vivo il clomifene, somministrato a dosi più elevate di quelle utilizzate in terapia, ha evidenziato effetti tossici su fertilità, gravidanza e sviluppo fetale e neonatale. Nel ratto la somministrazione di clomifene (2, 4, 8 mg/kg) ad animali di 4 giorni di età ha determinato anomalie nei tessuti degli organi riproduttivi sia nell’animale maschio che femmina. Nessuna anomalia è stata osservata nei ratti maschi di età pari a 30 giorni con qualsiasi dose di farmaco. Al contrario le femmine di pari età hanno evidenziato ingrossamento delle cellule (ipertrofia) del miometrio (tessuto muscolare dell’utero) in tutti i gruppi trattati e ipertrofia dell’epitelio luminale (strato di cellule rivolto verso la cavità dell’utero) e ghiandolare e dilatazione della cavità uterina nel gruppo trattato con la dose più alta di clomifene. Nei ratti di età post-puberale sono state osservate alterazioni nei tessuti negli organi riproduttivi maschili (testicoli, epididimo) e femminili (ovaio e utero) dopo trattamento con la dose più alta di clomifene suggerendo come l’esposizione precoce neonatale al clomifene determini anomalie dell’apparato riproduttivo dopo la pubertà sia nei maschi che nelle femmine (Nagao, Yoshimura, 2001).
Nell’uomo gli studi clinici che hanno indagato l’associazione fra uso di clomifene e malformazioni neonatali sono risultati non conclusivi.
In uno studio clinico che ha valutato 1034 gravidanze seguite all’induzione dell’ovulazione con clomifene, il tasso di malformazioni osservate nei neonati non è risultato significativamente differente da quello riscontrato in bambini nati dopo ovulazione spontanea (Kurachi et al., 1983). Esiti analoghi sono stati evidenziati in un altro studio clinico più recente che ha confrontato il tasso di malformazioni congenite in bambini nati dopo ovulazione spontanea o ovulazione indotta con clomifene o letrozolo (Sharma et al., 2014). Sebbene non vi siano differenze fra clomifene e letrozolo nel tasso complessivo di malformazioni congenite (maggiori e minori), il clomifene sembrerebbe associato ad una maggior incidenza di anomalie cardiache congenite (1,8% vs 0,2%, p=0,02) (Tulandi et al., 2006).
In uno studio che ha preso in considerazione i dati provenienti dal National Birth Defetcts Prevention Study (studio di popolazione, caso-controllo multi-sito), il clomifene sembrerebbe associato a diverse malformazioni: anencefalia (odds ratios aggiustato (aOR) 2,3 IC95% 1,1-4,7), malformazione di Dandy-Walker (aOR 4,4 IC95% 1,7-11,6), difetti del setto cardiaco (aOR 1,6 IC95% 1,1-2,2), difetti del setto ventricolare muscolare (aOR 4,9 IC95% 1,4-16,8), restringimento dell’aorta (coartazione aortica) (aOR 1,8 IC95% 1,1-3,0), atresia esofagea (aOR 2,3 IC95% 1,3-4,0), estrofia della cloaca (aOR 5,4 IC95% 1,6-19,3), craniosinostosi (aOR 1,9 IC95% 1,2-3,0) e onfalocele (aOR 2,2 IC95% 1,1-4,5). Alcune criticità dello studio (esiguo numero dei casi, incoerenza di alcuni dati con precedenti report, impossibilità di valutare separatamente l’effetto del clomifene da quello della subfertilità) impongono comunque cautela nell’interpretazione di questi dati (Reefhuls et al., 2011).
Per quanto riguarda la craniosinostosi, in uno studio caso-controllo per l’indagine dei fattori di rischio per questo tipo di malformazione, il clomifene è risultato un importante fattore di rischio indipendente (OR 12,71, IC 95% 1,42-113,6) (Ardalan et al., 2012). La craniosinostosi è una malformazione congenita relativamente comune che comporta la fusione prematura di una o più suture craniche con conseguente alterazione della forma del cranio.
Mutagenicità: il clomifene non è risultato possedere attività mutagena nei test condotti in vitro (test di Ames) e in vivo (test del micronucleo).
DL50: dopo somministrazione orale pari a 1700-1919 mg/kg (topo); 5504-5750 mg/kg (ratto). Dopo somministrazione endoperitoneale pari a 350-390 mg/kg (topo); 449-530 mg/kg (ratto). Dopo somministrazione per via endovenosa pari a 86 mg/kg (topo).