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Adrenalina

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Farmacologia - Come agisce Adrenalina?

L’adrenalina (INN, International Nonpropietary Name: epinefrina) è il principale ormone prodotto dalla midollare del surrene; è un potente agonista dei recettori alfa e beta adrenergici e provoca perciò numerosi effetti cardiovascolari e metabolici. Particolarmente importanti sono gli effetti sui vasi, sul cuore, sulla muscolatura liscia e gli effetti metabolici.

Effetti vascolari
L’adrenalina determina aumento della pressione arteriosa, in particolare quella sistolica, per attività alfa-agonista (vasocostrizione) e beta 1-agonista (effetti inotropo e cronotropo positivi). L’aumento della pressione diastolica può essere inferiore per la vasodilatazione indotta dallo stimolo dei recettori beta 2 vasali. La somministrazione contemporanea di un farmaco alfa-bloccante provoca riduzione degli effetti pressori dell’adrenalina; la somministrazione di un farmaco beta-bloccante non selettivo ne causa l’aumento.
A livello vascolare l’azione dell’adrenalina si svolge principalmente sulle arteriole e gli sfinteri capillari, con una marcata diminuzione del flusso a livello cutaneo (aumento della resistenza vascolare, mediata da recettori alfa) e un aumento del flusso a livello della muscolatura scheletrica (riduzione della resistenza vascolare, mediata da recettori beta 2 e alfa). In sede splancnica si ha una diminuzione o aumento delle resistenze, a seconda che l’adrenalina sia somministrata a dosi piccole o elevate, e un aumento del flusso epatico. A livello renale, si ha un netto aumento delle resistenze nel letto vascolare, con diminuzione del flusso renale. Aumenta il flusso cerebrale proporzionalmente all’aumento della pressione arteriosa ma con un meccanismo di autoregolazione che tende a limitarne l’incremento eccessivo; aumenta il flusso coronarico.

Effetti cardiaci
L’adrenalina determina aumento della contrazione miocardica (recettori beta 1) e della frequenza cardiaca (prevalentemente recettori beta 1) con conseguente aumento della gittata, del lavoro del cuore e del consumo di ossigeno. L’aumento della gittata cardiaca prevale rispetto all’azione di vasocostrizione periferica quando l’adrenalina è somministrata a basse dosi, a dosi più alte invece prevale l’effetto di vasocostrizione.
A livello elettrocardiografico, l’adrenalina induce diminuzione dell’ampiezza dell’onda T e, con l’aumentare della dose, prolungamento del segmento S-T.

Effetti sulla muscolatura liscia
L’adrenalina provoca rilasciamento della muscolatura liscia gastrointestinale (recettori beta 1); riduzione del tono dell’utero e delle contrazioni uterine (recettori beta 1); rilasciamento del muscolo detrusore della vescica. A livello dell’apparato respiratorio, l’adrenalina provoca broncodilatazione per stimolazione dei recettori beta 2 della muscolatura liscia bronchiale

Effetti metabolici
L’adrenalina aumenta la glicemia per inibizione dell’uptake di glucosio da parte dei tessuti periferici e stimolo della glicogenolisi; per inibizione della secrezione di insulina e aumento di quella di glucagone (ormone “iperglicemico”). Aumenta i livelli plasmatici di acidi grassi liberi (stimolazione dei recettori beta 1 adrenergici degli adipociti) e di colesterolo LDL per attivazione della trigliceridolipasi. Aumenta il consumo di ossigeno del 20-30%, principalmente dovuto alla lipolisi che fornisce il substrato ossidabile. In concentrazione elevata, l’adrenalina può causare acidosi metabolica. Inoltre, per stimolazione dei recettori beta 2 adrenergici, aumenta l’uptake cellulare di potassio con riduzione dell’elettrolita nei liquidi extracellulari, condizione che potrebbe favorire una caduta del potassio sierico in situazioni di forte stress.

Effetti sull’occhio
L’adrenalina povoca midriasi (mediata da recettori alfa adrenergici), diminuisce la pressione intraoculare riducendo la produzione di umor acqueo e aumentandone la fuoriuscita.

Trattamento dell’anafilassi
L’anafilassi rappresenta la più importante reazione allergica sistemica. Questa sindrome si innesca in presenza di un allergene, in un paziente che è stato precedentemente sensibilizzato a questo stesso allergene. Il mancato trattamento dell’anafilassi determina morte per colasso cardiocircolatorio e/o ostruzione delle vie aeree. Le reazioni sistemiche che si osservano in caso di anafilassi sono risposte IgE-mediate; le reazioni, simili all’anafilassi non IgE-mediate, sono definite reazioni anafilattoidi. Il contatto con l’allergene provoca una reazione di degranulazione IgE-mediata delle mast cellule e dei basofili con una improvvisa liberazione di istamina e di altri mediatori attivi. Le reazioni anafilattoidi, da un punto di vista clinico, non sono distinguibili dall’anafilassi. Le cause più frequenti di anafilassi comprendono: punture di insetti, farmaci, lattice, alimenti quali arachidi, noci, crostacei, pesce, latte, uova, grano. Le reazioni anafilattoidi sono invece scatenate, nella maggior parte dei casi, dai mezzi di contrasto, dai FANS e dagli oppioidi.

