Anamnesi allergica: i pazienti con anamnesi allergica dovrebbero essere sottoposti a test di ipersensibilità verso le penicilline.
Reazioni di ipersensibilità: in caso di comparsa di fenomeni allergici, sospendere la somministrazione dell’antibiotico e istituire una terapia appropriata. Cautela in caso di pazienti con ipersensibilità verso cefalosporine e imipenem; in caso di asma ed eczema di origine allergica, orticaria, febbre da fieno.
Monitoraggio: eseguire controlli sulla crasi ematica, sulla funzionalità epatica e renale nei trattamenti a lungo termine.
Superinfezioni: la terapia antibiotica può indurre la comparsa di superinfezioni micotiche o batteriche.
Infezioni provocate da streptococchi emolitici: prolungare la terapia con amoxicillina per almeno 10 giorni, dopo la remissione dei sintomi (per prevenire febbri reumatiche o glomerulonefrite).
Infezioni da Chlamydia in gravidanza: si consiglia di effettuare un controllo microbiologico dopo 3 settimane dalla fine della terapia antibiotica e alla 36a-40a settimana di gestazione.
Colite: nei pazienti affetti da colite, si può verificare esacerbazione degli effetti collaterali gastrointestinali indotti dall’antibiotico.
Pazienti nefropatici: nei pazienti con CLcr minore o uguale a 50 ml/min, ridurre la dose di amoxicillina e/o il numero di somministrazioni giornaliere. Elevate dosi di amoxicillina possono provocare neurotossicità che si manifesta con convulsioni (Nicholls, 1980).
Dosaggi elevati: mantenere idratato il paziente.
Diarrea persistente e grave: effettuare i test necessari per evidenziare una eventuale colite pseudomembranosa antibiotico-indotta. In caso di test positivo, sospendere la terapia con amoxicillina e, se necessario, somministrare liquidi, elettroliti, supplementi proteici e farmaci antibatterici efficaci verso il Clostridium difficile, agente eziologico della colite pseudomembranosa.
Epatotossicità: l’associazione amoxicillina più acido clavulanico può indurre, raramente, danno epatico. I sintomi comprendono prurito, ittero, e disturbi gastrointestinali. Il tempo di insorgenza è compreso fra i 2 e i 45 giorni dopo l’inizio del trattamento, ma complicanze epatiche potrebbero manifestarsi anche alcuni mesi dopo la fine della terapia antibiotica. Nella maggior parte dei casi la guarigione è completa, ma potrebbe richiede anche alcuni mesi. Il danno epatico è risultato più frequente nei pazienti anziani e in caso di terapie prolungate (oltre 14 giorni); è stato segnalato più raramente nei pazienti pediatrici.
Insufficienza epatica: in letteratura le segnalazioni di epatotossicità da amoxicillina in monoterapia sono molto rare, mentre più frequentemente sono state riportate per l’associazione con l’acido clavulanico (Bolzan et al., 2000). L’associazione acido clavulanico-amoxicillina infatti può indurre, raramente, tossicità epatica acuta. I pazienti che hanno manifestato epatotossicità da farmaci, diversi dall’associazione antibiotica amoxicillina più acido clavulanico, potrebbero avere un rischio maggiore per epatotossicità da amoxicillina più acido clavulanico (in letteratura sono riportati casi di pazienti con epatotossicità da amoxicillina più acido clavulanico che avevano manifestato precedentemente epatotossicità da terbinefina o clorpromazina) (Lewe et al., 1993; Watson et al., 1998). Nei pazienti con insufficienza epatica monitorare i parametri di funzionalità epatica, soprattutto quando l’amoxicillina è somministrata in associazione ad acido clavulanico.
Misurazione della glicosuria: l’amoxicillina altera il test (falso-positivo) per la ricerca del glucosio nelle urine condotto con il reattivo di Benedict o di Fehling.
Contraccettivi orali: il trattamento antibiotico con amoxicillina può ridurre l’efficacia anticoncezionale dei contraccettivi orali (riduzione dell’assorbimento). Si raccomanda pertanto di adottare misure di contraccezione aggiuntive all’associazione estroprogestinica per tutta la durata della terapia e fino ad una settimana dopo. Se il 7° giorno coincide con l’ultima pillola del contraccettivo orale, iniziare un nuovo ciclo senza lasciar intercorrere la settimana di sospensione tra un ciclo e l’altro.
Profilassi antibiotica nel parto pretermine per prematura rottura delle membrane: alcuni dati di letteratura hanno evidenziato come l’associazione di amoxicillina e acido clavulanico da soli o in associazione a eritromicina siano associati ad un incremento significativo dell’enterocolite necrotizzante neonatale (Kenyon et al., 2004; Kenyon et al., 2001).
Forme farmaceutiche iniettabili: evitare la diluizione con soluzione fisiologica o con soluzioni acide (preparati infusionali).
Gravidanza: l’amoxicillia può essere prescritta in gravidanza. La FDA ha inserito l’antibiotico in classe B per l’uso in gravidanza. In questa classe rientrano i farmaci i cui studi riproduttivi sugli animali non hanno mostrato un rischio per il feto ma per i quali non esistono studi controllati sull'uomo oppure farmaci i cui studi sugli animali hanno mostrato un effetto dannoso (oltre a un decremento della fertilità) che non è stato confermato con studi controllati in donne nel I trimestre (e non c'è evidenza di danno nelle fasi avanzate della gravidanza).
Allattamento: la somministrazione di amoxicillina durante l’allattamento può indurre diarrea, candidosi, rash cutanei nel bambino.
Nota:
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