La diagnosi di anafilassi è positiva quando la reazione allergica ha un esordio improvviso e risoluzione entro 24 ore, coinvolge uno o più apparati ed è caratterizzata da almeno uno dei seguenti sintomi: orticaria, rossore, prurito, angioedema, stridore, sibili, dispnea, vomito, diarrea, ipotensione e shock. Altri sintomi che possono manifestarsi in caso di anafilassi comprendono reazioni neurologiche (vertigine, astenia, sincope e, raramente, convulsioni), oculari (prurito, iniezione congiuntivale, lacrimazione), respiratorie (alte vie respiratorie: congestione nasale, starnuti, raucedine, edema orofaringeo o laringeo, tosse, ostruzione; basse vie respiratorie: broncospasmo, tachipnea, cianosi, arresto respiratorio), cardiovascolari (tachicardia, ipotensione, aritmie, ischemia/infarto miocardico, arresto cardiaco), dermatologiche (eritema, rash maculopapulare), gastrointestinali (nausea, dolore addominale).

Nella maggior parte dei casi i sintomi di anafilassi compaiono entro pochi minuti dal contatto con l’allergene, ma raramente possono essere ritardati e manifestarsi entro 1 ora. Una volta insorti i sintomi tendono ad attenuarsi in alcune ore (andamento monofasico), ma in circa un quinto dei pazienti si assiste ad una nuova recrudescenza dopo circa 10 ore (andamento bifasico). Circa un terzo dei sintomi che caratterizzano la seconda fase è più grave di quelli della prima fase, un terzo presenta analoga intensità e un altro terzo una minor gravità. Alcuni autori raccomandano la somministrazione di corticosteroidi per prevenire un’eventuale seconda fase della reazione anafilattica (Simons, Gu, 2001; Lieberman, 1990).

Il trattamento elettivo in caso di anafilassi grave e acuta è la somministrazione di adrenalina (diluita 1:1000) per via intramuscolare, da ripetere ogni 5-15 minuti. L’adrenalina infatti tramite la sua azione agonista sui recettori alfa adrenergici riduce vasodilatazione ed edema, mentre tramite la sua azione sui recettori beta adrenergici dilata le vie respiratorie, aumenta la contrazione miocardica e riduce l’ulteriore rilascio di istamina e leucotrieni. L’adrenalina dovrebbe essere somministrata ai primi sintomi di difficoltà respiratoria (stridore e affanno respiratorio) e di shock. La somministrazione deve continuare fino a quando non si risolve il quadro anafilattico oppure insorgono segni o sintomi di iperadrenalismo come palpitazione, tremore, apprensione e ansia. La somministrazione endovena dell’adrenalina deve essere circoscritta solo al caso in cui il paziente vada incontro a shock ipotensivo grave perchè potrebbe scatenare una tachiaritmia. La somministrazione per endovena richiede una diluizione dell’adrenalina (1:10.000) più elevata rispetto a quella impiegata in caso di somministrazione intramuscolare. La somministrazione sottocutanea non è indicata in caso di anafilassi perchè troppo lento l’assorbimento del farmaco. Quando con l’adrenalina si sono stabilizzati i parametri vitali del paziente, somministrare antistaminici attivi sia sui recettori H1 sia H2 (difenidramina/ranitidina), beta 2-agonisti per trattare il broncospasmo e corticosteroidi.

La gravità di una reazione anafilattica non è prevedibile, ma la presenza di asma sembra rappresentare un fattore di rischio per reazioni allergiche gravi, potenzialmente fatali. In pazienti pediatrici con allergia alimentare nota, l’incidenza di anafilassi grave è risultata maggiore nei bambini asmatici (33% vs 21%) (Hourihane et al., 2002).

Secondo uno studio che ha arruolato soggetti con allergia alimentare (arachidi, nocciole), la cui maggior parte aveva meno di 17 anni, suddivisi a seconda della gravità dell’allergia (classificata in base a natura e gravità dei sintomi allergici e quantità di allergene in grado di scatenare una reazione allergica) è emerso che la prescrizione di adrenalina iniettabile dovrebbe essere fatta per ogni soggetto allergico che abbia manifestato una reazione anafilattica grave (sintomi respiratori, ipotensione, edema laringeo) oppure la reazione allergica sia stata associata a sintomi respiratori anche lievi oppure la reazione allergica sia stata scatenata da esposizione a bassissime dosi di allergene oppure la reazione allergica si sia manifestata in pazienti con asma in trattamento corticosteroide (Ewan, Clark, 2001).

Broncospasmo
Una recente metanalisi ha confrontato l’uso di adrenalina per via inalatoria con beta 2 agonisti (salbutamolo, terbutalina). I criteri di inclusione nella metanalisi sono stati soddisfatti da 6 studi clinici per un totale di 161 pazienti adulti e 121 pazienti pediatrici. I pazienti trattati con adrenalina inalatoria non hanno evidenziato un miglioramento significativo della funzionalità polmonare rispetto ai pazienti trattati con beta 2 agonisti. Dall’analisi è emerso che la somministrazione di quantità uguali o superiori a 2 mg/dose di adrenalina è risultata equivalente alla somministrazione di 5 mg/dose di salbutamolo o terbutalina. La somministrazione di quantità minori di 2 mg/dose di adrenalina è risultata inferiore a salbutamolo 2,5 mg/dose e 5 mg/dose (Rodrigo, Nannini, 2006).